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R Recensione

6,5/10

The Decemberists

Traveling On [EP]

Appendice decabrista dicembrina, parte terza. Sembra ormai diventata una regola non scritta: ad ogni full length dei Decemberists di Colin Meloy segue, con metronomica puntualità, un EP che racchiude una manciata di pezzi supplementari, scritti e registrati nelle stesse session del disco lungo, ma non inclusi nella sua tracklist finale. È un’occasione interessante per integrare l’esperienza dell’uscita principale, per ascoltare rarità, bizzarrie, alternate take che non avrebbero mai trovato altrimenti la via del formato fisico e, perché no, inediti perfettamente all’altezza della situazione. Ecco quindi arrivare il paradosso: se il materiale di “Long Live The King” non raggiungeva il livello qualitativo di “The King Is Dead” e quello di “Florasongs” poteva al massimo far rimpiangere qualche giro a vuoto di “What A Terrible World, What A Beautiful World”, “Traveling On” riesce invece nell’impresa di oscurare parecchi lati del disomogeneo progenitore “I’ll Be Your Girl”. Nulla di trascendentale, s’intende: semmai, un bignami utile a chi si fosse dimenticato di quanto ancora riesce ad essere eccellente, nei suoi giorni migliori, la scrittura di Meloy.

Scelta e disposizione dei brani sono di per sé interessanti: i menestrelli di Portland, Oregon persistono infatti nel corteggiamento di quell’eterogeneità a macchia che costituiva croce e delizia dell’ultimo lavoro. Non dovrà dunque stupire, dopo la fragrante e rustica iniziazione synth-college di “Down On The Knuckle” (con contagioso handclappin’ nel ritornello), imbattersi nelle oscure tessiture blues di “I Will Not Say Your Name”, una murder ballad incendiata da un irrefrenabile solismo roots e chiazzata dal piano elettrico di Jenny Conlee: anche per il fedele calco di alcuni passaggi armonici, non sembra errato vedervi una ripresa a distanza delle narrazioni progressive di “The Tain”, con meno favolismo jethrotulliano e più solidità rock à la Deep Purple. Poi, ancora, in ordine sparso: una seconda versione di “Tripping Along” con l’inserimento della sezione ritmica (pezzo sempre convincente, variazione prescindibile), l’autoironico honky tonk beatlesiano di “Midlist Author” (“And all my readers sing, oh: / Midlist author / You’re never the best but you’re never the worst / Why even bother? / You’ll never be last but you’ll never be first / Maybe one more glass of wine will make everything seem fine / Maybe everything will seem fine”) e il congedo di genere con la title track, una ballata elettrica novantiana semplice ma efficace (si risente anche la fisarmonica della Conlee).

A ripetere sempre le stesse cose ci si annoia per primi, ma i paralipomeni di “Traveling On” sembrano fatti apposta per l’adagio: gli anni passano e i Millennials sono ancora ben lungi dal trovare il loro Colin Meloy

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Voto degli utenti: 7/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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Giuseppe Ienopoli (ha votato 7 questo disco) alle 18:37 del 14 gennaio 2019 ha scritto:

... il penta_eppì non dispiace e va giù come un bicchiere d'acqua di sorgente silana ... quasi dei tempi supplementari per tentare di sbloccare la partita (“I’ll Be Your Girl”) che si era conclusa con uno zero a zero senza azioni di rilievo.

A 'sto giro sottoscrivo integralmente la recensione del Biasio che sui Decemberists la pone sempre con aderenza.

Sul Tube non trovo il brano che preferisco e allora faccio finta che il disegno di copertina sia stato suggerito dal "nostro" My_Colin Zarrilloy ... almeno fiore e colore coincidono e poi tira già aria di Sanremo!