Black Widow
Sacrifice
Non sempre titoli come Sacrifice, Attack of the Demon, Come to the Sabbath presuppongono chitarroni violenti, batteria impazzita e voce più o meno urlante. I Black Widow ne sono un esempio.
Nome di culto dell'underground prog settantiano, il sestetto era da più parti accostato ai Black Sabbath per l'atmosfera in grado di ricreare con i suoi lavori. La cosa però non è esattamente così: sicuramente i testi trattano gli stessie va temi occulti gamente satanici, magari con qualche ingenuità in più da parte dei Black Widow, mentre sotto il piano musicale siamo molto distanti; mentre il quartetto capitanato da Ozzy era una band proto-metal, i Black Widow si muovevano tra dark prog e folk pastorale, con qualche spunto jazz e con richiami a band come Jethro Tull e Deep Purple per l'uso rispettivamente di flauto e organo. Un suono maestoso e denso, di grande atmosfera e anche abbastanza vario nelle scelte stilistiche. Rimangono nella leggenda i concerti, in cui si dice venissero eseguiti sacrifici di animali sul palco.
L'opera maggiormente degna di nota tra i 3 album della band è il debutto Sacrifice, il più intransigente e oscuro, arrivato quasi inaspettatamente ai vertici delle classifiche inglesi (n. 32).
L'ascolto si apre con 2 minuti di moog abbastanza sinistro, seguito dalle prime note di chitarra acustica che danno il via a In Ancient Days, prima discesa negli inferi. Chitarra, basso e batteria creano l'ossessivo tappeto ritmico, sui cui le tastiere, sax e flauto creano intarsi solistici. Su tutto cattura l'attenzione la declamante voce di Jim Gannon, che ci trasporta tra antica civiltà, templi maledetti e invocazioni a demoni in 7 minuti veramente intensi. Lo stesso canovaccio si ripete anche in Way to Power, che presenta un ritornello più ritmato, mentre a seguire troviamo il brano più famoso del lotto, il singolo Come to the Sabbath, coverizzato anche dai nostrani Death SS. Nonostante tutto è probabilmente il brano più ingenuo del lotto, con una ritmica cadenzata ma innocua e un ritornello abbastanza scontato. Segue Conjuration, al contrario forse uno dei momenti migliori, brano maestosamente epico nelle strofe, languido e morboso nei ritornelli, un'ode ad Astaroth, divinità demoniaca femminile.
Inaspettatamente segue un brano melodico, Seduction, in cui flauto, violini e melodie quasi brasiliane disegnano un momento di quiete nel centro di questo oscuro lavoro. In realtà il testo è tutto fuorchè rassicurante, l'amore carnale tra un umano e una creatura soprannaturale che si manifesta in forma umana, molto simile a quello trattato dai Sabbath in N.I.B., mentre Attack of the Demon riprende il discorso interrotto, forte di un ritmo ancora una volta incalzante, e di una buona prova di organo e flauto. "All my sins have damned my soul in hell" canta ripetutamente Gannon, e non possiamo far altro che crederci. A chiudere troviamo la title-track, il brano più vicino come stile musicale a quello che ci si aspetta al giorno d'oggi da un gruppo satanico, con finalmente la chitarra elettrica in evidenza, anche se la parte centrale si lancia in una lunga improvvisazione in cui si segnala un doppio assolo di flauto sovrapposto da inchini e un finale con un tiro live da concerto
Un album in definitiva di gran valore musicale ma ancor di più di grande valore storico perché, accanto ai coevi lavori dei Black Sabbath e dei Blue Oyster Cult, ha lasciato le basi tematiche a cui si sarebbero rifatte generazioni di musicisti, dai Mercyful Fate ai Celtic Frost, dai Venom a tutta la scena black metal odierna.
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