V Video

R Recensione

7/10

Eterea Post Bong Band

BIOS

Che la matematica sia il linguaggio di programmazione delle cose visibili ed invisibili è cosa risaputa. Da Giuseppe Peano in poi è stato chiaro a tutti che più della lingua parlata, diversa a seconda dell’area geografica, sia la matematica il vero vocabolario del Creatore. Gli Eterea Post Bong Band, alla seconda prova solista concreta (se si eccettuano la collaborazione ne “La chiave del 20” con i Uochi Toki e le colonne sonore), si cimentano proprio nell’applicazione e nell’analisi delle minuterie matematiche in un disco che mischia garbatamente l’elettronica vintage alle percussioni acustiche, il suono degli amplificatori alle registrazioni ambientali. Dicevamo della matematica: essa viene qui scandagliata nelle sue derive logaritmiche, ma anche giocose, senza tralasciare quel senso di infinità che la pervade. Così come nel basic input-output system (il BIOS dei nostri PC) anche questo disco ha la funzione di permettere l’accesso iniziale al mondo dei numeri che «[…] nella loro valenza fisica e mentale e non semplicemente scientifica, servono per la misurazione esistenziale del mondo, per posizionare il proprio io in rapporto al tempo e allo spazio con un metodo che è tra conoscenza scientifica e pensiero magico», come affermava il grande artista Mario Merz, esponente dell’arte povera.

Non a caso il disco comincia con “The rise of Ramanujan”, tirando in ballo l’eccentrico matematico indiano che formulava teorie matematiche senza fornire dimostrazioni. Lo stilema sonoro di “BIOS” lo troviamo però in “Homo Siemens” e “Scipstep”, pezzi nei quali la frammentazione auditiva diventa ossessiva, tra echi 70’s e avanguardie elettroniche, dove i beat della drum machine si vanno ad incastrare nei buchi della batteria. La strumentazione è analogica e, anche se può sembrare uno stereotipo, il sound è davvero più caldo ed avvolgente di quello che potrebbe fuoriuscire dai macchinari digitali. Tema di “Fibo” è invece la successione di Fibonacci, una sequenza di numeri che porta con sé leggendari aloni di misticismo e spiritualità (ad esempio la sezione aurea): il tempo impostato dagli Eterea pare imitare questa successione, rincorrendosi ogni battuta di più, trascinandosi in sequenze sempre più indefinite e distorte.

Musicalmente siamo di fronte ad un disco di pregevole fattura, suonato dai quattro (Luigi Funcis, Pol de Lay, Rigon e Lelesd) in maniera impeccabile. Da “Tim peaks” a “Essi”, passando per “Mentina”, il sound si fa avant-rock, dronico nel suo lento incedere, noise nel suo veloce dibattersi. Gli Eterea Post Bong Band sguainano il loro talento strumentale, quasi fossero gli EelST del rock sperimentale, tagliando e cucendo loop, sottraendo e aggiungendo equazioni, bollendo e cuocendo i suoni fino a farli sembrare un enorme broccolo romanesco! Cominciato con l’ascesa di Srinivasa Ramanujan, “BIOS” termina con “The fall of Kasparov”, o meglio col jingle dello spot Pepsi in cui si vedeva il grande scacchista russo che batteva Deep Blue della IBM, dimostrando la superiorità dell’uomo sulla macchina. Le macchine suonano bene ma non sono altro che cavi e luci. Sono stupide per nature, come direbbe lo stesso Garry Kasparov.

Tra parametri, espressioni, logaritmi e variabili, qua e là troviamo citati, avviliti, campionati vari nomi della musica: Verdena, Brian Eno, Jerry Goldsmith, múm, Green Day, Sepultura, John Barry, Syd Barrett eccetera. Se è vero che l’uomo è un essere ridicolo, non evoluto, non illuminato, con la massa cerebrale grande come una mentina, allora è vero quanto sostiene Sgalambro: «I numeri non si possono amare».

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo disco. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.