V Video

R Recensione

6/10

Afterhours

Lowlife

I losangelini ammazzano di notte. Con “Lowlife” l’Afterhours d’oltreoceano (il produttore Nicholas Crozier Malkin) sviluppa la poetica dell’ep “Sleepwalk” (2012), con maggiore eclettismo ma sempre restando nei confini di atmosfere notturne e sfocate.

Il disco è un’ottima colonna sonora, come già l’esordio, per camminate tarde sotto lo sfolgorio delle luci al neon, in un’aura di trip-hop stupefatto (“Sixty-forty”) e di campate downtempo molto anni ‘90 (“Night and Day”), su collage di sample nascosti sottopelle e sfrangiati da archi, piano e sax. Il paesaggio urbano ne esce come devitalizzato, privato delle inquietudini dubstep (anche se qualcosa resta: vd. “Defragment #2”, dove fa capolino pure Nicolas Jaar): la metropoli si concede e lascia respirare la sua poesia, accetta la tregua e cammina pure lei con cadenza narcotica (“Split at the Mirror”).

A staccarsi dai sei pezzi è la centrale “Lovesick”, dove Malkin prova per la prima volta a dare spazio al beat, trasformando le implose potenzialità house dei suoi pezzi in uno scatenamento da party vero e proprio, in mezzo a lacerti sonori della città che filtrano tra le conga e il basso pulsante. Gran bel pezzo.

Forse è in questa direzione che Afterhours potrà continuare, magari con più complessità e maggiore “sporcizia”, la sua esplorazione dei recessi cittadini by night.

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo disco. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.