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R Recensione

5/10

Death Cab For Cutie

Codes and Keys

È piuttosto sbalorditivo come i Death Cab For Cutie, band chiave della scena indie americana anni zero, capace assieme di andare alla numero uno billboardiana e di piacere alla critica in occhiali nerd, siano diventati così marginali in così breve tempo. Mode che cambiano, sì. Ma ci hanno messo del proprio: l’ottavo disco della band di Seattle, ormai il quarto dopo la svolta radio-friendly di “Transatlanticism”, è stanco e pochissimo ispirato, con un Gibbard sempre più assediato dagli strascichi dei fantasmi tardo adolescenziali e una formula sonora paurosamente ferma.

La produzione di Chris Walla e Alan Moulder leviga i suoni, riempiendo i vuoti e cesellando con fredda raffinatezza, mentre la scrittura di Gibbard tocca i minimi storici. L’esito è un disco evocativo almeno quanto la copertina, cioè per nulla, lavorato e curato al punto da risultare incolore. Vedi, in apertura, “Home is a Fire”, dove la spinta ritmica fatica a bilanciare un abisso melodico totale, e vedi il singolo “You Are a Tourist”, guidato da un riff ben riverberato che persiste come se fosse (e lo è) l’unica idea sul piatto.

Che poi ai Death Cab non mancasse qualche buono spunto era prevedibile, ma gli episodi di noia pura (“Doors Unlocked And Open”, “Unobstructed Views”, “Portable Television”) li annacquano: “Underneath the Sycamore”, “Some Boys”, “St. Peter’s Cathedral” (bello il crescendo), "Stay Young, Go Dancing", in fondo, sono pezzi piacevoli, che non avrebbero stonato in “Plans” o “Narrow Stairs”, ma che, qua dentro, e ad anni di distanza da quei fasti, suonano poco più che autocitazioni. Suonano, dopo tutto, mediani pezzi pop su basi gentili di piano e chitarra che potrebbero fare in tanti, là fuori.

Disco inoffensivo. Magari, come ai tempi del primo leak di “Narrow Stairs”, poi rivelatosi un fake per l’imbroglio di molti, si potessero ancora confondere i Death Cab For Cutie per un'ignota band tedesca. Ormai suonano troppo prevedibilmente come se stessi.

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Voto degli utenti: 6/10 in media su 2 voti.
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C Commenti

Ci sono 7 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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salvatore (ha votato 5 questo disco) alle 13:09 del 17 settembre 2011 ha scritto:

Purtroppo sì, proprio un dischetto...

Fertuffo (ha votato 7 questo disco) alle 16:26 del 19 settembre 2011 ha scritto:

Non saprei

Ammetto, non senza vergogna, di aver scoperto i DCFC solo da questo album. Forse le critiche accese della recensione sono anche appropriate, ma in questo modo allora si dimostra il fatto che sto ascoltando all'infinito un album mediocre! Non diamogli voto 5, suvvia. Pensare che io gli davo un 7 barra 8. Inoltre, perchè la recensione passa al vaglio tutte le canzoni, ma scansa (volutamente?) "Monday Morning", che ritengo molto valida? Sono un detrattore del pop e sostengo l'indie, ma ogni tanto un respiro di aria fresca ci vuole.

Peace

target, autore, alle 16:52 del 19 settembre 2011 ha scritto:

Beh, si sa che il giudizio su un disco di una band così prolifica dipende molto proprio da quando la si è scoperta. Per la stragrande maggioranza di chi conosceva già i DCFC questo disco è stato solo un'impoverita riproposizione di quanto avevano già pubblicato. Aria viziatissima, insomma: tutt'altro che aria fresca. "Monday morning", hai ragione, è tra i pezzi che salvano l'ascolto. Comunque, è da una vita che io ascolto e stra-ascolto dischi ritenuti mediocri da un sacco di gente... Sarà mica un problema?

Fertuffo (ha votato 7 questo disco) alle 20:40 del 20 settembre 2011 ha scritto:

Beh, allora quale dei loro dischi precedenti mi consiglieresti di ascoltare? Quello che in pratica caratterizza di più il loro sound?

REBBY alle 10:57 del 21 settembre 2011 ha scritto:

A questo punto, secondo me, ti conviene fare un percorso a ritroso partendo dal precedente ottimo Narrow stairs (200 e poi, una volta che te lo sei goduto, risalire sino a Transatlanticism (2003).

REBBY alle 11:24 del 21 settembre 2011 ha scritto:

"Sono un detrattore del pop e sostengo l'indie..."

REBBY alle 11:26 del 21 settembre 2011 ha scritto:

Ah beh allora, nel caso volessi conoscerli in quella veste, ascoltati Something about airplane(1999).