R Recensione

8/10

FKT

God Bless

Per il musicista che si diletta ad armeggiare con laptop, tecnologia digitale e programming di varia natura, le possibilità espressive, offerte dalla vertiginosa evoluzione dei supporti informatici, sono divenute pressoché illimitate e garanzia di non indifferenti vantaggi anche sul piano logistico ed economico. Nel consequenziale proliferare di “home bands” ciò che latita sovente è la creatività, la capacità di mettere a frutto in modo originale e veramente convincente l’aiuto offerto da hardware e software sempre più sofisticati nel ventaglio delle soluzioni proposte e, al contempo, sempre più accessibili nel loro utilizzo.

Questo pericolo è brillantemente superato dagli FKT, sigla dietro la quale si celano Francesco Caldini (chitarre e programmino) e Michela Crociani (voce), immaginifico duo di musicisti fiorentini che con “God Bless” arrivano al loro terzo album, dopo “Out” (2004) e “Teenage Feelings” (2006). Come spesso accade negli ultimi anni a molti artisti italiani, i migliori riscontri del  loro operato sono venuti fuori dal nostro paese (Spagna, USA e perfino la solitamente snob Inghilterra hanno riservato una lusinghiera accoglienza ai lavori di Francesco e Michela), ma non sono mancati anche i riconoscimenti nostrani (si veda ad es. l’ottima recensione di Teenage Feelings su Rockerilla, firmata Michele Casella).

Il duo, dotato di profonda cultura musicale, di grande eleganza compositiva e di un innato lirismo romantico capace di fondersi con una corrosiva tensione noise, è protagonista di un suono dalle molteplici influenze (come del resto da loro stessi esplicitato nel profilo su Myspace) che vengono ad amalgamarsi e a confluire in un mondo sonoro autonomo, in una ricerca musicale stilisticamente originale e immediatamente riconoscibile anche grazie alla splendida voce di Michela, capace, nella sua perfetta padronanza della lingua inglese, di passare con nonchalance dal candore quasi fanciullesco di “Before You Go” all’aggressività tagliente di “Break” all’ipnotico romanticismo di “Toxic”. Post punk, indie rock, industrial, techno dance, madchester sound sono solo alcuni dei tasselli che vengono a comporre il mosaico sonoro di “God Bless” e che rappresentano gli ampi orizzonti entro i quali si muove il progetto FKT.

Fin da subito Francesco e Michela confondono le acque e spiazzano l’ascoltatore: i primi secondi di “Before you go” sembrano infatti introdurci  in un’accattivante dimensione di elettronica dance, ma dopo pochi secondi il brano vira verso lidi post-punk/indie rock con chitarre che richiamando Bunnymen, Chameleons e House of Love generano onde di intensa emozione lirica (“No pain, just a pray take your time before you go”). “Break” è un tormentato electro-industrial, percorso da movenze madchester e atmosfere dark alla Bauhaus,  mentre “No Answer” si divide fra complesse soluzioni ritmiche house e un ritornello che richiama, nell’ accattivante vocalismo di Michela, i momenti più esaltanti dei Placebo (“Say goodbye, say goodnight, there’s no answer this time”) e, nonostante il minaccioso sottotitolo, “A song about suicide”, a corredo del video relativo (si può rintracciare tanto su You Tube che su My Space,  unitamente a quelli di Before You Go e Break), tenendo presente che gli FKT amano il paradosso e l’ossimoro, non possiamo fare altro che lasciarci trasportare dal vitalismo euritmico del brano.

La successiva “Hug Me” pur nella sua brevità (poco più di 3 minuti) è, nella sua complessità di rimandi musicali, un vortice che combina sperimentalismi krautrock,  struggimenti esistenziali post punk, estetiche 4 AD ed euforia techno, manifesto di quel “soft noise” che gli FKT riconoscono come loro cifra stilistica peculiare. Le atmosfere si fanno più rilassate e dominate dalle avvolgenti ed emozionali chitarre di Francesco nella suadente e malinconica “I Don’t Know Where I Am”, e le calde tonalità della voce di Michela impreziosiscono il brano con commovente intensità (“On the highest hill / my sweetest thing / When I play this strange life / I don’t know where I am”) e sono deliziose anche quando, per un attimo, si ribellano al dolore (“Oh, fucking hell!”). “Never Enough” si caratterizza per essere il solo brano “cantato” da Francesco: si tratta di un anarchico e corrosivo assalto elettronico (con tanto di breve ironica risata finale) che ricorda da vicino gli episodi più “sporchi” e claustrofobici dei Suicide.

Il brano successivo, unica cover del disco, si misura coraggiosamente con il mito Joy Division: ne esce fuori una stupefacente e convincente versione di Transmission che, idealmente, finisce per condensare un intero decennio di suono mancuniano, quando il lirismo vocale di Michela (così lontano nel timbro, ma anche così vicino nello spirito ad Ian Curtis) si innalza su un tappeto di tessiture ritmiche, memore del madchester sound degli Happy Mondays. “Watch Out 1” (con la sua versione reprise/remix “Watch Out 2”) è una solare pop-dance elettronica, con influenze krautrock e Chemical Brothers, ma che ricorda anche, per alcuni versi, certe sonorità dei James di Whiplash. Il finale è affidato a “Toxic” e, ancora una volta, gli FKT mischiano le carte, riservando il commiato ai riverberi di celestiali e bucoliche chitarre, un lento e dolcissimo incedere che pacifica l’animo, dopo tanta tensione, ritmo e rumore, ma che contrasta totalmente con l’inquietudine angosciosa che lasciano le ultime parole dell’ipnotico sussurro di Michela, “Toxic, such a boring game, I’m afraid”.

Sul Web: www.fktmusic.com

V Voti

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