Girls Names
The New Life
Fa un po strano detto così, ma i Girls Names avevano cominciato, quasi per un caso fortuito, come gruppo surf pop. Questo ormai più di tre anni fa. Strano perché Belfast, la città in cui sono nati e cresciuti non solo musicalmente, non è esattamente una spiaggia delle Hawaii o della California. E, in effetti, alla lunga lambiente sembra aver esercitato uninfluenza decisiva nel plasmare il loro sound. Un influenza decisamente positiva. La bruma, la nebbia, i cieli bassi e cinerei dinverno e gli angoli più oscuri e fumiganti, ereditati da una città che è stata per troppi anni una trincea e che ora sta rapidamente sbocciando così come la sua scena musicale, sono polaroid un po mosse e sbavate e sensazioni che affiorano a pelle quando si ascolta un brano del gruppo capitanato dal cantante, chitarrista e songwriter Cathal Cully e completato dal batterista Neil Brogan e dalla bassista Claire Misskimmin.
Nel giro di due album, il promettente Dead To Me del 2011 e il nuovo The New Life, di surfeggiante è rimasto soltanto il twang della chitarre che disegna jangle in arabeschi veloci e ritmati ma damascati in atmosfere strinate e oniriche, a volte assorte, altre tenebrose, sostenute da un basso rotondo e di grande forza elastica e da un uso ipnotico e sussultorio del motorik, mentre la voce del cantante, spesso ovattata dagli effetti e dalle linee di synth, oscilla tra un tono ieratico e dark e uno spleen quasi smithsiano. The New Life è un raffinato arazzo ricamato di psichedelia kraut, post punk e indie pop in stile C86, che dà vita a brani dalla sublimata scherma melodica e dagli scroscianti riff di chitarra, appena rarefatti dallorgano/synth, come la decadente Pittura Infamante o lubriacante Notion. Ma anche quando la componente kraut si fa più marcata, la scrittura si rivela subito ispirata: la torpida deriva spazio-sensoriale di Occultation, dove le tastiere (sempre Cully coadiuvato dal nuovo arrivato Philip Quinn) prendono a poco a poco il sopravvento (prima dello scatto punk nevrotico nel finale) e la dolce epilessi espressionista di Hypnotic Regression.
Altrove la matrice post punk assume cadenze quasi mantriche e liturgiche come nella spirale di A Second Skin o nellorientaleggiante The Olympia, che preludono al parziale scioglimento dei vincoli della forma canzone in favore di un cerimoniale propiziatorio e strumentale, prima solo circoscritto (Projektion) e infine più compiutamente realizzato nello sviluppo orizzontale e asintotico di The New Life, la title-track che arriva per ultima come una scia che lambisce e riavvolge tutto, nella ripetizione ad libitum del fraseggio (più di otto minuti) graffiato da esercizi e variazioni in punta di feedback. Grazie anche ad una migliore produzione e ad un intelligente lavoro di sottrazione sugli arrangiamenti, i Girls Names spingono il recupero di sonorità anni ottanta verso gli orizzonti sempre più nitidi e sensibili di una distintiva poetica musicale. E realizzano quello che è di gran lunga uno degli album più interessanti di questo primo quarto di 2013.
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