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R Recensione

10/10

The Teardrop Explodes

Kilimanjaro

Di recensioni celebranti a dovere "Kilimanjaro" ce ne sono miriadi. Quasi mai però viene fatta chiarezza su cosa l'album effettivamente contenga. Risulterà forse operazione noiosa, ma molti dei brani in scaletta hanno una storia travagliata, pertanto si ritiene utile fare un po' di chiarezza. 

"Sleeping Gas" uscì nel 1979 come singolo, quando l'apporto tastieristico ai brani della band era rappresentato dall'organo elettrico scalcinato di Paul Simpson (David Balfe ancora non era parte della formazione). La versione finita su "Kilimanjaro" è invece una seconda registrazione, nettamente superiore all'originale, non fosse altro per la potenza apportata dalla produzione di Balfe.

"Bouncing Babies" uscì come singolo sempre nel 1979, e anch'essa è stata registrata una seconda volta per l'album, anche in questo caso in una versione molto più potente e rifinita.

"Treason" venne pubblicata come singolo nel 1980: la versione in "Kilimanjaro" è quasi identica, ma lievemente ritoccata dal tecnico del suono Hugh Jones. Anche in questo caso è percepibile un miglioramento rispetto all'originale. La versione di Jones verrà a sua volta pubblicata come singolo nel 1981, raggiungendo la top-20 britannica.

Per "When I Dream" la situazione è ancora più intricata. La prima versione venne registrata nel marzo 1980, ma non vide la luce lì per lì (potete rintracciarla nell'antologia postuma "Piano"). Venne poi registrata nuovamente per "Kilimanjaro". Di questa versione esistono la bellezza di quattro edit: uno di 7'10'' (quello integrale, che ha visto la luce solo su una recente edizione deluxe di due cd), uno di 3'16'' (uscito come singolo nel 1980), uno di 5'10'' (uscito sulla versione originale dell'album), uno di 5'38'' (quello nelle prime ristampe in cd). Fra l'altro non si capisce neanche se gli ultimi due siano lo stesso edit e semplicemente fosse sbagliato il minutaggio ufficiale della prima edizione in vinile (cosa che all'epoca spesso accadeva). Del resto l'edizione originale in vinile è ormai alquanto rara: risulta quindi missione assai ardua poter operare un raffronto.

C'è poi "Books" (conosciuta anche come "Read It In Books"), co-firmata da Ian McCulloch, brano che esiste in una decina di versioni, registrato più volte sia dai Teardrop Explodes, sia da altre band (fra cui ovviamente Echo and the Bunnymen). La versione su "Kilimanjaro" è anche in questo caso la migliore in circolazione.

I rimanenti sei brani vennero registrati per l'album sin dal principio. È però noto che "Went Crazy" sia stata remixata per la seconda stampa dell'album, quella che alla copertina originale, con i membri della band, ne sostituiva una con alcune zebre in posa innanzi al grande vulcano africano. Non è noto se le stampe successive, che ripristinavano la prima copertina, abbiano ripristinato anche la prima versione di "Went Crazy"

Si fa infine notare che lo splendido singolo "Reward", massimo hit della band (numero 6 in GB nel 1981), non era inizialmente parte dell'album: venne inserito solo dalla seconda stampa in poi, allo scopo di capitalizzarne il successo.

Sempre per il rispetto della storia, bisogna inoltre sfatare un mito che circonda l'album: la fama di creazione influenzata dall'abuso di acidi. Al contrario, Julian Cope scrisse tutti i brani in perfetta lucidità, quando ancora non era entrato a contatto con le droghe: la loro natura psichedelica è dovuta esclusivamente alla grande passione del ragazzo per il pop-rock lisergico degli anni Sessanta. Solo a sessioni inoltrate, quando il chitarrista Michael Finkler lasciò la band, entrò in formazione Alan Gill, e con lui una notevole quantità di sostanze stupefacenti.

"Kilimanjaro" venne accolto da ottime recensioni, benché si possa affermare senza grandi timori che se i Teardrop Explodes avessero avuto a che fare con la critica snob di oggi, quella che se osi utilizzare un basso spigoloso sei l'ennesimo imitatore post-punk, che appena inserisci una chitarra singhiozzante sei il solito ruffiano punk-funk, che se usi un po' di elettronica fai il solito synth-pop revivalistico, che insomma qualsiasi cosa tu faccia (in particolare se sei britannico) sei solo l'ennesima next big thing derivativa che non ha nulla da dire, beh, molto probabilmente sarebbero stati liquidati come cloni dei Love. Con giusto un pizzico di Doors per via dell'organo.

Ironia a parte, si sta parlando di uno dei cardini della new wave, disco di un'influenza sterminata sul pop alternativo a venire. Lo si può considerare il primo album dei Blur (ovviamente un'iperbole, ma non è un caso che "Colin Zeal" di Albarn e soci somigli tremendamente a "Sleeping Gas"), così come una delle radici del Madchester sound: gli Inspiral Carpets sono legati doppio filo a questi solchi. Idem i Charlatans. In tempi più recenti vengono in mente i Franz Ferdinand. Tutte band poi capaci di divenire classiche e segnare la musica a loro volta.

La produzione di David Balfe/Bill Drummond fa brillare ogni strumento di luce propria, come del resto accadeva nell'altro capolavoro supervisionato dal duo proprio in quel periodo, "Crocodiles" dei Bunnymen.

"Ha! Ha! I'm Drowning" si apre con il basso prominente di Cope, mentre la chitarra tira fuori i suoni più disparati (jangle liquidi, riff da musica surf, sottili armonici, fino alle dissonanze orientaleggianti nel bridge). Ogni strofa è introdotta dai fiati squillanti di Ray Martinez e Hurricane Smith, che forniscono ulteriore forza propulsiva alla già notevole sezione ritmica. Similmente, "Sleeping Gas" sorge sulla spinta dei fiati, mentre il basso pulsa, la chitarra disegna e l'organo di Balfe fornisce l'atmosfera, andando in sottofondo e poi riemergendo prepotente a seconda delle necessità. La voce di Cope è sonora, pulita, ben in evidenza nel mix, le sue melodie immediate mostrano un senso del pop assoluto, pur non essendo mai banali: la stessa "Sleeping Gas" è un continuo botta e risposta pieno di sfumature, ma senza una vera distinzione fra strofa e ritornello. 

Brano dove invece strofa e ritornello si captano bene e assumono connotati epici è "Treason", con un arrangiamento barocco denso di organo (in diverse gradazioni di suono), cori, chitarre (acustica per i ricami, elettrica per l'assolo, sovrapposte per sostenere il ritmo) e percussioni.  

Ogni brano è un gioiello a livello di impatto: Cope sciorina le sue melodie su uno stuolo di strumenti ribollente, il dinamismo è implacabile. "Second Head" è così un assalto pop tambureggiante, con il batterista Gary Dwyer a dir poco scatenato, mentre "Poppies in the Field" sfoggia una sezione ritmica reggae e ci piazza una splendida chitarra new wave dal suono gelido. Balfe colora con organo e pianoforte, dando al tutto un connotato straniante, quasi mistico. 

Il gioco regge alla perfezione per tutta la scaletta: "Went Crazy", "Brave Boys Keep Their Promises", "Bouncing Babies", "Books" e "Thief of Baghdad" sono potenziali vertici in carriere new wave o indie-pop di media levatura. "When I Dream" chiude il tutto in gloria con chitarra jangle, bollicine di synth, e una melodia bislacca che permette a Cope giochi metrici a rotta di collo, onomatopee e coretti improbabili. Grazie anche al finale ossessivo, in cui voci, tastiere, droni e eco chitarristiche si sovrappongono, è probabilmente il brano più avventuroso del disco.

È curioso notare come un personaggio quale Cope, estremamente critico nei confronti del music business, informato politicamente e dotato di un notevole livello culturale, abbia debuttato con un disco dai testi praticamente mai schierati. Non vi ricorre nessuno dei temi cari al post-punk: nessuna invettiva politica (Clash, Specials), nessun rimando alla minaccia atomica e alla fantascienza distopica (Ultravox, Numan), nessun esorcismo contro il mal di vivere (Joy Division, Cure). "Kilimanjaro" tratta di argomenti più candidi, come per esempio la necessità di riscatto personale nei confronti della propria condizione ("Brave Boys Keep Their Promises", "Bouncing Babies") o, ancora più semplicemente, il più abusato e inevitabile dei sentimenti: l'amore ("You ask me if I love you, Well I don't think that's fair, You ask me if I love you, Well I don't think that's real, To criticize our love" - da "Ha! Ha! I'm Drowning"; o anche "I see a change in you, Can you see a change in me, But I can't explain at all, I can't explain what I feel" - da "Poppies in the Field").

Trattandosi di Cope, emerge ovviamente anche qualche associazione mentale imperscrutabile e di dubbio significato, che tuttavia amplia in maniera efficace il campo delle suggestioni. In "Sleeping Gas" per esempio, dove il protagonista vivacchia mentre attende le attenzioni di una ragazza che puntualmente non arrivano: tutto normale, se nel frattempo Cope non ripetesse di continuo "You can watch Rafferty turn into a serial, Just like a cartoon by AAP". Rafferty era il protagonista di uno sceneggiato televisivo andato in onda in GB nel 1977, la AAP è una casa di distribuzione cinematografica, proprietaria fra le altre cose di Popeye e di diversi titoli fra Merrie Melodies e Looney Tunes: non è ben chiaro perché Cope abbia abbinato queste immagini allo struggimento sentimentale del brano in questione, del resto come in molte costruzioni poetiche il senso è bene che lo trovi il lettore/ascoltatore, qualora necessitasse di trovarne uno.

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Voto degli utenti: 7,6/10 in media su 13 voti.
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zagor 8/10
giank 8/10
gramsci 8,5/10
Dr.Paul 6,5/10
sfos 10/10

C Commenti

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nebraska82 (ha votato 8,5 questo disco) alle 1:50 del 14 settembre 2013 ha scritto:

Discone, "Thief of Baghdad" tra i brani più potenti ed evocativi della wave tutta. Cope poi con "Fried" riuscirà a superarsi, bella recensione.

motorcity5 (ha votato 8,5 questo disco) alle 13:53 del 14 settembre 2013 ha scritto:

anche io preferisco il cope che si aggira nudo in campagna vestito di sola carapece. ma qui, tra melodie stralunate e ardite commistioni di generi diversi siamo già su livelli altissimi. "went crazy" sintetizza una carriera.

zagor (ha votato 8 questo disco) alle 21:40 del 14 settembre 2013 ha scritto:

bel disco, da mettere in bacheca assieme a quelli dei soft boys alla voce "matti sixties catapultati nel post-punk".

nebraska82 (ha votato 8,5 questo disco) alle 12:34 del 15 settembre 2013 ha scritto:

be' forse i soft boys erano un po' più "classici" rispetto ai TD, grandissimo comunque il buon robyn, ci mancherebbe

zagor (ha votato 8 questo disco) alle 13:39 del 15 settembre 2013 ha scritto:

sì, è vero, i TD erano più calati nel contesto wave.

Totalblamblam (ha votato 7 questo disco) alle 18:05 del 15 settembre 2013 ha scritto:

il disco è buono ma quei fiati a me non sono mai piaciuti...preferisco e di gran lunga i primi due solisti di cope

Dr.Paul (ha votato 6,5 questo disco) alle 14:36 del 16 settembre 2013 ha scritto:

condivido in toto quanto detto dal luminare gassed&stoked ex stokerilla. disco che non mi prende fino in fondo per un sacco di motivi non ultimo una produzione e un missaggio che non fanno assolutamente x me! molto molto meglio il Cope solista di Fried.

zagor (ha votato 8 questo disco) alle 11:05 del 17 settembre 2013 ha scritto:

a me non dispiace anche l'uso dei fiati, anche se forse sono un po' troppo sixties!

FeR, autore, alle 17:20 del 16 settembre 2013 ha scritto:

accipicchia che commenti tiepidini per un simile arcimegaclassico.

sfos (ha votato 10 questo disco) alle 23:02 del 16 settembre 2013 ha scritto:

Recensione bellissima, che rende pienamente la profondità storica di questo monumento della new-wave. Per me assolutamente alla pari coi primi due dischi solisti di Cope (anzi, lo preferisco leggermente a Fried, mentre è ex-aequo con WSYM). E, come è stato ben sottolineato, è un disco dall'influenza vastissima sul resto del rock britannico.

benoitbrisefer (ha votato 7,5 questo disco) alle 14:47 del 23 settembre 2013 ha scritto:

Ottimo disco. Uno dei manifesti della scena neopsichedelica di Liverpool. Insieme a WSYM uno dei due vertici della prima fase dell'avventura sonica di Julian Cope. Tuttavia nella mia personalissima graduatoria siamo lontani dall'esordio dei Bunnymen. Crocodiles è a mio avviso disco di spessore decisamente superiore.

Ivor the engine driver (ha votato 3 questo disco) alle 19:44 del 29 settembre 2013 ha scritto:

Ho conosciuto Cope in pratica una decina di anni fa tramite Head Heritage, il suo sito, e mi ha fatto scoprire gruppi fantastici in quegli anni. Poi sono andato a ritroso a sentirmi le cose come musicista. "Fried" rimane una delle poche cose psichedeliche degli 80's che è bella pure con quei suoni terribili. Questo lo comprai nel 2004 e da allora sono incerto se buttarlo dalla finestra o venderlo, ma alla fine, testardo, provo una volta all'anno a risentirlo ma non riesco quasi mai ad arrivare alla fine. Quelle trombette lì sono la morte degli strumenti a fiato, avrebbe dei bei pezzi, ma c'ha dei suoni che mi viene voglia di suicidarmi. Qcuno ha scritto che i fiati sono "troppo 60's"....sono l'esatto opposto, finti e freddi, sentire qualsiasi cosa Motown, per non parlare di qualsiasi jazzista del tempo. Inaffrontabile per me