R Recensione

9/10

The Gathering

How to Measure a Planet?

Nel 1998, anno cardine a livello di ispirazione musicale, capita che una band olandese da sempre inserita nelle liste del Progressive, anche se più incline ad un gothic-rock, vagamente di tendenza medievaleggente, esce sul mercato discografico con un doppio CD, che la sdogana in un attimo dalle produzioni di sottobosco.

I The Gathering (concepiti dai fratelli Hans e René Rutten, rispettivamente batteria e chitarra) compiono un salto di qualità immenso, dimostrando la capacità di mutare il proprio DNA verso una prospettiva moderna e raggiungendo al massimo l’espressione delle proprie abilità creative. How to measure a planet? è un album che nulla vuole lasciare di non-detto: l’elettronica si fonde con le impostazioni grezze di batteria e chitarra, che quasi mai si ritrova a filare delicati arpeggi. Le tastiere si dipanano con la sola funzione di collante e rifiniscono ogni singolo passaggio.

Un lavoro che pur essendo nato in terreni molto diversi da quelli seminati dai Massive Attack (di Mezzanine, sempre 1998), produce spesso frutti di anologo sapore. I The Gathering non hanno fretta e per raggiungere il proprio obiettivo sentono la necessità di avere a disposizione tempo e spazio, per cui la scelta dei due dischetti è quasi un percorso obbligato. La voce di Anneke Van Giersbergen si erge al ruolo di traghettatrice per condurre l’ascoltatore, attimo dopo attimo, sempre più dentro le suadenti asperità dell’album. Nonostante l’opera di aggiornamento del suono, How to measure a planet? davvero poco concede alla facile fruibilità. Il disco pur avendo una sua fluidità, spesso nel suo scorrere, incontra rocce taglienti e appuntite, che l’acqua non è riuscita a levigare.

Unica ancora di salvezza appunto, la delicata e potente vocalist Anneke, capace di fascinose suadenze ma anche di travolgenti rivelazioni delle proprie estensioni vocali. Una voce che fa venire in mente una bambina dai lineamenti dolci e dalla pelle morbida ma che si ritrova a giocare, con macchinari molto più grandi di lei: macine e anelli dentati, cingoli e catene. Un gioco che, quasi metafisicamente, riesce a dirigire alla pefezione. L’andamento del lavoro è abbastanza uniforme, imperniato com'è su ritmi abbastanza rallentati (ma per nulla rilassanti), senza mai cadere vittima di inutili esasperazioni e frenesie. Brani intensissimi come Great ocean road (caposaldo del disco), My electricity e la fantastica ed eterea cavalcata (nove minuti...) di Travel, posta in chiusura del CD numero uno, conquistano sin dal primo ascolto. L’effetto fascinazione è infatti altissimo.

Nel secondo dischetto a farla da padrona ci sono sicuramente brani come lo strumentale posto in apertura (South american ghost ride), Illuminating e Probably built in the Fifties che, in un unico ascolto, palesa l’intera essenza di questo disco. Uno spirito-voce guida che infonde energia e una graffiante, malevola e prepotente chitarra che corre sempre a sfidarlo, quasi una battaglia che, senza ammettere vincitori o vinti, sublima la ricerca degli opposti. E rende questo disco un piccolo capolavoro, che purtroppo forse non troverà mai spazio nelle classifiche “ufficiali” dei dischi di tutti i tempi.

Certo è difficile da credere che l'avventura di Anneke con i The Gathering si sia interrotta un brutto giorno nel 2007 (anche in vista di una carriera solista non ricca di frutti altrettanto saporiti). Ma questo non può far altro che incrementare l'importanza di questo album che, salvo reunion, continuerà a rappresentare la summa di un percorso artistico.

V Voti

Voto degli utenti: 8,8/10 in media su 5 voti.
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ThirdEye 8,5/10
luca.r 7,5/10

C Commenti

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Ivor the engine driver alle 11:36 del 17 febbraio 2010 ha scritto:

uno dei dischi + brutti acquistati (e riportati immediatamente in negozio). Magari sentito ora cambierei idea, ma solo l'idea di rimetterlo nel lettore mi atterrisce

swansong (ha votato 9 questo disco) alle 12:23 del 17 febbraio 2010 ha scritto:

Bellissimo!

Si tratta, a mio parere, del lavoro più interessante (e, forse, pretenzioso: la lunghissima - 28min - title track posta in chiusura è abbastanza pesantina e, tutto sommato, nulla aggiunge a quanto sin lì partorito) della loro discografia. Un susseguirsi di brani molto coinvolgenti, sapientemente arrangiati e suonati, sì da far amalgamare alla perfezione (goth?, psych?) rock ed elettronica, il tutto amorevolmente condotto dalla straordinaria voce di Anneke, vera e propria artefice delle fortune del gruppo sin dalla sua prima - acerba, ma spettacolare - performance nel magnifico "Mandylion" del 1995 (perfetto mix di vari generi ed influenze, solo frettolosamente identificabili nel goth metal - in realtà c'è un pò di tutto dall'ethno al folk al progressive al dark al doom, sembra impossibile, ma è così). La bella e brava Anneke, in effetti, grazie ad una affinata maturità vocale (ma non solo, visto che scrive anche diversi pezzi, oltre a tutti i testi) su questo disco, How to measure...intendo, si esprime a livelli di assoluta eccellenza. Tuttavia, ritengo che l'apice secondo me con "Souvenirs" del 2003 e, soprattutto, con il live elettro-acustico "Sleepy Buildings" dell'anno successivo. Un gruppo ed una cantante purtroppo poco conosciuti dal grande pubblico e questo per me è un vero e proprio peccato! Poi le loro strade si sono divise, senza condurre, per entrambi, a nulla di eclatante, anzi, l'ultimo Gathering è fra le cose più insignificanti che mi sia capitato di ascoltare ultimamente. Certo, rimane la sublime voce di Anneke, per esempio nei, piacevoli, ma banalotti e quindi trascurabili, lavori coi Agua de Annique accanto al marito, ma non è più la stessa cosa...(anche se rimango curioso di ascoltare il progetto accanto al grande Danny Cavanagh!)

luca.r (ha votato 7,5 questo disco) alle 9:46 del 18 febbraio 2010 ha scritto:

grandi Gathering!

ecco, questo ancora non me lo sono procurato... rimedierò quanto prima. Sul resto, perfettamente allineato con swansong.. Souvenirs è un capolavoro, secondo me il loro vertice espressivo. E il bellissimo 'Sleepy Buildings' una piccola gemma live di inestimabile valore, da parte di un gruppo dotato di una personalità ed una classe non comuni.

luca.r (ha votato 7,5 questo disco) alle 9:47 del 18 febbraio 2010 ha scritto:

dimenticavo...

bella recensione, complimenti.

Roberto (ha votato 9 questo disco) alle 15:33 del 28 febbraio 2010 ha scritto:

Avevo 18 anni. Comprai questo disco perché i The Gathering di "Mandylion" e "Nightime Birds" mi piacquero molto. Da metallaro, a quei tempi lo ascoltai con pregiudizio e lo riposi inorridito. A distanza di anni si è rivelato un capolavoro. Ed è tra i pochi album che continuo ad ascoltare con cadenza regolare.

skyreader, autore, alle 11:48 del primo marzo 2010 ha scritto:

Io, ahimé, ne avevo già 28 e ormai da tre anni stavo cercando di smaltire la sbornia di essere cresciuto, sostanzialmente, a "pane&prog". Questo fu uno di quesi dischi che, assieme ai due ultimi dischi dei Talk Talk, all'immenso (e purtroppo ignorato da tutte le riviste) "Indian Summer" dei Landberk, all'indescrivibile "OK Computer" dei Radiohead, all'oscuro piacere di "Mezzanine" dei Masive Attack, all'intricato "Millions Now Living Will Never Die" dei Tortoise, alla sulfurea bellezza di "Hex" dei Bark Psychosis, mi trascinarono definitivamente verso un altrove musicale, verso un completo altro sentire musicale, verso un altro sentirMI musicale. "How To Measure A Planet" fu un deragliamento quantomai opportuno... ma dei Gathering amo anche i precedenti "Nightime Birds" e lo stupendo "Mandylion"... Ma quello fu, PER ME, il loro punto più alto.

marco salanitri alle 1:27 del 6 aprile 2010 ha scritto:

Disco epocale. Senz'ombra di dubbio. Non sono mai stato metallaro ed infatti ridurli al metal (come per fortuna il buon Fasti non fa) sarebbe riduttivo.

Perla assoluta per me rimane Illuminating, dove le eccezionali doti vocali della Van Giersbergen toccano vette inarrivabili.

Roberto (ha votato 9 questo disco) alle 23:07 del 6 aprile 2010 ha scritto:

. . . sono stato un metallaro atipico dai corti capelli . . . passavo con disinvoltura dal metal, al punk, alla techno passando per il grunge fino all' industrial . . . ed "How to Measure..." a 18 anni più che poco metal mi sembrava troppo "pulito", melodico e commercialmente ruffiano. Con il tempo ho maturato con estremo piacere un' opinione diversa

ThirdEye (ha votato 8,5 questo disco) alle 21:21 del 2 maggio 2016 ha scritto:

Bellissimo.