Anathema
Universal
Gli Anathema nel loro genere qualcosa a cavallo fra post-progressive, post-metal e atmospheric-rock sono divenuti una vera istituzione. Ma il valore della band capitanata dai fratelli Vincent, Daniel e Jamie Cavanagh probabilmente prescinde la stretta definizione di un genere ad hoc: il loro talento si concretizza nella sapienza di aver gestito una graduale ma inesorabile transizione dal gothic-metal degli esordi (esattamente ventanni fa), allariosa miscela di progressive-rock sinfonico messa a punto negli ultimi due/tre lustri. Una lenta transizione che non solo si è lasciata alle spalle lepos e le res gestae della fase gothic/doom/epic, ma anche quella cupa tristezza (a cui attingeva la penna dellaltro founder member Duncan Patterson, fuoriuscito dalla line-up nel 1998, allindomani dello stupendo Alternative 4), per aprirsi a mondi più solari e sentimentali pur se costantemente solcati da uno sguardo malinconico. Non tutti hanno gradito la metamorfosi, ma quella che abbiamo oggi è una band matura e capace di scrivere brani diversamente potenti, dalle melodie cristalline e avvolgenti. Al di là del ricorso a testi talvolta caratterizzati da un romanticismo un po troppo ostentato e che non prova a confrontarsi con metafore particolarmente ardite.
I semi del cambiamento erano già stati sparsi proprio con Alternative 4, ma è attraverso una sequenza di album di grande spessore dobbligo citare quella gemma di A Natural Disaster del 2003 che si è giunti al punto finale della trasformazione rappresentato dagli ultimi due lavori in studio, Were Here Because Were Here (2010) e Weather Systems (2012), dai quali è stato ampiamente attinto per costruire la setlist dellultimo tour.
Registrato in audio e video in Bulgaria il 22 settembre dello scorso anno, allanfiteatro romano di Philippopolis, in compagnia della Plovdiv Philarmonic Orchestra (trentaquattro elementi), Universal è un documento live che cattura nel migliore dei modi la regia è di Lasse Hoile, che ha affermato il suo nome grazie al lavoro grafico/visuale realizzato per Porcupine Tree, Steven Wilson e Dream Theater lessenza degli Anathema, di ciò a cui hanno caparbiamente voluto aspirare. Oltre ai tanti brani recenti (impossibile evidenziare dei momenti topici), il cui impeto nellesecuzione dimostra quanto il gruppo si riconosca in essi, cè spazio per rendere il giusto omaggio ad A Natural Disaster: Closer, la title track (intensamente interpretata dalla singer Lee Douglas) e la fantastica Flying sono chiamate a rappresentare nel modo più degno possibile un autentico capolavoro. Un tributo viene offerto a quel Judgement del 1999 che per molti costituisce uno dei capitoli più avvincenti nella discografia degli Anathema: Deep, One Last Goodbye, Emotional Winter, Wings Of God ne tratteggiano in modo vigoroso ed evocativo la fisionomia. Fragile Dreams è ormai un inno irrinunciabile, tanto che viete presentato sia nella versione quieta assaporata nellalbum di riproposizioni unplugged-sinfoniche Hindsight (2008), sia come ultimissimo encore nella sua ruggente veste originaria, opportunamente energizzata dalla dimensione live. Il nuovo tastierista Daniel Cardoso è visibilmente divenuto una figura essenziale nellattuale assetto identitario degli Anathema, mentre il batterista John Douglas fa quello che può per sostenere il pathos delle composizioni, essendo fra i membri della formazione, probabilmente quello meno dotato di skill tecnico. Cè comunque una orchestra alle spalle e, anche se non interviene mai in modo da rendere stucchevoli ed eccessivamente ridondanti gli arrangiamenti, riesce a mantenere la marea emozionale a livelli di doverosa attenzione: avendo ben stampati nella memoria gli esiti ampollosi delle tante band che in passato si sono presentate sul palco in compagnia di una orchestra, davvero viene voglia di esprimere un sincero plauso allesperimento ripetuto dagli Anathema.
Le riprese, effettuate da undici operatori, restituiscono un film efficace più a raccontare le emozioni di musicisti, spesso inquadrati con primi piani sui loro volti sudati e felici, che non quelle del pubblico antistante: anzi i due mondi rimangono spesso separati, senza che avvenga un reale abbraccio fra essi. Va detto, a onor del vero, che la vertiginosa gradinata dellanfiteatro non consente vedute di massa o riprese di ampio respiro. Le luci e i fumi di scena vengono invece catturati ed esaltati con maestria dalla fotografia. Lasse Hoile raramente è riuscito, anche in passato, a gettare uno sguardo non semplicemente documentaristico su un concerto: tuttavia il suo lavoro è puntuale e sufficiente a cogliere nel segno il senso della serata.
Nessun virtuosismo interviene a deviare la concentrazione dal costante, densissimo, melodioso flusso sonoro: la performance è davvero maiuscola ed in specialmente le prestazioni vocali dei due singer (Vincent Cavanagh, elegante animale da palcoscenico e Lee Douglas, più riservata ma non meno significativa) si completano vicendevolmente e magistralmente.
Chi già ama la band di Liverpool, davvero non potrà fare a meno di aggiungere ai due precedenti Were You There? (2004) e A Moment In Time (2006), quella che è sicuramente la più professionale, adulta e compiuta fra le testimonianze live finora pubblicate. Gli altri, ascoltatori-osservatori di passaggio, potrebbero cogliere lopportunità di fare esperienza in modo comunque coinvolgente di un gruppo fragorosamente romantico e rigorosamente in divenire.
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[Universal è disponibile nei tre formati: blu-ray, cd+dvd e 2cd+dvd+blu-ray]
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