Bologna Violenta
Uno Bianca
Prima di iniziare, una doverosa precisazione. Non è certo una palinodia, se scriviamo oggi del terzo full length di Nicola Manzan a nome Bologna Violenta, dopo quasi otto mesi dalla sua uscita: né, sicuramente, una dimenticanza. Confidavamo, molto più modestamente, nel fatto che laccumularsi dei giorni avrebbe portato con sé, come una risacca con i detriti, la scia delle inutili polemiche sollevatasi attorno alla decisione, da parte del polistrumentista trevigiano, di scrivere un concept sulle tragiche scorribande dellahinoi celebre Uno Bianca. Tanto capzioso e strumentale era risultato il dibattito come se Manzan, peraltro in continuo contatto con lassociazione delle vittime, avesse mai espresso la volontà di esaltare i crimini dei capibanda quanto, a conti fatti, difficile scinderlo da ciò che avrebbe dovuto essere considerato il vero nucleo dellanalisi: la musica. Abbiamo, dunque, preferito aspettare, per non lasciare che il nostro giudizio potesse venire inquinato da bagatelle estranee alla sostanza e alla fortuna del disco.
In questi mesi Bologna Violenta ha percorso la spina dorsale dellItalia con lennesimo tour di raffinatezze e brutture. Ma quanto, in percentuale, delle une e delle altre? Nel 2006 prima apparizione al seguito dellomonimo EP ci saremmo sbilanciati generosamente sulle seconde: non che ci si possa aspettare granché, daltro canto, da un lavoro che il suo stesso factotum descrive costruito sui titoli dei brani ancor prima che sui brani stessi. Nel 2010 la musica (è il caso di dirlo) cominciava a cambiare: il mondo non era proprio nuovissimo, ma almeno più equilibrato. Due anni più tardi il ribaltone della maturità, un Utopie E Piccole Soddisfazioni che dietro la finta maschera dellarrabattamento hc fondeva potentemente iconoclastia cybergrind, classica digitalizzata e riff mastodontici: giù il sockpuppet Bologna Violenta, dentro Nicola Manzan. Ed ora, Domine, quo vadis? Con i sufficienti mezzi a propria disposizione, il bervismo tuttofare del Nostro cerca di scalare il successivo, probante gradino dello status artistico: dopo il riassetto musicale, l'incanalamento delle nuove energie nel restauro concettuale.
Il bersaglio teorico, lo diciamo subito, viene marchianamente mancato: troppo esile il filo tematico per giustificare unintera operazione su di esso costruita. A convincere poco è, purtroppo, anche lapparato prettamente strumentale. I ventisette movimenti vanno a riunirsi in un quadro unitario tanto solido quanto prevedibile. La pienezza di forma delle Utopie aveva colpito anche i più incalliti detrattori: in Uno Bianca torna a prevalere il tratteggio, il bozzetto (con il carico di decadenti dissonanze di 30 aprile 1991 Rimini: attacco pattuglia Carabinieri o il patetismo da gabber di 22 dicembre 1990 Bologna: attacco lavavetri extracomunitari). Va a finire che lortodosso continuum, accentuato dal rintocco di una lugubre campana a morto lungo tutto il disco, ammansisce invece di scuotere, annoia invece di stupire: lo stornello che invade 23 dicembre 1990 Bologna: assalto campo Rom si infila in un cul de sac di effettacci, lazzeccato andantino death di 4 gennaio 1991 Bologna: attacco pattuglia Carabinieri si cristallizza in schegge di ambient criptosacrale (con ridondante samplizzazione di una cronaca giornalistica dellepoca), le aperture barocche darchi in 2 maggio 1991 Bologna: rapina armeria Volturno regalano attimi di palpitante coinvolgimento che tuttavia si dissolvono in breve tempo, al palesarsi delle raffiche techno-classiche di 30 gennaio 1988 Rimini: rapina supermercato Coop, del modestissimo attacco hardcore di 3 marzo 1994 Bologna: rapina banca, del vuoto che fagocita il requiem finale di 29 marzo 1998 Rimini: suicidio Giuliano Savi.
Manzan alterna e giustappone freneticamente campioni, friggioni elettroniche, pesanti distorsioni e tensioni violinistiche. Quello che ha sempre fatto, a ben vedere: un conservatorismo ben temperato che sigilla ulteriori, promettenti visioni evolutive. Sia sintomatico pensare al fatto che questa recensione, così come lavete letta, si differenzia in minimi dettagli dalloriginario disegno di febbraio.
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