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R Recensione

7/10

Bologna Violenta / Dogs For Breakfast

Split

Un paio di anni orsono – era da poco uscito il suo miglior disco, “Utopie E Piccole Soddisfazioni” – io e Nicola Manzan ci facemmo una bella chiacchierata. La dettagliata strutturazione di quel suono e l’inaspettato dilatarsi delle influenze rispetto a “Il Nuovissimo Mondo” mi spinsero a chiedergli se avrebbe mai considerato, in un futuro, di accompagnarsi dal vivo con altri musicisti, trasformando quindi il carattere dissacrante e spettacolare delle proprie performance. È il solito problema di soldi, mi fu risposto, ma sarebbe certamente interessante e, ne sono certo, prima o poi si farà. Ci è voluto del tempo, ma la profezia si è avverata. Il passaggio di Bologna Violenta da alter ego del trentanovenne polistrumentista trevigiano a duo chitarra (samples, violino)-batteria (suonata con gusto ed impeto dal bravo Alessandro Vagnoni di Dark Lunacy e Infernal Poetry) viene celebrato, come ai bei vecchi tempi, da un 12” in vinile rosso stampato in 300 copie e condiviso con la band più misteriosa del post-core italiano, i Dogs For Breakfast.

Dopo l’interlocutorio “Uno Bianca”, Nicola Manzan torna a colpire nel segno. E lo fa con una, allegedly, suite, consacrata al capolavoro sin dal titolo (“Sinfonia N°1 in Fa-stidio Maggiore, op. 35”). Fastidioso, in verità, il pezzo lo è ben poco, a partire da un “Allegro Drammatico” che si traveste da versione deathcadente di “The Ides Of March” (per fermarsi di botto, a pochi centimetri dalla voragine, smaterializzatosi in un sinistro carillon), passando per gli artigli metallici dell’“Andante Con Moto” (su cui glissa, in sottofondo, quasi inavvertito, un volteggiare neoclassico à la Mascagni), per il lunghissimo drone di violino che celebra il funerale dello “Scherzone” (alcuni passaggi di archi hanno un’impostazione folcloristica quasi à la Béla Bartók) e per il ruggito di Marco Cosulich dei triestini The Secret che, nel furibondo death-grind di “Allegro Per Modo Di Dire”, suggella il felice nuovo corso e traghetta l’ascolto, come meglio non si potrebbe, verso la metà del trio cuneese. Ancora una volta, non c’è nulla di così innovativo nella musica dei Dogs For Breakfast: eppure, per qualche ragione egualmente affascinante ed imperscrutabile, continua a sfuggire la loro reale, precisa cifra stilistica. La belluina “Gadea” si avvicina considerevolmente ai Neurosis di “The Sun That Never Sets”, ma le distoniche contorsioni chitarristiche che assalgono a più riprese il brano vengono da altre galassie (sludge? hardcore evoluto?). “Munhos” è figlia degenerata dell’umore plumbeo e teso di “The Sun Left These Places”, arcigno post metal tumefatto da lividi noise (l’ultima progressione, da 5:50 in poi, parla da sola). Due ottimi brani che infittiscono le tenebre e rinfocolano la curiosità.

Bologna Violenta e Dogs For Breakfast hanno recentemente presentato lo split in un paio di concerti nel nord Italia. L’auspicio, sincero, è che a quelle già archiviate se ne possano aggiungere ancora molte altre.

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