R Recensione

6/10

Sikitikis

B

Il gruppo sardo Sikitikis torna con un seguito, intitolato cripticamente solo B, sufficientemente interessante da attirare l’attenzione del sottoscritto, che in effetti aveva del gruppo un misero lontano ricordo di un videoclip visto su rock tv. Da quella visione distratta di tempi remoti mi ero fatto l’idea del classico gruppetto hard-rock stereotipato italiano e non avevo dato molto peso alla faccenda. In realtà mi sbagliavo di grosso, ingannato da un nome scioglilingue dal sapore rustico e provinciale e da un certo pregiudizio verso un canale televisivo non sempre all’altezza.

Invece guarda un pò, tanto per cominciare Sikitikis non è un nome sardo ma mischia lingua inglese (sick, traducibile come debole, malato) e polinesiana (Tiki, divinità tribale della fertilità all’incirca), ma soprattutto il gruppo non ha chitarre. E diventa quindi quanto meno difficile fare “hard-rock stereotipato italiano” senza chitarre. Sembrava giusto quindi rivedere il proprio giudizio e degnare di maggiore attenzione la nuova fatica discografica della band guidata da Diablo (nome d’arte pericolosamente litfibiano ma tant’è), cantante di ugola alquanto rispettabile. Prima però si è andati a ripescare l’esordio datato 2005 che prende il nome di Fuga dal deserto del Tiki, un disco garage-rock di un certo spessore compositivo e alquanto eterogeneo, in grado di spaziare tra strumentali taglienti, riverberi noise, spunti progressive e un punk sfrigolante.

B è molto diverso rispetto all’esordio. Lo sfondo resta un garage-rock dai molteplici ingredienti ma l’impressione è che oltre ad un leggero appiattimento della passata varietà si assista a un discreto calo compositivo soprattutto nella parte iniziale del disco. Little Lu ha un cantato vagamente schizoide, coretti surf, un basso tagliente e delle efficaci tastiere, però non convince. La ruvida Rosso sangue alza il tiro ma non riesce a esaltare. Ascoltando L’ultima mano l’impressione è che il gruppo dia il meglio di sè quando accelera il ritmo mentre si perda talvolta nei momenti più soft tuttavia l’aggressiva ed energica Al primo colpo smentisce questa tesi mancando completamente il bersaglio con il suo ska-punk. Se B riesce a salvarsi lo deve soprattutto a un paio di ottimi brani e alle splendide trame intessute dal bassista Reverendo Jimi che esalta in Storia d’amore (brano che mischia tribalità latino-sudamericane a tendenze wave) e che in Perdere rivincite assieme al batterista offre una struttura sonora post-punk invidiabile. Quando poi in Mi avveleni il cuore anche le tastiere di Zico diventano finalmente incisive l’ascolto sembra decollare. Si resta in volo con Onde concentriche, ottima ballata che rallenta il ritmo e che sfrutta un cantato più evocativo e uno sfondo sonoro intenso e lisergico. Un sound industrial a tinte gothic claustrofobiche caratterizza il finale Le grand diable che appare però un pò fuori luogo. Meglio fare un passo indietro e ripescare l’incantevole Piove deserto, splendida ballata morbida a tinte pop in bilico tra i migliori Negrita e Timoria (non sfigura un paragone con un classico come Sole spento).

Rimane una valutazione un pò stringata ma positiva, sperando che la band sarda ritrovi per il futuro una piena ispirazione.

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