Lou Reed & Metallica
Lulu
Ok ok lo ammetto. Sono stato io. E che non sapevo cosa fare: il lavoro scarseggiava, in TV cerano solo cocainomani che imparavano a ballare ed ex-operai che imparavano a cucinare, volevo andare a manifestare la mia indignazione ma prima ancora di arrivare in piazza i direttori degli sportelli bancari hanno cominciato a spaccare le vetrine per tirare su qualche soldo con le polizze assicurative. Cosaltro potevo fare? Mi annoiavo a morte, allora ho ripristinato la vecchia cantina-sala prove, ho incollato qualche portauova sulle pareti, dato una spolverata ai Marshall e richiamato i vecchi amici-musicisti. Paolino si è presentato il giorno stesso, con le bacchette autografate da Lars Ulrich nel 1991 e la fascia da tennista in testa. La devozione di Paolino per Lars Ulrich è totale: vi basti sapere che al liceo lo rimandavano in Inglese perché parlava con laccento danese. Discreto tennista e pessimo batterista, arriva con un birra in mano, mi saluta ruttando e si mette dietro le pelli dicendo: stavolta facciamo il botto, ho già in mente qualche contatto giusto. Gianni Guitar è arrivato poco dopo, ha imbracciato la su Flying V ed ha eseguito tutto lassolo di Master Of Puppets alla velocità dei neutrini in transito sul Gran Sasso. Poi mi ha abbracciato in maniera preoccupante e mi ha sussurrato: dopo ricordati di spiegarmi come si fa il barrè. Franco Vodka lo abbiamo recuperato solo qualche giorno dopo, accasciato sul bancone di un bar. Lo abbiamo portato in studio e dopo una paio di lavande gastriche era come nuovo: chitarra ritmica precisa e voce potente, a dispetto della cirrosi epatica e dei vuoti di memoria. Per il bassista abbiamo dovuto fare delle audizioni perché il vecchio bassista lo avevamo licenziato (col senno di poi fu un errore, si chiamava Jaco qualcosa ed era un buon musicista): alla fine la spuntò Sanchez, un tizio enorme che vendeva lhashish ai ragazzini delle scuole medie. Il progetto era ambizioso: il ritorno dei Metallica in grande stile, il rilancio di una delle più grandi band della storia del metal. Ovviamente, non potevamo farlo con le nostre sole forze. Paolino andava fuori tempo come un cavallo tripode al trotto, il Vodka vomitava ogni cinque minuti e anche Gianni Guitar come chitarrista era un pelino sopravvalutato. Dovevamo simulare una grande collaborazione, un nome importante per richiamare lattenzione su un disco epocale. Linterpretazione di questo personaggio spettava a me, quindi non ci fu bisogno di pensarci su: Lou Reed. Il più grande rocker vivente, lautore di alcune delle migliori pagine del Libro della Storia del Rock. Stavamo fantasticando, per cui tutto mi fu concesso. Mi piazzai dietro ai microfoni, stampai i testi scritti da Reed per Lulu, colonna sonora dello spettacolo teatrale di Frank Wedekind, e iniziai a declamarli alla Reed, lasciando ai miei Metallica il compito di ri-arrangiare le musiche.
Inutile dirvi che quello dei Loutallica fu un disastro, un naufragio, una Caporetto, una vergogna. Si salvò a fatica grazie al suo mestiere e a quellaura sacrale che lo circondava solo il sottoscritto/Lou Reed. Le sue interpretazioni, così vicine a quelle di Ecstasy e così caratterizzanti, con lo spettro dei Velvet Underground dietro ogni parola, riuscirono a creare qualche momento gradevole allinterno del disco. Little Dog, ad esempio, scarna e acustica, riuscì a rendere perfettamente la tensione descrittiva del pezzo, conciliando il Lou Reed poeta ai Metallica in versione blues del periodo post-Black Album. Il risultato fu un caldo e lisergico (sebbene estenuante, nei suoi otto minuti) mantra simile ai rari momenti acustici di band come Kyuss e Motorpsycho.
La madre di tutti i disastri fu commessa in fase di produzione (eppure avevamo chiamato il fratello di Sanchez ad interpretare il ruolo di Hal Willner, già produttore di Lou Reed in Ecstasy): la voce di Reed fu sovrapposta alla musica praticamente senza missaggio, tanto che la prima impressione ascoltando il disco è quella di uno speaker radiofonico che parla ininterrottamente con il Black Album in sottofondo.
Brandenburg Gate apriva il disco con unintro acustica pienamente Reediana, ma deragliava dopo il primo minuto a causa di un riffone stile Guns n Roses plays Knockin on Heavens Door, su cui il buon Franco Vodka/Hetfield mai pago della propria americana tamarraggine si cimentava in vocalizzi improvvisati che facevano a pugni con il testo recitato da Reed.
Anche le scelte commerciali si rilevarono un fallimento totale, visto che come singolo fu scelto il pezzo peggiore, ovvero "The View", un ibrido deforme simile ad un tentativo dei Velvet Underground di risultare credibili eseguendo una cover di Iron Man dei Black Sabbath. Leffetto complessivo, nel momento in cui i riff si accavallano senza logica e il solito Vodka/Hetfield decide di cantare, è quello di entrare in un negozio di chitarre in una domenica dapertura. In Pumping Blood anche il sottoscritto/Reed ci metteva del suo, mortificando il discreto riffing dei Metallica con una performance vocale non proprio allaltezza del blasone. Certo, in confronto al drumming mentecatto di Paolino/Ulrich tutti potremmo fare una discreta figura. Il pezzo, tra pause, deliri vocali e innesti orchestrali riesce a non concludere nulla in sette minuti e mezzo. In Mistress Dead la band provava a rinverdire i fasti di Kill Em All premendo sullacceleratore in modo totalmente inutile, con quel riff monocorde effetto zanzara e i piatti di Paolino/Ulrich che svolazzano per la stanza privi di controllo. Il singolo giusto sarebbe stato semmai Iced Honey, con Reed e i Metallica allopera su quello che ancora sanno fare: il primo a cantare i suoi testi con gusto e personalità, i secondi ad imbastire un innocuo ma onesto hard-blues.
Ad un certo punto, presi dalla voglia di strafare a gasati dallimportanza del progetto, abbiamo cominciato a dilatare i pezzi allinfinito, prendendo (perdendo) tempo con introduzioni sperimentali e jam session annacquate (Cheat On Me), cavalcate eterne che non fanno altro che rimarcare quella orrida sensazione di mash-up tra la voce e le parti strumentali (Dragon) ed una coda finale infinita che unisce la pretenziosità del Lou Reed periodo The Raven allinconsistenza dei Metallica in versione Nothing Else Matters. E non è una bella conclusione, considerato che volevamo creare qualcosa a metà tra Berlin e Master Of Puppets.
Ma noi abbiamo scherzato. E' che la noia è una brutta bestia, e non importa che tu sia un trentenne italiano frustrato o un cinquantenne americano alcolizzato. Se la cosa vi può consolare, lesperimento Loutallica non avrà alcun seguito. Uno scherzo è bello quando dura poco. Il Vodka lo riportiamo al bar, Sanchez tornerà a spacciare, ed al sottoscritto cazzata per cazzata non resterà altro che scendere in piazza a spaccare qualche vetrina.
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