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R Recensione

9/10

Lou Reed

Transformer

L'eroina era la mia amante fissa [..] Poi arrivi tu, e mi chiedi di cosa ho bisogno. Beh.. diventa tu il mio amante fisso.

Di  questa frase carpita a “Velvet Goldmine” potremmo fare, sotto la lente d’ingrandimento della metafora, l’epitome del disco. Trasformazione. Cambiamento. Travestimento. Crisi: una parola che nell’etimo vuol dire anche opportunità. Scrivere canzoni con gli occhi di qualcun altro, guardarsi dall’esterno. Suonare come recitare, riservando per se la parte del protagonista.  E lui, l’ebreo errante, il moralista dell’ immoralità, il poeta della ragion pratica, sfida i limiti oggettivi della sua egomania, ammette di avere bisogno d’aiuto, si rimette in gioco, si reinventa, “trasformando il tutto in un colossale scherzo di cattivo gusto”, a detta di qualcuno, diventando semplicemente “quello che doveva essere”, secondo qualcun’ altro, “Androgino, Gay, Bisessuale o Eterosessuale –in una parola il Desiderio…”.

Giunto ormai stanco, svuotato e vagamente nauseato dalla vita in capo al nuovo decennio, dopo essere rimasto per troppo tempo solo alla testa di quella scheggia di futuro conosciuta con il nome di Velvet Underground e averne prolungato l’attività forse al limite del massimo consentito, a metà del 1972 Lou Reed è un uomo pieno di dubbi, di ansie, di incertezze. Il suo album d’esordio non ha convinto nessuno. Troppo tragicamente normale. La livida gloria del suo passato lo perseguita, pesa su di lui come un macigno. Se resta ancora aggrappato a un contratto è per i buoni uffici del vicepresidente Dennis Katz, perché la Rca muore già dalla voglia di scaricarlo. Ma a questo punto, neanche fossimo in una commedia di Bernard Shaw, entra in scena il Pigmalione. David Bowie, Ziggy Stardust (“checca da Aldebaran” parodia di “spiders from mars” firmata Lester Bangs), il futuro “Duca Bianco”, il più grande comunicatore del suo tempo, la gallina dalle uova d’oro della scuderia, colui che è facetamente intenzionato a fare del glam “l’ultima avanguardia del ’900”, si offre spontaneamente di produrre il nuovo disco di Lou e garantisce, anche dal punto di vista commerciale, per l’intera operazione.

I motivi che lo spingono sono molteplici: l’ammirazione e il debito di riconoscenza per canzoni come White Light/White Heat o Waiting For The Man (che in quelle settimane gli fece dichiarare: “Lou ha portato il rock nell'avanguardia. Ha creato l'ambiente nel quale inserire la nostra visione più teatrale. Ci ha dato la strada e i paesaggi e noi li abbiamo popolati. Lou Reed ha creato lo Zeitgeist verbale e musicale”), lo spirito di emulazione nei confronti di quello che è, a tutti gli effetti, il suo più grande maestro, Andy Warhol, di cui sogna di ripercorrere le gesta come demiurgo, manipolatore e vate della scena glam (che è, per certi versi, un’estensione, appena più patinata e consentita ai minori, della Factory e della Pop Art), la naturale ed esibizionistica abnegazione che lo porterà ad accostarsi ad altri eroi in disarmo del decennio precedente (John Lennon e poi soprattutto, anzi, più di tutti, Iggy Pop). Dal canto suo Reed, fragile e problematico, ma anche duro e sfuggente come i ragazzi di strada che popolano le sue liriche, sente il bisogno di avere costantemente al suo fianco la figura di un impresario/affabulatore, di un affettuoso consigliere che ne smussi gli spigoli e ne conforti le certezze. Oltretutto Bowie gli piace, da un po’ di tempo s’è stabilito a Londra, dove ha registrato anche il suo disco d’esordio, ed è  rimasto favorevolmente colpito dal fermento creativo del movimento e dall’eccentrico circo estetico con cui ha avuto modo di familiarizzare.

Dall’esterno all’interno, la metamorfosi è quasi leggendaria. Lou, pur conservando, tra le righe, il suo perverso allure “angeriano”, in copertina sembra un fumetto: vestito di pelle, trucco da teatro giapponese (occhi bistrati di nero e cerone bianco), quasi un Frankenstein muliebre (laddove “Il mostro è in tavola…Barone Frankestein” di Morrissey incrocia “La Moglie di Frankestein” di James Whale), un fantasma dell’opera in versione fetish. Mentre sul retro vediamo lo stesso modello ai due lati di uno specchio: nell’ennesima interpretazione gay di Marlon Brando ne “Il Selvaggio” e poi en travesti, sbocciare con tanto di parrucca e negligè nero dal suo bozzolo di lamè, come una farfalla di Cristopher Street. Più chiaro di così.

Meno scioccanti, forse, ma altrettanto esplicite le scelte musicali dell’album: Transformer cerca (in parte trova) un punto di convergenza focale fra i lacerti del rock metropolitano che ossessiona Reed fin dai giorni dell’adolescenza (come chiarirà qualche anno nella fiaba celebrativa di Rock’n’Roll) e lo sgargiante cromatismo del glam inglese, perfezionando la miscela sonora con un accorto dosaggio di quel folk-pop mitteleuropeo che faceva già capolino (auspice Nico) nel primo album dei Velvet (e che sfocerà l’anno dopo nell’affresco melodrammatico e decadente di Berlin). La produzione è tersa e luminosa senza essere soffocante, semplice e raffinata, fondamentale, in questo senso, il contributo di Mick Ronson (che nell’album produce, suona piano e chitarra e firma con Reed e lo stesso Bowie tutti gli arrangiamenti), chitarrista storico della band di Ziggy e figura che, nella transustanziale trinità “reediana” (se Bowie è Warhol e lui è un altro se stesso, un altro da se), rimpiazza, per certi versi, quella di John Cale, la sua controparte eclettica, la sua competenza tecnica, l’uomo capace di rivestire di splendidi abiti armonici le canzoni pelle e ossa di Lou. Il resto lo fanno i brani.

Vicious è il tratto che unisce Bowie ai Velvet, il presente al passato recente, anche se pende ancora un po’ dalla parte del secondo: gli accordi sono più o meno quelli di Sweet Jane, la batteria metronomica, il portamento garage tardi 60, la chitarra di Ronson che si produce in gracidii quasi industriali e in assoli sottili e laceranti come frustate (termine quanto mai indicato come vedremo tra poco). Sul testo aleggia ancora sibillina la figura di Warhol (che pare abbia anche suggerito il titolo con alcune osservazioni su come lui e Reed camminassero per strada) e il suo sguardo ironico e divertito sul mondo del sadomaso e sulle forme più estreme e bizzarre della sessualità umana (“Vicious you hit me with a flower/ you do it every hour/ oh baby your so vicious/ Vicious you want me to hit you with a stick/ but all i’ve got’s guitar pick/ oh baby you’re so vicious”), quasi una Venus In Furs virata in chiave parodistica ed omosessuale (“(…) why don’t  you swallow razor blades/ You must think that i’m some kind of gay blade/ but baby you’re so vicious”).

Già in Andy’s Chest , sebbene ancor più direttamente ispirata a Warhol e all’intero caricatore che Valerie Solanas gli scaricò sul torace qualche anno prima, l’influenza glam si percepisce nitidamente, con la melodia teatrale, la chitarra distorta e temperata di Ronson, e le volute di cori dello stesso Bowie sullo sfondo. Il testo è una delle filastrocche più eleganti e visionarie mai concepite da quello che è, probabilmente, il più sottovalutato poeta americano del dopoguerra: con immagini degne d’una Crudelia Demon disegnata da Cocteau (“If i could be anyone of the things/ in this world that bite/ instead of an ocelot on la leash, i’d rather be a kite/ and be thight to the end of you string/ and fly in the air, babe, at night”), citazioni da almanacco gay di Winnie The Pooh (“cause you know what they say about  honey bears/ when you shave off all their baby air/ you have a hairy minded pink babe bear”) e uno dei versi più belli in assoluto di tutta la letteratura rock (“and curtains laced with diamond dear for you”). Poi c’è Perfect Day, forse la pop song perfetta (chiedo scusa in ginocchio per il gioco di parole) della sua carriera, il piano classico, il discreto crescendo degli archi, fino al commovente rilascio del ritornello, un Reed -sempre più attore/narratore e sempre meno autobiografico- che incornicia una metafora cortese e quotidiana della routine tossica in scenari da “Love Story” (“just a perfect day/ you make me forget myself/ i thought i was someone else someone good”), anche se nel finale, aggiunge una nota amara (“you’re going to reap just what you sow”), quasi a ricordarci che tutti i personaggi di questa commedia umana dovranno prima o poi fare i conti con le proprie responsabilità.

Hangin’ Round è un boogie da manuale glam, col piano percussivo e la chitarra croccante, una serie di piccoli e surreali ritratti della sua compagnia londinese che sembrano, stavolta per davvero, usciti da “Velvet Goldmine”. Poi il suo capolavoro Walk On The Wild Side: una specie di jazzy funk naufragato nel Quaalude, rap bianco d’autore (tanto che sarà ripresa dagli A Tribe Called Quest negli anni ’90) ante ante litteram ispirato al romanzo di Nelson Algren e alla pittoresca galleria umana della Factory (in cui spiccano Joe D’Alessandro, Jacky Curtis), un giro di basso leggendario (di Herbie Flowers, che poi in realtà era un contrabbasso doppiato da un basso elettrico), la chitarra piumata di Reed, le serenate d’archi, i cori postribolari delle “coloured girls” e il collasso finale con l’assolo cool del sax che sfuma in dissolvenza. “Make Up” ambiguo inno weilliano (col piano e la tuba in evidenza) al travestitismo (“ Then come pancakes factor number one/ eyeliner, rose hips/ and lips gloss such a fun/ you’re slick little girls/ ooh just a slick little girl”) che nel ritornello suona quasi come un’esplicita rivendicazione del movimento post Stonewall (“Now we’re coming out/ out of our closets/ out on the streets/ yeah we’re coming out”).

Reed empatizza con i propri personaggi, s’inebria delle loro gioie, patisce le loro piccole gelosie (“I’ve been told that you’ve been bold/ With Harry Mark and John”) come in “Satellite Of Love”, ballata pianistica da boudoir con minuti ricami di flauto e chitarra nel bridge e  coro finale glam/soul in cui s’eleva, altissima, la voce di Bowie. Poi Wagon Wheel talmente bowieana che si vocifera da lui stesso composta, con la chitarra massiccia, i call and response del coro femminile, gli spiazzanti intermezzi quasi a cappella, il “rocky horror” di I’m So Free, il vaudeville da “gossip column” di New York Telephone Conversation (per piano basso e cimbali) anch’essa in qualche modo omaggiante Warhol, forse il più grande pettegolo americano dopo Edgar J. Hoover, ed infine il commiato con Ladies Goodnight, a metà strada fra il cabaret weimariano e un nightclub di Hollywood Babilonia decorato in stile “ruggenti anni ’20”, con Reed che, quasi a prendere le distanze dall’allegro ed edonistico carrozzone su cui s’è volontariamente imbarcato, descrive uno straordinario dietro le quinte fatto di solitudini abissali (“Now if i was an actor/ or a dancer who was glamorous/ the you know amorous life/ would soon be mine”), sentimenti feriti (“but the tinsel light of star break/ is all that’s left to applaud/ my heart break”), tragicomiche consolazioni casalinghe (“at eleven’s o’clock/ i watch the network news/ (…) ah anyway my tv’s dinner’s/ almost done/ it’s a lonely Saturday night”).

Dopo il successo planetario di Transformer la carriera solista di Lou Reed si rilanciò fino a diventare l’icona che oggi conosciamo, grazie ad una regolarità più che dignitosa e a qualche altro scossone leggendario (Berlin, Rock’n’roll Animal, Metal Music Machine, Street Hassle, New York su tutti), la sua strada e quella di Bowie, tuttavia, si separarono per sempre con qualche strascico polemico (“Lou non ha ancora le idee chiare sulla propria personalità” dirà quest’ultimo poco dopo il “divorzio”) e senza particolari rimpianti, si evince, né da una parte né dall’altra. Come due astri che per un istante si sono incrociati effondendo tutto il loro splendore, allontanandosi poi per tempo prima che potessero offuscarsi a vicenda. Parola di Dennis Katz il primo a volere (o a subire) questo connubio: “In retrospettiva, Reed fu più importante per l’importanza che ebbe su altri artisti. Bowie fu forse superiore dal punto di vista creativo e commerciale: fu un ottimo compositore, arrangiatore, e produttore, ma fu soprattutto molto intelligente nell’impostare la propria carriera. Ma Lou sarà sempre in debito con David, per ovvie ragioni…”.

C Commenti

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Mr. Wave (ha votato 9 questo disco) alle 1:24 del 15 dicembre 2008 ha scritto:

P e r f e c t D a y

Capolavoro imprescindibile, eccezionale, senza tempo; uno dei pilastri fondamentali del fenomeno ''glam''. Bellissima recensione Simone

DonJunio (ha votato 8 questo disco) alle 1:55 del 15 dicembre 2008 ha scritto:

Bello, ma...

...Non ho mai compreso l'aura di autentico capolavoro che si porta dietro. A livello di suono sfigura inesorabilmente rispetto al magnifico "Berlin", mentre chi ama il Reed più autentico credo si debba rivolgere al lirismo ruvido, asciutto e sofferto di "Coney Island Baby".

DonJunio (ha votato 8 questo disco) alle 2:28 del 15 dicembre 2008 ha scritto:

Ah, la recensione è grandiosa e come sempre personalissima. Ottima l'analisi dei testi.

Paranoidguitar (ha votato 10 questo disco) alle 10:28 del 15 dicembre 2008 ha scritto:

è una bomba

REBBY (ha votato 9 questo disco) alle 10:59 del 15 dicembre 2008 ha scritto:

Per me Lou Reed è uno degli ultimi dei sfuggiti

miracolosamente alla propria autodistruzione.

Il suo secondo album da solista lo riporta in vita verso un lungo ottimo percorso non ancora finito.

Grande vecchio!

Dr.Paul alle 14:59 del 15 dicembre 2008 ha scritto:

bel disco e bella recensione, secondo me reed il top lo raggiunge con transformer e berlin, dopo a me non convincerà piu, buoni lavori ma mai totalmente riusciti, eccetto r'n'r animal che è un live stratosferico. riguardo i suoni a me Ezrin non piace, tra berlin e the wall ne ha combinati di pasticci, ezrin rese ampollosi persino i kiss boh...

Paranoidguitar (ha votato 10 questo disco) alle 15:45 del 15 dicembre 2008 ha scritto:

RE:

mah di pasticci in Berlin ne vedo pochi. Berlin è il disco epocale di Reed, non c'è storia

loson (ha votato 8 questo disco) alle 15:53 del 15 dicembre 2008 ha scritto:

RE:

Anche perchè il suono di "Berlin" doveva essere ampolloso, e Erzin quello sa fare: gonfiare i suoni e renderli decadenti fino allo spasimo. Senza contare che in "Berlin" ci sono delle intuizioni spaventose, a livello di sound...

loson (ha votato 8 questo disco) alle 15:44 del 15 dicembre 2008 ha scritto:

Analisi perfetta e raffinata, che ha il pregio d'inquadrare l'opera nel contesto glam di quegli anni e di riconoscere il ruolo fondamentale avuto da Bowie e Ronson nella genesi dello stesso. Personalmente, trovo l'opera a tratti eccessivamente didascalica, anche se emozionante e in alcuni episodi epocale. Il vero capolavoro del Reed solista resta "Berlin", ma questo è ancora oggi un gran bel sentire.

DonJunio (ha votato 8 questo disco) alle 17:20 del 15 dicembre 2008 ha scritto:

Sono commosso, per una volta io e Matteo diciamo la stessa cosa. Dimmi pure che ami anche tu "Coney island baby" e ti sposo. Neanche io impazzisco per Ezrin come produttore, ma il modo cangiante e stratificato in cui giostra gli abissi di "Berlin" suona ancora oggi di un'altra categoria. A dirla tutta, i pasticci stanno caso mai qui, come nell'arrangiamento d'archi di "Perfect day" che il buon Simone ha diplomaticamente definito "discreto" invece di "paraculo" ( non a caso piace tanto agli sballati fan di "trainspotting" eheh).....

simone coacci, autore, alle 17:47 del 15 dicembre 2008 ha scritto:

Vi ringrazio, davvero, ragazzi. Lusingato.

Per quanto riguarda il responso critico, mi trovo, più o meno, sulla stessa lunghezza d'onda di Paul, Junio e Loson: al momento del voto, infatti, ho sperimentato una sorta di dubbio amletico fra cuore (ho comprato questo disco a 14 anni e per un anno intero l'ho ascoltato almeno una volta al giorno) e cervello (a sentirlo e risentirlo il valore estetico e concettuale, sopravanza per molti versi, quello musicale, che è tutto fuorchè trascurabile, eh, intendiamoci), tra 9 e 8. Alla fine ha prevalso il primo.

P.S: il crescendo è "discreto" nel senso che ti prende alle spalle, di soppiatto, e poi ti afferra la gola con un groppo, quando meno te lo aspetti.

Dr.Paul alle 21:00 del 15 dicembre 2008 ha scritto:

ma certo berlin è inattaccabile (quasi)...forse è lo "spasimo" di cui parla loson che non mi piace, ecco il mio disco non lo farei mai produrre a ezrin....piuttosto scott walker!!

Totalblamblam (ha votato 8 questo disco) alle 22:18 del 17 dicembre 2008 ha scritto:

Andy Warhol... Wharol che è? un sedativo

Questa rece è molto bella, il disco per me il migliore di Reed anni 70 (Berlin fa più Belin ma per colpa di Ezrin)

davidbowie_mangione (ha votato 10 questo disco) alle 17:58 del primo gennaio 2009 ha scritto:

Bellissimo

Bellissimo disco. la produzione di Bowie fa brillare questo capolavoro di zio Lou. Grazie a entrambi

benoitbrisefer (ha votato 9 questo disco) alle 23:24 del 6 gennaio 2009 ha scritto:

Lou Reed Transformer

Ottimo inquadramento del disco e recensione ineccepibile. Complimenti. Resto solo perplesso dalla mancata citazione fra i capolavori di Lulù di Coney Island Baby. Se Berlin rappresenta la tensione culturale verso il vecchio continente (ricordate European Son?), Coney Island Baby, ancor prima di New York (e forse meglio) riallaccia i legami con la grande mela. Solo per

la title track e per She's my best friend grande disco (e il resto non sfigura!!)

lev (ha votato 9 questo disco) alle 23:54 del 2 febbraio 2009 ha scritto:

e si che all'inizio mi sembrava un pò troppo asciutto. poi quando mi è entrato per bene nelle orcchie, non riuscivo più a toglierlo dal lettore. peccato solo per l'assolo di sax nel finale di walk on the wild side, fosse durato un pò di più, quel pezzo (già bellissimo) sarebbe stato ancora più bello.

Velvet 77 (ha votato 9 questo disco) alle 19:20 del 21 febbraio 2009 ha scritto:

Caro Coacci,mi permetto (perché se si recensisce ci vuole precisione) Viscius nasce da Wharol che disse a Lou che sarebbe stato opportuno scrivere una canzone su un tipo Viscius e Lou gli chiese: in che senso Viscius? e Wharol rispose "Viscius ti picchio con un fiore"

Velvet 77 (ha votato 9 questo disco) alle 19:28 del 21 febbraio 2009 ha scritto:

Perfect Day è tutta amara! il testo contrasta volutamente con la musica nosytalgica e colma di rimpianto...è un "finto" perfect day in quanto si riferisce alle uscite clandestine che Reed faceva a New York con Shelly Albin (quando lei era sposata) quando la loro storia era già finita.. è un uomo che rifrequenta la sua ex consapevole che l'amore originario dei tempi di Siracuse Universety non torneranno più ... ecco il rimpianto, il senso dell'ultima frase "raccoglierai ciò che hai seminato"(Shelly è stato il primo amore di Lou ed a ispirato tantissime canzoni tra cui Pale Blu Eyes)

Velvet 77 (ha votato 9 questo disco) alle 19:34 del 21 febbraio 2009 ha scritto:

ai mi bacchetto da solo ...ho richiamato la precisione e poi o scritto Viscius...Vicious ovviamente, faccio ammenda... è che se si scrive di fretta....comunque la recensione è fatta bene ...è che sono molto puntiglioso sull'analisi dei testi di Lou

Velvet 77 (ha votato 9 questo disco) alle 19:39 del 21 febbraio 2009 ha scritto:

Per Dottor Poul

Hai mai ascoltato nell'ordine:

1)Street Hassle (in particolare la title track)

2)New York

3)Songs for Drella con Jonh Cale?

senza polemica ma con uno sprono all'ascolto....sono capolavori assoluti e penso che dopo averli ascoltati converrai con me che Reeed non finisce con Rock and Roll animal!

simone coacci, autore, alle 19:53 del 21 febbraio 2009 ha scritto:

Caro Velvet ci sono diverse intepretazioni metaforiche e biografiche per ciascuno dei due testi che hai citato. Io non so quale sia la verità assoluta perchè non c'ero e non conosco nessuno dei protagonisti ho segnalato solo quelle che mi sembravano più calzanti ed opportune a descrivere l'atmosfera del disco.

Non mi sono inventato nulla.

Dr.Paul alle 8:04 del 24 febbraio 2009 ha scritto:

velvet77 hai un appunto da fare dovunque si parli di reed/underground, ho capito che sei un fan sfegatato, ma non c'è nessun premio da vincere x questo!!! riguardo i dischi che mi vuoi spronare ad ascoltare, li ho tutti originali col bollino siae!

Velvet 77 (ha votato 9 questo disco) alle 23:11 del 24 febbraio 2009 ha scritto:

RE:

hai ragione... è che quando sono entrato in questo sito...penso di averlo fatto con una vena polemica da strees che in realtà non mi appartiene...ma sto già cambiando il tiro...diciamo che ho avuto bisogno di un assestamento. ps.facciamo così annullo tutti i mie precedenti commenti polemici...sono l'ultimo che vuole insegnare qualcosa a qualcuno ciao

DucaViola (ha votato 9 questo disco) alle 8:10 del 21 luglio 2009 ha scritto:

Questo nel suo genere è un discone, asciutto e incisivo quanto basta per meritare a pieno il titolo di calssico glam. C'è dentro una grande lezione di stile... e Bowie ha dato la spinta finale.

galassiagon (ha votato 6 questo disco) alle 10:06 del 20 gennaio 2010 ha scritto:

brutto

Brutto e bello. Grandi pezzi e pezzi insignificanti. Lou Reed effettivamente è il peggiore , ma sa essere il migliore :

quindi è il rock'n'roll. Forse il disco è rovinato da Bowie

Totalblamblam (ha votato 8 questo disco) alle 18:44 del 4 maggio 2010 ha scritto:

RE: brutto

o forse no ... pensa a berlin e ezrin (che se avesse ascoltato solo qualche brano di weill o anche goodnight ladies certe cacate ops scusate cadute di stile non le faceva...ah ci fosse stato hal willner berlin sarebbe stato un vero monumento decadente e non l'ampolla cipolla decadente)

gigino (ha votato 10 questo disco) alle 18:02 del 4 maggio 2010 ha scritto:

epocale

Ottima recensione e soprattutto ottimo disco.

Come tutti i grandi capolavori,Transformer sfugge ad ogni classificazione, va al di là dei generi, ma nello stesso tempo "suona come già ascoltato". Disco di una raffinatezza unica, serio e goliardico nello stesso tempo.

Pietra miliare.

Totalblamblam (ha votato 8 questo disco) alle 18:34 del 4 maggio 2010 ha scritto:

bellissima rece...unico appunto da fare: il sax finale di walk on the wild side non è di bowie ma di ronnie ross con il quale bowie aveva preso qualche lezione in passato

simone coacci, autore, alle 18:43 del 4 maggio 2010 ha scritto:

RE:

Hai ragione. Hai fatto bene a segnalarlo. Sono andato a memoria: nel cd che avevo Bowie veniva accreditato ai cori e al sax, probabilmente un errore delle ristampe. E mio nel fidarmi.

galassiagon (ha votato 6 questo disco) alle 15:56 del 22 maggio 2010 ha scritto:

più ascolto sto disco più odio il giro glam di Bowie:

truccatevi il c...

DucaViola (ha votato 9 questo disco) alle 23:57 del 22 maggio 2010 ha scritto:

RE:

... ma che giro era quello di bowie?... cioè tipo Iggy pop, lou reed, t rex... e lui con la corona in testa? Tipo la p2?... o più tipo clan di celentano?... ah bè.

galassiagon (ha votato 6 questo disco) alle 22:01 del 23 maggio 2010 ha scritto:

...Ronson, Hunter,Visconti....insomma tutti quelli che giravano intorno a Bowie.

In questo caso Bowie e Ronson commettono lo sbaglio di cercare di trasformare il sound di Lou Reed in sound glam....lui non è Glam lui è solo rock'n'roll.

(A me Bolan piace comunque più di Bowie)

salvatore (ha votato 9 questo disco) alle 22:28 del 23 maggio 2010 ha scritto:

RE:

Credo che l'avverbio "solo" sia del tutto inappropriato per una personalità come Reed. Reed è R&R, Glam e tante altre cose...

DucaViola (ha votato 9 questo disco) alle 0:34 del 24 maggio 2010 ha scritto:

RE: RE:

sono pienamente daccordo... intuito, poesia, avanguardia... musica... lou reed !!!

galassiagon (ha votato 6 questo disco) alle 12:34 del 24 maggio 2010 ha scritto:

RE: RE: RE:

appunto rock'n'roll

Totalblamblam (ha votato 8 questo disco) alle 12:57 del 24 maggio 2010 ha scritto:

RE: RE: RE: RE:

che in essenza è glam-our: elvis, little richard, james brown, perfino chuck berry "lustrini e pailettes" anche loro

Totalblamblam (ha votato 8 questo disco) alle 13:00 del 24 maggio 2010 ha scritto:

RE:

ma transformer è più che sound glam (che buttata così è di una banalità e di una superficialità imbarazzante) cosa poi difficile da spiegare in poche parole visto che parte da radici lontane (la repubblica di weimar) e arriva al rock n roll...

Totalblamblam (ha votato 8 questo disco) alle 13:52 del 24 maggio 2010 ha scritto:

RE: RE:

non ho finito LOL bowie apre a reed la strada della decadenza europea (così poi ti spieghi berlin ma anche il live bataclan a parigi che puzza di meravigliosa decadenza come non mai), sposta il suo baricentro di scrittura-rock da un crudo realismo di stampo zoliano, diciamo così per intenderci, per un realismo più ambiguo e sfumato con tratti estetizzanti (non poteva essere diversamente)...per questo uno può scrivere di "glam rock" perché di "glam" non c'è nulla , c'è sostanza dietro, quella arty, che appunto crea i presupposti dell'analisi e della scrittura. ciò non avviene con il vero glam i mud i wizzard sweet slade suzi quatro gary glitter e infatti ancora oggi dopo tre decenni nessuno riesce a scriverne qualcosa di giudizioso e sensato intorno, a parte il lato folcloristico di pagliacci tristi e musicisti sfigati quale erano tali gruppi erano

Dr.Paul alle 14:17 del 24 maggio 2010 ha scritto:

quante chiacchiere, questo e berlin sono il miglior reed del decennio...mezza tacca dietro metto street hassle (i live discorso a parte)

REBBY (ha votato 9 questo disco) alle 15:25 del 24 maggio 2010 ha scritto:

Giusto, giusto. Il miosuo eheh primo album è stato

Rock & roll animal, in prima superiore, da li son

partito in diretta e risalendo sino ai VU.

Rimandiamolo pure il discorso sui live, ma quello

non può mancare!

Totalblamblam (ha votato 8 questo disco) alle 15:59 del 24 maggio 2010 ha scritto:

dr paul non snobbare coney che è un gran bel disco del lurido

benoitbrisefer (ha votato 9 questo disco) alle 17:33 del 24 maggio 2010 ha scritto:

bravo stokerilla

doverosa inclusione quella di Conan Island Baby fra il meglio Lou di sempre, come già sostenevo quasi un anno e mezzo fa in questa discussione (circa inizio 2009). E aggiungo, sicuro di scatenare qualche polemica, che qualche brano buono, pur in una certa confusione generale, ce l'ha pure The Bells!

gigino (ha votato 10 questo disco) alle 17:43 del 24 maggio 2010 ha scritto:

ma perchè sempre polemiche ?

La cosa che non sopporto nei "troppo competenti" è la voglia di rimettere in discussione fatti oggettivi ed ormai assodati. Ma come si fa a dire che Transformer è brutto solo perchè David Bowie ci ha messo un tocco glam ? Perchè fare sempre gli snob??? E poi con quale coraggio si afferma che il Lurido è alieno dal glam ???? Ma vi rendete conto ?? Uno che ha cominciato con la Pop Art non ha nulla a che fare con il glamour ???? Ma stiamo scherzando ???? Transformer è un gran bell'album ! Poi si può discutere su quale sia il migliore album, questo sì...

E secondo me, anche se live, il migliore è Rock And Roll Animal. Uno dei migliori live di tutti i tempi. Indiscutibilmente.

galassiagon (ha votato 6 questo disco) alle 9:41 del 25 maggio 2010 ha scritto:

Si, rock'n'roll animal è uno dei più bei Live di sempre.

Ma forse lo zampino di Bowie li non c'era(era una Live!), rimaneva la migliore band che Reed abbia mai avuto.

Il sound di Trasformer a me fa schifo Ok!!!

Se è Glam o no , a me fa schifo!

REBBY (ha votato 9 questo disco) alle 9:53 del 25 maggio 2010 ha scritto:

Ah, ma allora non è brutto e bello, ti fa proprio

schifo eh! E perchè gli hai dato 6?

Totalblamblam (ha votato 8 questo disco) alle 10:59 del 25 maggio 2010 ha scritto:

vero gli avesse dato 6.5 l'avremmo capito ...bello che in quel live trovi due tamarroni dell'alice cooper glam -hard rock live act

galassiagon (ha votato 6 questo disco) alle 9:36 del 26 maggio 2010 ha scritto:

RE:

I due tamarroni innanzi tuuto provenivano dai Frost eccelsa acid band di Detroit, ultimi esponenti del sound psichedelico dei sessanta. Se poi androno con Alice Cooper non è un male .

Mi riferivo all produzione di Trasformer molto bubblegum music comunque....terrrificante!

Ma 4 brani sono molto buoni, quindi il 6 ci sta.

Ma poi prendi Andy's Chest fatta dai Velvet e quella di Trasformer.....spiega tutto quello che intendo

Totalblamblam (ha votato 8 questo disco) alle 11:01 del 25 maggio 2010 ha scritto:

di conan c'è solo il barbaro buahbuuahahahha

benoitbrisefer (ha votato 9 questo disco) alle 22:21 del 25 maggio 2010 ha scritto:

Effettivamente alla settima Bud serale sarebbe il caso di smettere di scrivere commenti.....

W Coney il barbaro!!!

4AS (ha votato 7 questo disco) alle 16:04 del 28 maggio 2010 ha scritto:

L'aura di capolavoro che si è creata intorno a questo disco secondo me deriva dalla presenza di alcuni brani immortali che io stesso adoro e che sono entrati di diritto nella storia ("Perfect Day", "Walk On The Wild Side", "Satellite Of Love"). Ma complessivamente non riesco a dargli più di 7. Gli altri brani sinceramente li trovo solo piacevoli. Meglio "Berlin", album meno fruibile di questo ma dal punto di vista compositivo più raffinato. Cmq, a differenza dei Velvet Underground, nessun disco di Reed lo considero un vero e proprio capolavoro.

Totalblamblam (ha votato 8 questo disco) alle 16:32 del 28 maggio 2010 ha scritto:

come no talmente eccelsa che tutti noi la conosciamo sta bad eccelsa di detroit i frost...così frost che si sono ibernati nel dimenticatoio più assoluto...per te non sarà un male ma per me cooper è il male della pacchianeria teatrale...se poi mi dici che il sound di transformer è molto bubblegum o non capisci cosa significhi o vuoi solo provocare e allora riascoltati che so goonight ladies e poi vieni a raccontarci cosa ci sia di bubble gum sound in quel pezzo ...oppure ti prendi il dvd the making of transformer e di bubble ci trovi poco...inoltre prendi i pezzi dei VU rifatti in rock n roll animal e sono massacrati in chiavica hard rock che spiega tutto quello che intendo

galassiagon (ha votato 6 questo disco) alle 12:03 del 29 maggio 2010 ha scritto:

I pezzi dei Velvet su Rock'n'roll Animal sono incredibili, mai Lou Reed ha cantato così alla grande, soprattutto i'm waiting e white light, hnno un energia pazzesca (direi il miglior rock mi fatto quasi).

Alice Cooper (di cui ho buttato via un cd antoloigico per disgusto)ha il merito di avere un sound più bello della plastica glam tipo Mott the Hopple. Ecco per Trasformer intendo proprio il sound plastica. Bubblegum era forse sbaglaito come termine , soprattutto per persone così immaginative ah ah

J.J.FOX (ha votato 8 questo disco) alle 22:31 del 19 dicembre 2010 ha scritto:

Grande Lou, personalmente come album preferisco Rock N Roll Animal, ma in questo ci sono 2-3 pezzi monumentali...

dalvans (ha votato 8 questo disco) alle 15:35 del 23 settembre 2011 ha scritto:

Buono

Buon disco

Vito (ha votato 6 questo disco) alle 19:15 del 24 dicembre 2019 ha scritto:

Disco sopravvalutato con tre quattro classici e una serie di riempitivi indegni di simile autore.voto 6

Utente non più registrat (ha votato 6 questo disco) alle 20:56 del 24 dicembre 2019 ha scritto:

Ciao Vito, benvenuto. Per mettere i voti c'è da pigiare sulle stellette grigie