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6/10

Mirrors For Psychic Warfare

Mirrors For Psychic Warfare

Non abbiamo più bisogno di romanzi distopici, oggi. Non abbiamo più bisogno di creare lo spauracchio di un peggior mondo possibile. Non ci servono più nemmeno esperimenti di escapismo coatto – sui social network si uccide, Second Life è un relitto vetusto e gli occhiali di Google i suoi profeti. La realtà è peggiore di qualsiasi doppelgänger orwelliano. Siamo passati dal principio di non falsificabilità a quello di post-verità senza nemmeno passare dal via. I giornali fotografano e raccontano di un mondo che non esiste. Nemmeno le foto di un corpicino morto in riva ad un mare ostile in tempesta riescono a smuovere una scintilla di umanità. La società liquida si è sublimata a tal punto da cercare ostinatamente la propria ragione di essere in muri e barricate. Neri e musulmani americani votano per un candidato presidenziale che elogia il comportamento della polizia a Ferguson e sbatte fuori dai propri comizi donne colpevoli di indossare il ḥijāb. In tutto questo, l’Overshoot Day è divenuto il nostro unico, vero orologio biologico.  

Scott Kelly è un folksinger di spessore, l’inconfondibile voce dei Neurosis (recentemente tornati in pista con “Fires Within Fires”) e una delle anime tormentate del progetto Corrections House, in cui trova spazio anche il producer Sanford Parker (già nei Minsk). Mirrors For Psychic Warfare, che in questo limaccioso alveo sboccia e si alimenta, è la loro personale creatura in duo, annunciata dal 7” “The Oracles Hex” di un anno e mezzo fa. Drum machine, ugole straziate, chitarre ipercompresse, synth dell’oltretomba, catatoniche marce industrial-doom: in tre quarti d’ora va in scena una parata dell’orrore che non ha nulla da invidiare a Blasted di Sarah Kane. “I’ll Try You All” è la disperazione del loner, l’ululare ad una luna nera, sorda e cieca, mentre le chitarre (deprivate di ogni scheletro ritmico) macinano una statica serenata post-core da malato terminale. “CNN WTZ” è un panzer sludge – costruito su quattro riff di numero – che collassa su sé stesso, bombardato da urticanti radiazioni di fondo e frequenze disturbate. In “Oracles Hex”, gli arpeggi di chitarra acustica a cui si appiglia la voce di Kelly vengono divorati e nuovamente rigettati da un mostruoso Tetsuo della contemporaneità: la sottile inquietudine dark ambient della prima metà della lunga “A Thorn To See” viene poi sommersa da una maleodorante, colerica fanghiglia industriale, pervicacemente uguale a sé stessa (gli Scorn ringraziano). “43”, infine, allarga inizialmente il proprio grandangolo carpenteriano a sparse note di pianoforte che, da sole, erigono le fondamenta per un’esangue costruzione melodica (ridoppiata in seguito dalle mefitiche distorsioni chitarristiche e da brutali vocals harsh che subito fanno ritornare alla mente, forse non casualmente, “Sweet Love For Planet Earth”).

Si potrebbe obiettare che, stando ai due ottimi dischi della band madre, non c’era forse bisogno di un progetto parallelo che ne riprendesse pedissequamente le caratteristiche principali: ed in più di un momento, effettivamente, Mirrors For Psychic Warfare soffre di ridondanza. Ben difficilmente, tuttavia, riuscirete a trovare qualcosa che rappresenti meglio il 2016 del trasfigurato, assordante finale di “43”. Una dichiarazione di guerra nucleare, forse.

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