Palkosceniko al Neon
Lucas
E non è folle utopia, né una dura lezione / serve alta tensione, per la rivoluzione.
Per fare questa recensione ho aspettato fino allultimo. Ho aspettato perché sapevo, perché speravo. Ho dato unocchiata a Milano, Napoli, Cagliari, Trieste, Novara. Ho visto un popolo finalmente abbattuto, una massa di cagnolini storditi per la ferita del padrone, ed unaltra massa che festeggiava lennesima sconfitta, illusi di essere arrivati al traguardo, di potercela ora fare, non sapendo di essere sprofondati allinferno con gli eterni amici/nemici. Dai catorci del bipolarismo imperfetto made in 2011 esce fuori la vox populi, pardon, la box populi. Lindignatio troppo a lungo accantonata, vagamente cullata nellattesa di un innocuo verrà il giorno che , riesplode nelle piazze, su internet, dietro i megafoni, a Montecitorio. Populismo e popolarismo si piegano al sentimento, alla nobiltà ed alla forza delle idee vere, alla concretezza di una gioventù esasperata. La società italiana volta pagina e si avvia verso un nuovo, tumultuoso, straripante anno zero.
Solo il tempo sarà in grado di etichettare la riflessione iniziale come ulteriore chimera, da aggiungere al novero della lista sconfinata marchiata a fuoco dalla cosiddetta Seconda Repubblica, oppure conferirle grado e consistenza di veridicità. I toni sono politici perché politico è Lucas, e politici sono i Palkosceniko Al Neon. Di una politica diretta, essenziale, spietata, che non si vede, né sente più, confinata negli angusti spazi di un centro sociale qualunque (e magari liofilizzata per farne slogan a bassa gradazione) o tra le menti sparute di chi ci crede ancora, nella possibilità di un cambiamento. Ecco perché i romani, a seconda dellinquadramento della prospettiva, possono essere parafrasati come fuori tempo massimo, estremamente ingenui o inverosimilmente nostalgici. Tre opzioni, invero, viste modernamente una peggio dellaltra. È quindi essenziale porre un punto a capo: qui con la par condicio ci si pulisce il culo e lurlo di rabbia fa tremare veramente le finestre.
Arrivati al quinto disco in brevissimo tempo, a breve distanza dallultimo Disordine Nuovo del 2010, i Palkosceniko Al Neon non smarriscono la loro identità e, pane al pane vino al vino, tirano dritti per la loro strada. Pochi fronzoli, nessun panegirico introduttivo: lelettricità satura del tardo crossover del gruppo si sacrifica, ancora una volta, allimpatto e allimmediatezza. A tratti più hardcore (come nella tiratissima Brucia Di Vita, ottima cover dei mai dimenticati Negazione, o in Assetto Da Resa, attacco frontale vicino a primi Fluxus e Nerorgasmo), altrove più schiettamente metalcore (nel pulsare iniziale della bella apertura, con Cuore Di Cane, sino a finire dalle parti della superflua Disamore #2 e della cannonata di Intolleranza), il dazio, a tratti pesante, da pagare rimane sempre lo stesso: quello con i Linea 77 degli esordi. Le affinità musicali tra i due gruppi sono a tratti davvero troppo insistite non basta un micidiale riff old school per far decollare Autocontrollo, come nemmeno è sufficiente la maggiore strutturazione della title-track ed i suoi richiami ai Suicidal Tendencies e la sensazione di dejà vu è solo parzialmente attenuata dalle liriche, tizzoni ardenti in volo da una parte allaltra di un palco immaginario che fanno incendiare le assi con il loro estremo dinamismo schierato.
Passione incrollabile ed ostinata per la loro missione, un paio di brani come Alta Tensione #2 e Intervallo che si piantano nel cervello, una piccola fitta di delusione per il mancato balzo in avanti. Ciò che distingue le produzioni musicali dai recital poetici è la presenza di un impianto strumentale: e sarà su di esso che il lavoro, pur irreprensibile, dei Palkosceniko Al Neon dovrà focalizzarsi.
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