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R Recensione

7,5/10

Dialeto

Live with David Cross

Per preparare l’ascolto di questo disco ecco un piccolo catalogo di viaggi temporali. Si parte dai primi decenni del ‘900, quando il compositore ed etnomusicologo ungherese Béla Bartók diede vita al ciclo delle Danze popolari rumene, una raccolta di brani dal forte impatto ritmico e dalle inusuali soluzioni armoniche, per dedicarsi poi, una decina di anni dopo, alla composizione dei 153 brani racchiusi nei 6 libri del Mikrokosmos, nuclei tematici molto semplici basati su melodie popolari scritti con intento pedagogico.

Quarant’anni dopo, eccoci alla seconda edizione dei King Crimson, quelli con il violino di David Cross in formazione e la vena prog sperimentale di “Larks' Tongues in Aspic” e “Starless and Bible black” in piena esposizione.

Ed infine approdiamo ai giorni nostri. A São Paulo, Brasile, fanno base i Dialeto, trio power prog in azione dal 2006 dopo una precedente vita interrotta una decina di anni prima, composto oggi da Nelson Coelho chitarra, Gabriel Costa, basso e voce, e Fred Barley batteria.

Il loro “Bartók in Rock” dello scorso anno aveva colpito per inventiva e compattezza, riproponendo in idioma metal prog alcune composizioni del celebre autore classico, fino ad allora rimaste confinate in ambito colto.

La ripresa dal vivo di buona parte del disco, effettuata nel luglio 2017 nella loro città in compagnia del violinista ex Crimson David Cross, pubblicata ora con l’integrazione di un sostanzioso compendio di estratti d’epoca dalla discografia della band di Robert Fripp, moltiplica i pregi dell’operazione e qualifica i Dialeto come band di assoluta grandezza nel panorama rock contemporaneo.

Il registro è sempre tirato ai massimi livelli, a partire dalla iniziale rilettura delle tre “Roumanian folk dances” che aprono il disco, per arrivare all’agile struttura rock jazz delle “Six Dances in Bulgarian Rhythm II”, costruita intorno al nodoso basso di Costa. Ma è dal quinto pezzo in poi che la miccia accesa dal violino di Cross rende questa esibizione una vera e propria bomba. Una furia metal punk attraversa “Bulgarian Rhythm I”, con la combinazione di chitarra e violino elettrificato che inonda di lapilli metallici, seguita dall’alternanza di piani sonori di una “10 Easy Piano Pieces No. 5” che scolpisce in un granitico riff la melodia folk originale, e culminando nella discesa agli inferi di una “The young bride” ancor più gotica e viscerale dell’originale rilettura in stile Sabbath del disco in studio. Poi tocca ai King Crimson, ed è una delle migliori rivisitazioni/omaggio ascoltate di recente di (una parte) dell’epica cremisi (insieme a quella, autografa, del recente “Live in Vienna”), con “Exiles” dominata dal violino di David Cross e segnata dal devastante solo di Coelho, le crasi ed i crescendo di “Tonk”, frippiana composizione di Cross, le trame intrecciate chitarra/violino di “The talking drum” fusa con il tema di “Lark’s tongues”  presto debordante in una giungla di parossismi elettrici, la poesia e la follia di una “Starless” da ricordare.

Nonostante l’elevato potenziale energetico che attraversa l’esibizione, non si ha mai l’impressione di un’esibizione di tecnica muscolare fine a sé stessa: il beat implacabile della batteria, le corde del basso e quelle del violino e della chitarra sono orientati al disegno progettuale complessivo di ripercorrere con sguardo innovativo fonti originarie così lontane per epoca e linguaggio.

Consigliata un’immersione a volume sostenuto, in particolare quando sopravviene la nostalgia per i primi anni settanta di “Made in Japan” o “Live in Usa”.

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