Le Chiavi del Faro
Dentro
Quantè difficile sintetizzare, in poche parole concise, lesperienza dascolto di un disco come Dentro: nemmeno dovessimo trovare, nelluniverso, un parametro guida su cui poggi lAxis mundi! Strano ma vero. La strumentazione crossover, sempre in bilico tra vetusta megalomania e artistico senso della variazione: il cantato; linterplay minimale, ridotto quasi sempre allassetto da power trio, ma non per questo meno fantasioso; ancora il cantato; le impeccabili squadrature ritmiche su cui volteggia la chitarra; il cantato, già; quelle liriche dadaiste, evanescenti; e poi, naturalmente, il cantato. Ci siamo ripetuti? Questo è perché Le Chiavi Del Faro è un gruppo di ambivalenza assoluta. Lapproccio del blocco non mette a nudo specifiche problematiche: è poi il particolare come in tutti i gruppi particolarmente creativi ad essere spesso negletto, con il rischio, costante, di dissipare in un nulla invenzioni preziose ed intuizioni vincenti.
La formazione si presenta da sola, con leloquente Strage Dal Deserto posta strategicamente in apertura: la sei corde di Federico Uccellani che svaria liberamente fIREHOSE nelle strofe (con un pizzico dellhard rock che conta in fase solistica), basso e batteria in sinergia quasi-Primus (quasi, perché non si scorge nemmeno in lontananza lesaltazione tecnica di Claypool e compari) e poi, sciaguratamente, una voce in primissimo piano, a disegnare melodie roboanti ma in definitiva inconsistenti. Difficile raccapezzarsi: abbiamo appena ascoltato gli Incubus, LeSigarette!! o i Timoria? Perplessità a pieno carico col subentrare di San Complotto E La Rotella: botta novantiana in apertura, rallentamento graduale (perché questa volta sentiamo i Ritmo Tribale?) e arrembaggio chitarristico su cui cala il sipario. La combinazione tra impasto strumentale e armonie vocali si manifesta, a tratti, sotto forma di collisione (Sporchi): un disturbo di fondo sempre pronto, tuttavia, ad essere riassorbito, in brani che rassomigliano quasi a ritornelli stirati allinfinito (ma le finezze dei fraseggi e dei cambi di tempo in Rotula sono pregevoli) e in lenti di risibile incisività (leccessivo slancio lirico di Plastiche, LInventario). Il problema, se di problema si può effettivamente parlare, è che musica così dinamica richiederebbe tutto un altro approccio nel cantato: meno appariscente, probabilmente, ma anche più coraggioso, meno tradizionale. È una contraddizione in termini che impedisce a Dentro di spiccare definitivamente il volo: non basta stravolgere di funk il gradevole beat conclusivo di La Quasi Fine, reinventarsi Minutemen in Le Nuove Metriche e cercare disperatamente una quadra con lelettronica in Nomine.
Prevale lopinione che, se il disco fosse stato interamente strumentale, il giudizio sarebbe lievitato di conseguenza. Non che non sia unopzione vagliabile per il futuro, si intende.
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