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R Recensione

7/10

OZmotic

Elusive Balance

Primi artisti italiani a firmare per il catalogo principale della britannica Touch. Collaborazioni pregresse con, tra gli altri, Fennesz e Murcof. Un percorso a due cronologicamente giovane, ma originalissimo e già ricco di spunti, senza molti validi metri di paragone nell’Italia elettronica. Motivi per celebrare il terzo disco dei torinesi OZmotic, “Elusive Balance”, abbonderebbero oltre ogni limite. Chi scrive, da bravo alessandrino, sceglie di non abbandonarsi alle circostanze esterne, ma di rivolgersi all’interno, ad un brano della stessa tracklist, il migliore, “Hum”. Attacco soffuso, su di un drone multistrato pervaso da sottili fascicolazioni glitch: tra i flutti delle onde sonore riemergono, con sempre maggior chiarezza, i contorni spezzettati di un estatico kyrie, una candida apparizione corale irrigidita in armonie metafisiche degne di una produzione Glacial Movements; le voci si sovrappongono, si accavallano e sbocciano infine in un’emozionante, nuda ascensione polifonica. Una pagina di protoconservatorismo riletta con gli strumenti della contemporaneità: un lavoro che prende alle viscere e risveglia il cervello.

Per ammissione degli stessi Simone Bosco e Riccardo Giovinetto, “Elusive Balance” nasce nel tentativo di affrontare la vexata quaestio della mediazione fra natura e cultura, qui tradotta musicalmente nell’esigenza di far convivere fra loro strumenti analogici e processing digitale, lungo un flusso sonoro suddiviso in sette movimenti. Intenzioni adamantine sin da subito, con i bleep e i rintocchi dark ambient in slow motion della title track che si intersecano con un sax lirico à la Bohren & Der Club Of Gore, poi perfezionate nel taglio sinfonico di “Lymph” e nel climax rarefatto di “Pulsing” che, allo scattare di un rintocco metallico, vira verso una solitaria sonata noir pavimentata da beat minimal. “Being” sale ulteriormente di livello, decostruendo un fraseggio morphiniano all’ultimo stadio con sostenute sequenze ritmiche e inalazioni plunderfoniche. Ad insistere sul lato puramente elettronico del concept vi sono solo le backing tracks e i tunnel dell’orrore in reverse di “Insecting”, chiusura inaspettatamente acuminata quanto interessante per tempistiche e posizionamento.

Elusive Balance” è uscito ad inizio luglio: scelta del tutto dissennata per il tipo di immaginario che intende evocare – sebbene vada riconosciuto che vi sia dell’immota sacralità nella rovente, spettrale controra padana. Attutiti dal gelo e dal silenzio, tuttavia, queste composizioni acquistano un fascino sinistro che in condizioni normali non avrebbero avuto: e questo, mutatis mutandis, è l’ennesimo motivo per celebrare l’opera degli OZmotic, così italiani, così diversi da noi.

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