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R Recensione

7/10

RZA

The Man With The Iron Fists

Quella cinematica è sempre stata una componente fondamentale nella musica di RZA, semi-leggendario rapper e produttore nonché leader del Wu-Tang Clan, un tratto peculiare del suo stile. Più che un compositore, un vero e proprio regista e interprete di colonne sonore per film immaginari: un mosaico di suoni e fotogrammi ispirati ai b-movies degli anni 70 – western, film d’azione, di kung-fu, noir e polizieschi – e a musicisti come Morricone, Bernard Herrmann, John Barry e l’Isaac Hayes di “Shaft”. Naturale e persino scontato è parso, col passare degli anni e l’evolversi della sua carriera, il passaggio alla musica per film vera e propria che ha toccato i punti più alti, finora, negli splendidi scorci di partitura hip-hop per “Ghost Dog – Il Codice del Samurai” di Jim Jarmusch e la partecipazione a “Kill Bill” di Tarantino. Ed è proprio sotto l’egida di quest’ultimo che “The Razor” sembra voler chiudere virtualmente il cerchio di questa predisposizione artistica, debuttando come regista e interprete del suo primo lungometraggio (reale, stavolta, non immaginario) intitolato “The Man With The Iron Fists”. Una pellicola prodotta dal regista di “Pulp Fiction” e sviluppata, a partire da un soggetto originale dello stesso RZA, dal suo discepolo Eli Roth (“l’Orso Ebreo” con la mazza da baseball di “Inglorious Basterds”, già regista di “Hostel”), con i nomi di Lucy Liu e Russell Crowe che spiccano nel cast principale. Un film che ha debuttato nelle sale americane il 2 novembre di quest’anno, senza incantare né critica né pubblico ad onor del vero, e per il momento inedito in Italia.

Migliore accoglienza tocca, invece, alla corrispettiva e omonima soundtrack, anch’essa prodotta da RZA e Tarantino (immancabile la dicitura “Quentin Tarantino presents…”), il cui gusto per certe sonorità vintage è proverbiale e si nota soprattutto nella scelta delle cover, e articolata in maniera abbastanza convenzionale, più legata alla forma canzone che ad un vero proprio tema, singoli episodi musicali tratti o ispirati al film, simile ad una selezione di scene montate a ritmo di videoclip.

Un aspetto questo che se, paradossalmente, rende l’opera meno “cinematografica” rispetto ad altre dello stesso autore, non si riflette in modo negativo sulla qualità dei pezzi. La scrittura di RZA, anche in virtù di una fitta e prestigiosa rete di collaborazioni (dai Black Keys a Kanye West, dal Wu-Tang Clan al gran completo a Pusha T, da Talib Kweli a Corinne Bailey Rae), sembra ritrovare una certa ispirazione e risollevarsi sia dalle secche dei più recenti lavori solisti che dalla diaspora di uscite semiufficiali dell’ultimo Clan. “The Man With The Iron Fists” è un disco che non regala grandi sorprese ma offre, ai neofiti come agli appassionati, un discreto (ed originale) compendio della carriera del musicista di Staten Island, più alcune chicche che vanno ad arricchire il suo già invidiabile song-book di autore-produttore.

L’opener “The Baddest Man Alive”, ad esempio, è proprio come te l’aspetti: blues-rap strumentale, di spalla i Black Keys, che introduce la figura del protagonista e ricorda da vicino il progetto Blakroc di qualche anno fa. E così pure l’orientaleggiante “Black Out”, fra blaxploitation e arti marziali, è l’antipasto agli anthem più riusciti e Wu-oriented, nei quali RZA schiera l’intero Clan in formazione da battaglia: “River Of Blood”, innanzitutto, con l’apertura morriconiana e gli staccati martellanti della chitarra elettrica doppiati dai fiati sgranati che sbuffano come un treno in corsa (coproducono ed eseguono i BADBADNOTGOOD: splendido trio rap strumentale canadese già noto per i loro lavori con Tyler, The Creator e Frank Ocean), “Built For This” (con un Method Man sempre all’altezza della sua fama), la ritmica nodosa e irregolare di “The Archer” e “Six Directiond Boxing” beat ad orologeria che esplode sui flanger della chitarra resa più affilata dall’accompagnamento funk dei fiati. E se “White Dress”, a quattro mani fra Kanye West e un RZA in versione Bobbi Digital, è un brano di rilascio, morbido e patinato (non a caso il primo singolo estratto), “Just Blowin’ In The Wind”, giro electro anni 80 e rappato horrorcore e caricaturale, aggiunge un tocco sci-fi fra il carpenteriano e il moroderiano.

Le variazioni più significative arrivano da brani raffinati come “Get Your Way (Sex Is A Weapon”, sexy rap ammantato di sospiri e mugolii soul e sospinto da un memorabile giro di basso su una base ovattata e minimale, firmato ancora dai BADBADNOTGOOD ed eseguito in duetto dagli Idle Warship (cioè il rapper Talib Kweli e la cantante Res), l’ingegnosa “Tick, Tock”, giro acustico quasi folk-prog, ritmica punteggiata tutta di charlie e rullante e un bel parterre vocale con Pusha T, Raekwon e la grande promessa indie Danny Brown, l’esotica “Green Is The Mountain”, blaxploitation cantonese interpretata in lingua madre dalla cantante di Honk-Kong Frances Yip (una che in Cina è più famosa di Madonna) e la struggente, rabbiosa “Chains” piano-blues femminile alla Etta James della britannica Corinne Bailey Rae, cantautrice black di enorme talento, già candidata al Mercury Prize.

A completare la scaletta una bella cover e un ripescaggio soul, entrambi dalla collezione privata della Stax, in cui c’è verosimilmente lo zampino di Tarantino: “I Forgot To Be Your Lover”, vecchio successo di Booker T. Jones e William Bell, qui riproposta in una versione maschia e vibrante dal cantante Tre Williams e dal girl-group The Revelations, e “Your Good Thing (Is About To Come To An End)”, versione originale del brano scritto da Isaac Hayes e David Porter per Mable John (che fu la prima cantante ad incidere per la Motown, ma che conobbe il successo, proprio grazie a questo pezzo, con i “rivali” della Stax).

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 3 voti.
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rdegioann452 (ha votato 8 questo disco) alle 10:41 del 8 dicembre 2012 ha scritto:

eccellente colonna sonora. le canzoni migliori: tick tock, the baddest man alive e I go hard. segnalo che la tracklist è sballata.

simone coacci, autore, alle 18:06 del 8 dicembre 2012 ha scritto:

Errore corretto. Grazie della segnalazione.

Franz Bungaro (ha votato 7,5 questo disco) alle 10:39 del 16 maggio 2013 ha scritto:

A me questo sodalizio tra "nuove" colonne sonore di "ex"-b movies e hip pop piace, ma proprio assai...e quando ho scoperto che in Italia il Maestro Micalizzi aveva fatto la stessa cosa con la band che considero al top del nostro Hip pop, sono andato in un brodo di giuggiole! Questa di RZA è cmq una cosa molto ben fatta! Grazie Simone per le coordinate che memorizzo per andare avanti!

simone coacci, autore, alle 15:30 del 16 maggio 2013 ha scritto:

Figurati, grazie a te Franz. Il Micalizzi formato hip-hop ha dato vita a brani interessanti, in effetti, oltre a pregevoli riletture degli originali anni 70.

Franz Bungaro (ha votato 7,5 questo disco) alle 15:55 del 16 maggio 2013 ha scritto:

Il progetto Micalizzi-scena hip pop romana (Gli Originali) mi piace, peccato che (credo, potrei anzi vorrei sbagliarmi) non sia stato mai prodotto niente su supporti musicali, solo un DVD per Groove Magazine, dal quale credo sia stato tratto il video che ho postato. Per il Micalizzi rilettore di se stesso, sono un pò meno d'accordo con te. Preferisco di gran lunga le sue colonne sonore originali (Roma a mano armata, La banda del gobbo, ma poi tutte alla fine) che le sue ultime produzioni, specie quelle con le Big Bubbling Band...per carità tutte cose bellissime, ma il suono che ne viene fuori è troppo patinato, con molta eco e goliardia, che veramente mi fanno venire alla mente una fantomatica orchestra di Demo Morcelli che suona Micalizzi. Ragion per cui preferisco gli originali, o i contemporanei fedeli alla linea originale (Calibro ovviamente!).

simone coacci, autore, alle 16:09 del 16 maggio 2013 ha scritto:

Anni fa era uscito un cd intitolato "Cult 'n Colt Cinema 70", con la Big Bubbling Band. Me lo spedirono in promo e lo recensii per un altro sito. C'erano collaborazioni sia con rapper (Turi) che con cantanti e jazzisti di buon nome. Ricordo in particolare una bella versione del tema di "Trinità" cantata da Mario Biondi.

Franz Bungaro (ha votato 7,5 questo disco) alle 16:35 del 16 maggio 2013 ha scritto:

cerco di recuperarlo allora...stai troppo avanti tu Simone, almeno di 4 anni rispetto a me, che invece l'ho scoperto da pochissimo...e pensare che sti film li vedeva solo mio zio che nelle cene d'estate in giardino, birrone ghiacciato e canottiera tesa sulla pancia, si alienava dal gruppo e piazzata la tv sul tavolino di legno, dopo buoni 5 minuti a sintonizzare l'antenna (mediamente su rete4) si rifugiava in questo mondo, concedendo al massimo qualche ghigno di soddisfazione per una rissa finita bene... Zio, avevi ragione te!

simone coacci, autore, alle 17:49 del 16 maggio 2013 ha scritto:

Ahahah, eh beh da bambini Bud & Terence erano il top. Un po' i supereroi del cinema comico italiano.