RZA
The Man With The Iron Fists
Quella cinematica è sempre stata una componente fondamentale nella musica di RZA, semi-leggendario rapper e produttore nonché leader del Wu-Tang Clan, un tratto peculiare del suo stile. Più che un compositore, un vero e proprio regista e interprete di colonne sonore per film immaginari: un mosaico di suoni e fotogrammi ispirati ai b-movies degli anni 70 western, film dazione, di kung-fu, noir e polizieschi e a musicisti come Morricone, Bernard Herrmann, John Barry e lIsaac Hayes di Shaft. Naturale e persino scontato è parso, col passare degli anni e levolversi della sua carriera, il passaggio alla musica per film vera e propria che ha toccato i punti più alti, finora, negli splendidi scorci di partitura hip-hop per Ghost Dog Il Codice del Samurai di Jim Jarmusch e la partecipazione a Kill Bill di Tarantino. Ed è proprio sotto legida di questultimo che The Razor sembra voler chiudere virtualmente il cerchio di questa predisposizione artistica, debuttando come regista e interprete del suo primo lungometraggio (reale, stavolta, non immaginario) intitolato The Man With The Iron Fists. Una pellicola prodotta dal regista di Pulp Fiction e sviluppata, a partire da un soggetto originale dello stesso RZA, dal suo discepolo Eli Roth (lOrso Ebreo con la mazza da baseball di Inglorious Basterds, già regista di Hostel), con i nomi di Lucy Liu e Russell Crowe che spiccano nel cast principale. Un film che ha debuttato nelle sale americane il 2 novembre di questanno, senza incantare né critica né pubblico ad onor del vero, e per il momento inedito in Italia.
Migliore accoglienza tocca, invece, alla corrispettiva e omonima soundtrack, anchessa prodotta da RZA e Tarantino (immancabile la dicitura Quentin Tarantino presents ), il cui gusto per certe sonorità vintage è proverbiale e si nota soprattutto nella scelta delle cover, e articolata in maniera abbastanza convenzionale, più legata alla forma canzone che ad un vero proprio tema, singoli episodi musicali tratti o ispirati al film, simile ad una selezione di scene montate a ritmo di videoclip.
Un aspetto questo che se, paradossalmente, rende lopera meno cinematografica rispetto ad altre dello stesso autore, non si riflette in modo negativo sulla qualità dei pezzi. La scrittura di RZA, anche in virtù di una fitta e prestigiosa rete di collaborazioni (dai Black Keys a Kanye West, dal Wu-Tang Clan al gran completo a Pusha T, da Talib Kweli a Corinne Bailey Rae), sembra ritrovare una certa ispirazione e risollevarsi sia dalle secche dei più recenti lavori solisti che dalla diaspora di uscite semiufficiali dellultimo Clan. The Man With The Iron Fists è un disco che non regala grandi sorprese ma offre, ai neofiti come agli appassionati, un discreto (ed originale) compendio della carriera del musicista di Staten Island, più alcune chicche che vanno ad arricchire il suo già invidiabile song-book di autore-produttore.
Lopener The Baddest Man Alive, ad esempio, è proprio come te laspetti: blues-rap strumentale, di spalla i Black Keys, che introduce la figura del protagonista e ricorda da vicino il progetto Blakroc di qualche anno fa. E così pure lorientaleggiante Black Out, fra blaxploitation e arti marziali, è lantipasto agli anthem più riusciti e Wu-oriented, nei quali RZA schiera lintero Clan in formazione da battaglia: River Of Blood, innanzitutto, con lapertura morriconiana e gli staccati martellanti della chitarra elettrica doppiati dai fiati sgranati che sbuffano come un treno in corsa (coproducono ed eseguono i BADBADNOTGOOD: splendido trio rap strumentale canadese già noto per i loro lavori con Tyler, The Creator e Frank Ocean), Built For This (con un Method Man sempre allaltezza della sua fama), la ritmica nodosa e irregolare di The Archer e Six Directiond Boxing beat ad orologeria che esplode sui flanger della chitarra resa più affilata dallaccompagnamento funk dei fiati. E se White Dress, a quattro mani fra Kanye West e un RZA in versione Bobbi Digital, è un brano di rilascio, morbido e patinato (non a caso il primo singolo estratto), Just Blowin In The Wind, giro electro anni 80 e rappato horrorcore e caricaturale, aggiunge un tocco sci-fi fra il carpenteriano e il moroderiano.
Le variazioni più significative arrivano da brani raffinati come Get Your Way (Sex Is A Weapon, sexy rap ammantato di sospiri e mugolii soul e sospinto da un memorabile giro di basso su una base ovattata e minimale, firmato ancora dai BADBADNOTGOOD ed eseguito in duetto dagli Idle Warship (cioè il rapper Talib Kweli e la cantante Res), lingegnosa Tick, Tock, giro acustico quasi folk-prog, ritmica punteggiata tutta di charlie e rullante e un bel parterre vocale con Pusha T, Raekwon e la grande promessa indie Danny Brown, lesotica Green Is The Mountain, blaxploitation cantonese interpretata in lingua madre dalla cantante di Honk-Kong Frances Yip (una che in Cina è più famosa di Madonna) e la struggente, rabbiosa Chains piano-blues femminile alla Etta James della britannica Corinne Bailey Rae, cantautrice black di enorme talento, già candidata al Mercury Prize.
A completare la scaletta una bella cover e un ripescaggio soul, entrambi dalla collezione privata della Stax, in cui cè verosimilmente lo zampino di Tarantino: I Forgot To Be Your Lover, vecchio successo di Booker T. Jones e William Bell, qui riproposta in una versione maschia e vibrante dal cantante Tre Williams e dal girl-group The Revelations, e Your Good Thing (Is About To Come To An End), versione originale del brano scritto da Isaac Hayes e David Porter per Mable John (che fu la prima cantante ad incidere per la Motown, ma che conobbe il successo, proprio grazie a questo pezzo, con i rivali della Stax).
Tweet