R Recensione

7,5/10

The Dears

Times Infinity Volume One

Primo di un’accoppiata di dischi divisa, nella pubblicazione, tra 2015 e 2016, “Times Infinity Volume One” segna il definitivo ritorno dei The Dears alla forma, dopo il già discreto “Degeneration Street” (2011): la band di Montréal capitanata dalla coppia Murray Lightburn/Natalia Yanchak ritrova il piglio sfatto e romantico, orchestrale e tenebroso, delle loro cose migliori – il capolavoro “No Cities Leftin primis, dentro il quale non sfigurerebbero alcuni dei brani contenuti qua.

I canadesi suonano un baroque pop dalle tinte scure, assieme noir e lirico, per cui nella celebrazione dell’amore infinito si insinuano continue note funebri, al punto che la conclusione, nell’epica mortigna cantata dalla voce di cristallo della Yanchak in “Onward and Downward”, può essere un anthemico «in the end we’ll all die alone» (con seguito di archi e fiati, e solo di sax, a decorare le esequie) che solo i Dears e pochi altri potrebbero cantare con questo trasporto e una sfondo di tragica ironia. “Face of Horrors”, apice del disco, si muove, con il suo organo bieco e la chitarra horror davvero, tra i Pulp di “This Is Hardcore” e scintille glam spente nelle ceneri di un rogo decadente, lanciando il romanticismo lacerato e corale di “Hell Hath Frozen In Your Eyes”. Trio finale splendido.

Ma tutto l’album, arrangiato secondo i canoni lussureggianti che i Dears avevano già sfoggiato nei loro dischi migliori, mostra la raffinatezza di una band che continua a suonare nell’ombra e per l’ombra, con i santini degli Smiths e dei Divine Comedy accanto, disperanti ma vivi (la frenesia ornata dal synth e il beat incalzante di “We Lost Everything”), pieni di un pathos a tinte forti capace però di confluire in una marcetta blasfema in minore che gli ultimi Blur invidierebbero assai (“I Used to Pray for the Heavens to Fall) e pronti a flirtare con i colori seppia, come hanno imparato (anche da loro?) i Timber Timbre (“To Hold and Have”, il cui finto attacco dà un’impressione di carillon inceppato perfetto per il pezzo).

Non infastidiscono i momenti di autocitazione (“Here’s to the Death of All the Romance”, che cita la “22: the Death of All the Romance” contenuta in “No Cities Left”), coerenti nel percorso di una band che non ha mai nascosto il proprio orgoglioso senso di grandezza. Se altrove la cosa poteva creare effetti di auto-affossamento, qua risulta più che lecita, perché il disco è un gran bel disco, a cui l’ombra alla quale sarà probabilmente destinato confluisce ulteriore fascino.

Il volume due arriverà a inizio 2016. Inattesa attesa.

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 2 voti.
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REBBY 7,5/10

C Commenti

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REBBY (ha votato 7,5 questo disco) alle 12:55 del 6 febbraio 2016 ha scritto:

"A cui l'ombra alla quale sarà probabilmente destinato confluisce ulteriore fascino". Troppo ottimismo Fra, è quasi oblio. La tua sembra l'unica recensione in italiano sul web, ma anche guardando al di fuori dei nostri confini non è che la situazione migliora di tanto (il metascore di Metacritic, ad esempio, al momento si basa solo su 4 critics e neppure un user).

You pimp a butterfly eheh

target, autore, alle 14:59 del 6 febbraio 2016 ha scritto:

Eh, è un caso di rimozione piuttosto interessante. A suo tempo "No cities left" e "Gang of losers" avevano ricevuto una certa quantità di consensi. Ma capisco che ora queste sonorità non vadano più; capisco che dopo altri due dischi nel complesso piuttosto dimenticabili si venga dati per bolliti. Spero che questo oblio non scoraggi i Dears dal pubblicare il Volume Two: questo Volume One rimane nella mia top ten del (ricco) 2015. E i Dears una band a cui mi riesce difficile non volere un gran bene.

Tu l'hai ascoltato, Reb?

REBBY (ha votato 7,5 questo disco) alle 21:44 del 6 febbraio 2016 ha scritto:

Si, oggi, una volta, anche se non con attenzione (mentre cucinavo). Mi sono fidato del tuo consiglio e mi sono procurato il CD (ho cercato anche Daniel Knox, ma quello non riesco proprio a trovarlo. Un aiutino sui msgpvt eheh?). Non sembrava male, ascolterò con più attenzione prossimamente.

REBBY (ha votato 7,5 questo disco) alle 19:15 del 11 giugno 2016 ha scritto:

Del volume two ancora nessuna traccia. Per il resto confermo quello che scrive Francesco. Siamo solo in due, ma siam tosti eheh

target, autore, alle 23:57 del 11 giugno 2016 ha scritto:

Forse il totale fallimento in sede critica e commerciale di questo volume 1 sta facendo rallentare i tempi? Voglio dire, i Beach House si possono permettere di pubblicare due dischi in due mesi. Forse i Dears no.

Ma noi gli vogliamo bene lo stesso; anzi, di più. (E questo disco, ai mesi, regge eccome).