V Video

R Recensione

7,5/10

Blood Orange

Cupid Deluxe

Da Lightspeed Champion Blood Orange il percorso di questi anni del londinese Devonté Hynes (nato però a Houston, e ora di stanza a New York) si è mostrato in ascesa trasformistica, sia per stile (in termini di look, ma soprattutto in quanto a estetiche: dal punk danzereccio dei Test Icicles, il nostro passerà ad un folk-power pop dalla produzione americana nel progetto lightspeed, giungendo di recente ad poroso electro pop macchiato '80s) sia per qualità di quanto proposto. 

Rimangono ad ogni modo costanti a garantire una certa fedeltà interna all'artista: la devozione per Michael Jackson ad esempio, proiettata in coreografie (eleganti e insieme bizzarre) di taglio minimalistico (sullo sfondo, una New York non certo gatsbiana); il look (seppur cangiante) di studiata (ma insieme spontanea) naiveté suburbana - geniale e insieme raccapricciante il tocco vintage dei suoi cappellini da baseball; la riluttanza ad esibirsi live col proprio materiale e l’amore per le collaborazioni.

Risultato di un disagio giovanile (la fuga da Londra per la grande mela, a vent’anni) o no, certo è che l’atteggiamento al contempo introverso (intellettuale), scenico (appariscente) e androgino di Hynes rappresenti, nei fatti, la sua marcia in più. Che gli ha consentito, nell’ultimo periodo, di entrare a far parte di molti meccanismi tangenti il mainstream (la produzione di “Losing to You” di Solange; quella con Sky Ferreira, in “Everything is Embarassing”; il contributo dato, tra gli altri, a Florence + Machine Chemical Brothers)

La macchina scenica messa in piedi per “Cupid Deluxe” (uno come Tonetta non rimarrà certo deluso dalla copertina), seguito di "Coastal Grooves" del 2011, si svela nel suo complesso equilibrio di originalità autopoietica e apertura verso l'esterno. L’opener “Chamakay” (malinconia da esotismo melodico) è un electro pop passionale che si impone sulle traiettorie vocali (tra il pop più modulato e il soul-R’n’B ripiegato) di Caroline Polachek - leader dei Chairlift. Brano (eccelso, uno dei tre apici del disco) di apertura che è occasione sia per la restituzione di una (personalissima) gestalt jacksoniana (e, negli innesti carnali, anche la figura di Prince la si evocherà di tanto in tanto lungo il disco), quanto per un ritorno dell'artista alle origini, ossia in quellaGeorgetown (Guyana) terra dei suoi avi materni - durante le riprese del video diretto da Kindness.

E tra un piglio funkyup-tempo, in senso Nile Rodgers (“You’re Not Good Enough”, con la compagna Samantha Urbani dei Friends) e varie commistioni con un sophisti pop dosato (“Uncle ACE”), il sound di Cupid Deluxe risplende di luce propria anche quando, ambiziosamente, calca verso certo synth pop corale (“Chosen”, sempre con la Urbani) o partorisce miscele afro tropicali (“No Right Thing”, con Dave Longstreth dei Dirty Projectors). È quella con l’hip hop, a conti fatti, l'ibridazione meno a fuoco (“High Street”, "Clipped On"); meglio, così, quando Dev Hynes punta tutto su strutture electro tribali avvolte da strati di melodia pop e R’n’B (“It is What it Is”; l'intensità sexy e accorata di "On the Line"(secondo apice): da qualche parte tra un funky flessuoso, il melodismo tenue di certi bozzetti di Random Access Memories e le frustrate ritmiche dei New Order). Hyves, non la si legga come nota negativa, che vocalmente interpreta con una portata soul R'n'B particolare e mai troppo enfatica, mostrando in questo senso come il suo background, la sua formazione, gli inizi, siano stati altro rispetto a questi generi/attitudini - lo si è detto in precedenza.

Chiude il sophomore (un'incredibile) “Time Will Tell” - grave nei beat e nelle sincopi, commovente nel contrappunto di piano, estatica per trama avorio.

Un disco, “Cupid Deluxe”, che dimostra come ad oggi Blood Orange sia, a ragione, la prima scelta nella schiera di progetti e alter ego di Mr Hyves.

Album fondamentale di questa ultima parte dell'anno.

V Voti

Voto degli utenti: 7,2/10 in media su 5 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
target 7,5/10
fabfabfab 7,5/10
REBBY 5/10
Cas 8/10

C Commenti

Ci sono 14 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

target (ha votato 7,5 questo disco) alle 12:58 del 29 novembre 2013 ha scritto:

Bel disco, sì. Al limite black di dove arrivo con gli ascolti, ma mi piace - direi - per intero. Due postille personali: 1) quante collaborazioni fa la Polachek? La chiamano tutti, caz. E si capisce anche perché. Non me la sciupino, però (qua co-canta il pezzo migliore). 2) carina la cover di "I Can Only Disappoint U" dei Mansun (qua diventa "Always Let U Down"), ma l'originale resta superiore. Scelta, però, da lodare. E visto che Mauro (ottimo, come al solito) non la cito, la piazzo qua accanto, che male non fa!

Sor90 alle 14:50 del 29 novembre 2013 ha scritto:

Si anche a me, che ascolto poco del genere, è piaciuto. Molto bello il singolo "Chamakay". 100 punti solo per la cover dei Mansun, che però è un po' troppo ripetitiva.

hiperwlt, autore, alle 20:23 del 29 novembre 2013 ha scritto:

Grazie Targ

Giusto il riferimento a "I Can Only Disappoint U" e ai Mansun, che ho dimenticato di inserire. Sarà che, insieme ai due pezzi che incontrano l'hip hop, è un altro episodio che mi è scivolato di dosso. Il resto, lo ribadisco, è superbo; ultimamente "On the Line" (il motivo è di una purezza commovente) se la gioca alla pari con "Chamakay" e "Time Will Tell" (che comunque rimane, secondo me, l'apice), Questo per dire che, oltre alla brillante Polachek (come lasci intendere), anche quella di Samantha Urbani è una voce la quale, potenzialmente, credo possa (da ora) rendere al massimo nelle collaborazioni

salvatore alle 20:49 del 29 novembre 2013 ha scritto:

"Chamakay" e "Time Will Tell" sono bellissime. "On the Line" non saprei perché sul tubo non l'ho trovata. Poco male: la recensione (splendidamente molinariana) e i due brani ascoltati impongono l'ascolto

salvatore alle 20:53 del 29 novembre 2013 ha scritto:

La copertina, in quanto a bellezza, se la gioca con quella dei Trust

hiperwlt, autore, alle 21:07 del 29 novembre 2013 ha scritto:

Giuro di aver fatto lo stesso riferimento ai Trust (e a Tonetta, anche qui), su fb Vai Salvo, se ti conosco molto ti piacerà ps: ahahah recensione molinariana no, non si può sentire Grazie mille!

salvatore alle 0:22 del 30 novembre 2013 ha scritto:

Ascoltato. Mi conosci. Mi piace

La bella notizia della giornata, comunque, è il ritorno di miss Horne

loson alle 13:24 del 30 novembre 2013 ha scritto:

Tripletta iniziale gran bella (insuperabile Chamakay, tra le canzoni "luvabili" dell'anno), e splendono pure On The Line (giustamente definita "accorata") e la cover dei Mansun, deliziosamente negra ma non troppo e, soprattutto, parecchio "sophisti". Il resto nella media ma si lascia ascoltare con piacere. Lui sta elaborando un linguaggio tangenziale tra indie e mainstream che rischia di contagiare parecchi. Bravo Mauro, siamo sulla stessa lunghezza d'onda.

fabfabfab (ha votato 7,5 questo disco) alle 23:50 del 12 dicembre 2013 ha scritto:

Al minuto 3:55 di Chamakay stavo piangendo... è una meraviglia. Gran paraculo, ma grandissimo pezzo davvero, uno dei più belli dell'anno.

target (ha votato 7,5 questo disco) alle 12:06 del 18 dicembre 2013 ha scritto:
Franz Bungaro alle 12:49 del 18 dicembre 2013 ha scritto:

...sembra lo scenario che ispirò Robert Smith per Pitcures of you...

hiperwlt, autore, alle 18:29 del 18 dicembre 2013 ha scritto:

Brutta roba, povero Hynes; è "marginale" rispetto al disastro nell'insieme, ma considerando che (letto nelle interviste) scrive e compone in continuazione, chissà quanto materiale sarà andato perso.

fabfabfab (ha votato 7,5 questo disco) alle 23:56 del 18 dicembre 2013 ha scritto:

Madonna che tristezza. Povero cagnetto.

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 15:39 del 17 giugno 2014 ha scritto:

un recupero doveroso, da parte mia. gran bel disco!