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R Recensione

7,5/10

Hindi Zahra

Homeland

Protetti dagli schermi dei loro computer, ci sono ancora dei soggetti in grado di sostenere che (cito testualmente) "gli africani sono geneticamente inferiori dal punto di vista intellettivo, lo dimostra il fatto che noi nel 1300 abbiamo inventato il clavicembalo mentre loro suonano ancora le zucche vuote". Vorrei davvero prolungarmi sull'analisi psicologica di questi rifiuti dell'umanità, la cui zucca  è sicuramente piena di sterco di piccione e che ignorano quanto antica sia l'arte (musicale e non solo) del continente più antico del mondo. Non lo faccio perché il mio e il vostro tempo è un bene prezioso che non possiamo sprecare tentando di insegnare l'alfabeto alle capre. Lasciamo che seguano ciecamente il proprio pastore sui prati di Busto Arsizio.

Hindi Zahra è franco-marocchina. Nel senso che è nata a Khourigba (Marocco) e all'età di quindici anni si è trasferita a Parigi. Tre anni dopo ha trovato lavoro al Louvre e contemporaneamente ha iniziato a scrivere e suonare la propria musica. "Homeland" è il successore del fortunato esordio "Handmade", che avevamo definito "meticciato culturale tipico del sud della Francia, nel quale le tradizioni berbere si fondono col sofisticato patrimonio di culture francese". 

Sebbene il punto di partenza sia lo stesso di "Handmade", "Homeland" riesce ad evolvere il discorso musicale di Hindi Zahra in due direzioni opposte: da un lato il "ritorno a casa", e quindi il recupero definitivo (diciamo "meno occidentalizzato" ma è difficile da spiegare) delle sonorità berbere, dall'altro la convergenza verso un segmento molto sofisticato della canzone francese. La sensazione di musica "fatta a mano" del primo disco (che ci aveva suggerito accostamenti azzardati con Manu Chao) viene superata da un approccio più completo e professionale, riconsegnandoci un'artista consapevole e matura. In questo, l'iniziale "To the Forces" porta su una nuova dimensione le chitarre desertiche dei Tinariwen o di Bombino, grazie al cantato in inglese e ad una vena melodica che si muove agilmente tra le sponde del Mediterraneo. Questo superamento dei limiti geografici permette a Hindi Zahra di mettere in musica dei piccoli capolavori, che si arrampicano sulle Ande ("La Luna" fa venire brividi caldi), si perdono nel deserto ("Cabo Verde"), giocano con la bossa ("Can We Dance") e con il dub ("Dream") fino a sconfinare nel sud degli Stati Uniti ("The Blues"). Il punto di arrivo è la Francia, perchè la "casa" di Hindi Zahra adesso è in Europa, ed ecco che compaiono ballate da jazz-club ("Silence"), passaggi acustici fragili e ultraterreni (c'è l'anima di Beth Gibbons nei registri vocali di "Broken Ones") e buoni tentativi di compiutezza pop ("Any Story").

"Homeland" è la splendida rappresentazione del Mediterraneo come terra di incontro, di scambio e convivenza. E' un concetto di "patria" esteso e includente. Sappiamo che la realtà non è questa, ma la musica serve proprio a nutrire l'immaginazione. E - perchè no - la speranza.

V Voti

Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 1 voto.
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gull 7,5/10

C Commenti

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Paolo Nuzzi alle 10:42 del 7 maggio 2015 ha scritto:

Lo segno. Dannato Codias. Ripasserò per il voto

gull (ha votato 7,5 questo disco) alle 15:49 del 20 giugno 2015 ha scritto:

Arrivo in ritardo, lo sto ascoltando in questigiorniinmezzoallagloriaoallafine. Notevolissima lei. notevole, note nota no, si, certo, ce l'ho.

fabfabfab, autore, alle 15:50 del 20 giugno 2015 ha scritto:

gull, tutto bene?

gull (ha votato 7,5 questo disco) alle 16:46 del 20 giugno 2015 ha scritto:

Sto studiando, alla mia veneranda età sto studiando, cristosantosonofuso. Meno male che Hindi mi accarezza con la sua voce sensuale.

LucaJoker19 alle 17:20 del 20 giugno 2015 ha scritto:

me lo segno assolutamente

gull (ha votato 7,5 questo disco) alle 18:04 del 6 luglio 2015 ha scritto:

Ed ora che ho finito di studiare posso anche votarlo, visto che è stato il sottofondo costante delle ultime settimane sui libri. Concordo con il 7,5 dato da fabfabfab, il quale deve essere felice del fatto che potrei trasferirmi per alcuni mesi nella sua città: nel caso un tour dei negozi di dischi (del negozio di dischi?) te lo chiederei senz'altro!