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7/10

Là-Bas

Là-Bas

Là-Bas si intitolava un romanzo del decadente Huysmans. Laggiù lo si dice con un po’ di incanto e una certa dose di malinconia, magari evocando posti lontani. Sicché il nome pare quello giusto per questa band torinese al debutto ufficiale su disco, nonostante la carriera ormai decennale. Non a caso li ha voluti nel roster della propria etichetta Fabio de Min dei Non Voglio Che Clara, con i quali numerosi sono i punti di contatto, a partire dalla patina cantautorale ripiegata e un poco schiva. L’Italia dell’intimismo resistente.

Sospinti dalla voce di Matteo Gorgoglione, disadorna fino a toccare qua e là i confini del parlato, ma sempre in sintonia con la marginalità provinciale delle atmosfere, gli undici pezzi del disco si muovono con un passo leggero, spesso sui registri dell’elegia e sui colori di un autunno costante. Così “Le Ore Contrarie” dai temi del ricordo parte per un crescendo da pelle d’oca, ben reso da un testo che, come negli altri casi, passa disinvolto dalla cadenza letteraria al riferimento pop, filtrato da uno sguardo sensibile e doloroso che lascia il segno («io negli occhi della gente vedo solo la fatica»).

Dove questa vocazione crepuscolare è ben assecondata dagli arpeggi di chitarra o dal piano (qua, come altrove, lo suona proprio de Min) si gode assai, tanto dove arrivano sapori folk più tradizionali (“Io e Gabriella”, con fisarmonica), quanto dove si aggiungono violoncello e ritornelli agrodolci (“Anice”), tra consonanze coi Perturbazione (“La Sera”) ed echi dei Diaframma (“La Fine dei Romanzi”, Chiara dixit), o su tappeti strumentali più spessi che rispolverano le introversioni dei primi Giardini di Mirò (“Mezzi Nudi Al Mare” è il drifting borghese con viaggio di nozze di una "Trompso is ok").

E sempre, intanto, si sta in bilico tra un ritrosia da sconfitta e una propria forma malinconica di forza («noi abbandonati sui prati da un po’ / tra vecchi cancelli cedevoli e chiari»), tanto che, suggeriscono i Là-Bas in chiusura, “Bisogna Avere Carattere”, su una melodia in minore accompagnata dalla tromba. Si tratta pur sempre, sotto sotto, di «scappare lentamente» da qualcosa. Prezioso che un elogio disilluso della grazia arrivi con una voce così chiara.

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