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R Recensione

7,5/10

Plantman

Whispering Trees

La bellezza della semplicità. Quante volte si abusa di questo concetto. Quella meraviglia nell’osservare come pochi elementi perfettamente concepiti possano esprimere un’idea con più forza di tanti elementi ridondanti. Per quanto abusato, è perfetto per descrivere un tipo di musica come l’indie-pop, che della semplicità fa il suo cavallo di battaglia (o dovremmo dire pony di battaglia?). Semplice non vuol dire privo di sovrapposizioni e stratificazioni, vuol dire che tutto funziona naturalmente, senza fatica, che tutto suona perfettamente al proprio posto, che le melodie sono delle piccole filastrocche sotto forma di note.

E’ ciò che avviene in questo Whispering Trees, le cui canzoni crescono come piante infestanti e avvolgono come i rami stregati degli alberi in copertina.La voce di Matt Randall è quella limpida e rassicurante di un vecchio amico, mai sopra le righe o spenta, perfetta nel raccontare i bozzetti folk che in pochi minuti si disegnano a tinte pastello nelle nostre orecchie.

Calde e sonnolente, le canzoni scorrono accompagnate da una batteria mai invadente, che resta sullo sfondo e da organi e archi che donano un’atmosfera autunnale. E’ così che si apre il disco, con le melodie sussurrate di “Away with the sun” e “Spirit or spell”.

Poi, dai mid-tempo primaverli come la title track a cavallo fra college rock e le stratificazioni del folk anni 00’s, allo scampanellio Sufjan Stevensiano di “The Bitter Song”, passando per il gentile stomp folk di “Dove Tail”, il quadro si arricchisce di colori. Altrove guida la chitarra, fa eco la voce sulla stessa semplice e deliziosa linea melodica (“Stickman”), hooks fanno capolino all’improvviso come in “May (Safe Hearts)” che quando sembra aver raggiunto una circolarità alla Real Estate viene rilanciata da un (nuovo) ritornello.

Qua e là le canzoni si ammantano di una nebbia dreamy; “Crackles” vive del corpo datole dall’organo e dalle percussioni scalcinate, “Lunaria” è una marcia onirica dalla spiccata sensibilità pop. “Vini” è una marcetta invernale impreziosita da soffici synth.

Da qualche parte fra Simon & Garfunkel e Nick DrakeSleep On a Cloud”, tremendamente dolce e il gusto vagamente orientale di “Melodica Forest” impreziosiscono la tracklist di atmosfere vintage.

C’è da restare ammaliati dagli arrangiamenti perfettamente calibrati, note di pianoforte cristalline, armoniche che danzano sulle chitarre talvolta scarne e acustiche talvolta ricche di riverbero. Come la ragazza in copertina c’è da farsi rapire da queste quindici canzoni ed entrare in un mondo fatto di semplicità e calore.

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 4 voti.
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salvatore 8,5/10

C Commenti

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salvatore (ha votato 8,5 questo disco) alle 17:11 del 17 dicembre 2013 ha scritto:

Dai, mi avevi fatto spaventare... 7,5 è un voto di tutto rispetto!

Inutile aggiungere altro alla esaustiva recensione (forse solo un riferimento - scorto sul web e che io condivido pienamente - per gli East River Pipe, meraviglioso gruppo della Sarah Records), tanto più che per dischi come questo non c'è bisogno di troppe parole. Un album che non ha bisogno di effetti speciali per lasciare il segno perché punta tutto sulla scrittura - lineare, pulita e melodicamente spettacolosa - di ogni singolo brano. Nella mia top 10 del 2013, senza alcun dubbio.

Sor90, autore, alle 17:39 del 17 dicembre 2013 ha scritto:

Ahah beh fra 8.5 e 7.5 c'è un po' di differenza! ma da utente un 8 glielo avrei anche dato

Grazie comunque... Guarda gli East River Pipe ci possono stare si, ma non conoscendoli molto bene non li ho inseriti proprio esplicitamente, anche se un piccolo riferimeto c'è (dovrò recuperarli, ad ogni modo). Nella mia top 10 c'è già finito, in buona posizione e ottima compagnia

nebraska82 (ha votato 7,5 questo disco) alle 14:49 del 22 dicembre 2013 ha scritto:

disco molto gradevole, oltre a simon and garfunkel mi hanno ricordato anche i primi belle and sebastian,"sleep on a cloud" la migliore...ottima la recensione!