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R Recensione

6/10

Wild Nothing

Nocturne

Jack Tatum si è ripulito, ahimè. Non tantissimo, ma quanto basta per smarrirsi. Dettaglio quantomeno ironico, se si pensa che analoghe operazioni di cleaning sonoro sono state, sono e saranno alla base di decisive rivelazioni in ambito pop (fra coloro che ne hanno beneficiato in misura esponenziale, ai giorni nostri, Ariel Pink resta forse il caso più eclatante). Nel qui presente "Nocturne", al contrario, la grandezza che fu del precedente "Gemini" non viene nemmeno sfiorata, pure se gli ingredienti di base del songwriting restano (quasi) gli stessi. Perchè, sì, si sente che Tatum ha approfondito lo studio dei Cure (specie nel timbro della "solista" con annesso balbettio alla Robert Smith), sacrificando, in un perverso sistema di pesi e contrappesi, la componente Wake, ma complessivamente il ventaglio delle influenze non ha certo subito drastici rimaneggiamenti. A tradire il musicista virginiano stavolta è l'organizzazione di suono e arrangiamenti, oltre ad una tracklist di valore tendenzialmente modesto.

Già, anche la scrittura non decolla: idee melodiche tirate troppo per le lunghe (cioè più di quanto consenta il loro potenziale), canzoni che arrivano a metà strada già col fiatone, altre che semplicemente non partono. A Tatum - qui per la prima volta accompagnato da una band vera e propria - non riesce il miracolo di cui sono stati capaci (o beneficiari?) i Real Estate sul "Days" dell'anno passato (giusto per citare un altro fra i più riusciti lavori di rielaborazione del versante indie-pop di derivazione '80s), ossia di reiterare gli intrecci chitarristici senza sforzo apparente, come in un trance lucido, esaltando il nitore dell'interplay e rinnovando, di volta in volta, "gli angoli di ripresa" mediante l'infittirsi di voci e fraseggio. Tutto nella pulizia più assoluta. Uno dei punti forti di "Gemini" era, al contrario, la vischiosità, la granulosità dell'immagine: liquido amniotico dove gli strumenti vegetavano, persi nel fondo, per poi emergere, improvvisamente, con un astuto gioco di zoom o primi piani appena accennati.

Restano pochi i momenti davvero apprezzabili di "Nocturne": una briosa Shadow (di gran lunga il brano migliore del disco, quasi un esercizio di variazioni sul canovaccio armonico di Out Of Tune, sempre a firma Real Estate), la Title Track, i pizzichii al nylon della notevole Through The Grass, The Blue Dress col suo drumming inistito e le nudità wave in bella vista. Belle canzoni, non c'è che dire. Però di canzoni superbe come Confirmation, The Witching Hour o Our Composition Book non v'è traccia, e far finta di non vedere - o non sentire - mi è impossibile. Soprattutto, era la sensazione di elegante precarietà (precarietà curata al millimetro, da non confondersi con sciatteria) a imprimere le tracce di "Gemini" in cuore e cervello, come se le sue immagini mosse e in perenne black & white acquisissero lo status di rivelazione. In "Nocturne" le impalcature sono belle stabili, si è lavorato sulla messa in sicurezza, ma l'aver placato le tensioni ha lasciato campo libero alla monotonia del disegno, alla sua prevedibilità. Dispiace dover constatare un passo falso, ma questo è il parere di chi scrive. Auguriamoci che la defiance non sia tale da minare alle fondamenta l'edificio Wild Nothing, e che Tatum ritrovi presto la strada di casa: il mondo (!) ha ancora bisogno di lui.

V Voti

Voto degli utenti: 6,6/10 in media su 6 voti.
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target 5,5/10
4AS 6,5/10
mavri 8/10

C Commenti

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salvatore alle 12:40 del 3 agosto 2012 ha scritto:

Che brutta notizia, questa! Le aspettative erano alte (basti pensare che Gemini, dal giorno della sua uscita, è sempre rimasto sul mio I Pod)...Conto di ascoltarlo prestissimo, per poi tornare su queste pagine

target (ha votato 5,5 questo disco) alle 14:40 del 3 agosto 2012 ha scritto:

Nessuna parola da aggiungere a un Los quanto mai severo-ma-giusto. Anzi, io sarò pure più severo, perché si arriva a fine disco davvero con troppa fatica, e conservando soltanto "Shadow" come episodio di godimento. Per il resto, sì, qualche bel momento da wannabees dei Real Estate, ma senza la gloriosa e lucida malinconia di "Days", e poche idee: il camaleontismo dream pop di "Gemini" è diventato qua compitino senza infamia e senza lode...

4AS (ha votato 6,5 questo disco) alle 13:14 del 7 agosto 2012 ha scritto:

La nebbiolina dell'esordio (quasi) scompare, il suono si è fatto più cristallino. Forse manca il pezzo che fa la differenza, però è un disco gradevole, giusto per l'estate.

nebraska82 (ha votato 5,5 questo disco) alle 14:45 del 5 dicembre 2012 ha scritto:

anche per me un passo indietro rispetto a gemini, speriamo che sia stato solo un incidente di percorso.

Jacopo Santoro (ha votato 7 questo disco) alle 16:38 del 2 ottobre 2015 ha scritto:

Riascoltato di recente: non sarei così severo. Talvolta quella "rielaborazione del versante indie-pop di derivazione '80s" è creata in modo magistrale. Un pezzo come "Through the grass", forse anche perché legato alle maledette memorie personali, mi emoziona sempre.

Sor90 alle 16:44 del 2 ottobre 2015 ha scritto:

Sono tre anni che ascolto questo disco e continua a piacermi. Forse perchè ho scoperto Wild Nothing con questo, infatti Gemini mi piace decisamente di meno.

Jacopo Santoro (ha votato 7 questo disco) alle 17:36 del 2 ottobre 2015 ha scritto:

Mi trovi concorde, Vito. Per me casuale scoperta, ma immediata, ed epidermica attrazione. Però ora chiudiamo lo scrigno dei ricordi, va', che è meglio...