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R Recensione

9/10

Elton John

Tumbleweed Connection

C’è stato un tempo in cui Elton John era giovanissimo, capelluto, timido e riservato, ingenuamente innamorato del sogno americano tanto da dedicare ad esso quest’opera piena di chitarre acustiche e di riferimenti storico culturali, con tanto di saloon in copertina e lui vestito casual (!) ed appoggiato alla parete d’ingresso. La sua immagine presto imbolsitasi, la sua eccentricità controproducente, la sua annacquata prolificità ne hanno compromesso l’appeal presso gli appassionati di musica, ciò non toglie che Elton rimanga uno dei più grandi canzonieri d’ogni tempo, con all’attivo almeno una quindicina di melodie epocali.

In questo disco, il terzo della sua carriera che lo vede ancor ventitreenne, niente fa una piega: songwriting superlativo e vario, voce stentorea e salda, pianismo brillante e compatto, bellissimi testi del socio Bernie Taupin, competenti arrangiamenti orchestrali dell’altro collaboratore Paul Buckmaster: Soprattutto, una vena pop ancora tenuta al minimo, non per altro a suo tempo l’album ebbe un successo solo discreto.

Anche perché manca l’hit single, la canzone epocale, quella che si è ad esempio rivelata nel tempo la “Your Song” del disco precedente. Meglio così, “Tumbleweed Connection” è un disco di Elton John farcito di belle canzoni, nessuna famosisssima, da cui perciò ciascuno può serenamente estrarre la sua preferita. Io non ci riesco stabilmente, a volte propendo per quella “Love Song” cantata insieme all’autrice, la sua corista Leslie Duncan: una situazione inaudita in cui Elton canta solamente, non componendo e non suonando neanche una nota di pianoforte. Sopra il mirabile arpeggio di acustica di Leslie le due voci si armonizzano su di una melodia folk struggente e indimenticabile, un gioiellino lontanissimo dagli standard per cui Elton è universalmente noto, un episodio da fare invidia ai migliori Simon & Garfunkel.

Ma che dire della corposa “Burn Down The Mission”, abbondante eppur perfetta composizione con momenti lirici ed altri trascinanti, con un pianismo che ha fatto scuola, dinamicissima e appagante nei suoi pieni orchestrali alternati con il gioco del pianoforte solista. In questo duello al vertice vi è poi anche “Amoreena”, buffo titolo per una ballata mirabile che procede singhiozzante nelle strofe per poi librarsi in un refrain gustoso e forte.

Molti propendono invece per il quasi pop di “Where To Now St.Peter?”, dotata di uno sviluppo melodico fantastico e di presa immediata, adornata dalla particolare efficacia negli interventi del suo chitarrista del tempo, Caleb Quaye, un mulatto con uno stile personale e creativo, specie col pedale wah wah (Caleb quasi subito lascerà la musica per seguire la sua vocazione spirituale e diventare pastore protestante...).

Non mi ha invece mai del tutto convinto la “Country Comfort” spesso segnalata come vertice di questo lavoro, un episodio con un atteggiamento americaneggiante un poco di maniera. Mi ha invece sempre convinto l’ennesima perla intimista e melodica che sta in posizione n° 5, “My Father’s Gun”: fa parte della serie di canzoni introspettive e malinconiche (attenzione: senza l’antipatico e piagnone manierismo eltoniano degli anni novanta!) di cui quest’opera è piuttosto cosparsa, essendo della stessa risma anche le ottime “Come Down In Time” (che suggestiva voce!) e “Taking All Soldiers” (che melodia!).

C’è stato un tempo in cui i dischi di Elton John contenevano quasi tutte canzoni di livello. La proverbiale prolificità dell’artista non si riverberava sulla media qualitativa dei suoi album e “Tumbleweed Connection” sta lì a dimostrarlo, contenendo almeno sette brani bellissimi.. Ben presto non è stato più così e fra i suoi molti lavori, dalla seconda parte degli anni settanta in poi, bisogna andare con il lanternino a cercare la perla in mezzo a tanta inutilità. Se si “mette su” questo disco e si rimuovono i cattivi pensieri che suscita l’immagine bolsa e antipatica, adornata da finti capelli ed altre improbabili mise, del cantante compositore e pianista in questione, il piacere è assicurato.

V Voti

Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 11 voti.
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REBBY 6,5/10
alvin 10/10
Disorder 8,5/10
krikka 2,5/10

C Commenti

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dalvans (ha votato 5 questo disco) alle 17:35 del 23 settembre 2011 ha scritto:

Modesto

Modesto

suzuki1971 (ha votato 9 questo disco) alle 15:01 del 6 febbraio 2012 ha scritto:

POMERIGGIO TARDI A PRIMAVERA

Un album preziosissimo perchè non contiene hit ma un mood intimo e sincero che solo un ragazzo talentuosissimo e ancora umile avrebbe potuto fare (in buona compagnia del suo paroliere). Atmosfere quasi pastorali, la bellezza di una donna che ti siede vicino in un saloon sperduto d'america e ti regala due ore di piacere assoluto, e poi via, perchè così è la vita e le cose belle durano poco.

alvin (ha votato 10 questo disco) alle 11:08 del 28 ottobre 2012 ha scritto:

Insieme a Madman Across The Water è sicuramente il miglior Elton di sempre.

Canzoni superlative, produzione di Gus Dudgeon perfetta e arrangiamenti orchestrali di Paul Buckmaster semplicemente fantastici.

L'epopea del vecchio West vista da Elton John e Bernie Taupin.

Disco fondamentale nella discografia di Elton e della storia del rock.

ThirdEye (ha votato 9 questo disco) alle 4:07 del 20 gennaio 2013 ha scritto:

Che dire, a parte l'inutile debut "Empty Sky", fino a "Captain Fantastic" quest' artista è riuscito a non sbagliare mai un colpo, dischi di POP maiuscolo. Poi....stendiamo un velo pietoso! Quando ascolto quei dischi dei primi '70 nella mia mente fingo che sia un omonimo della vecchia, capricciosa milionaria checca isterica che conosciamo oggi.

Totalblamblam (ha votato 7 questo disco) alle 17:09 del 20 gennaio 2013 ha scritto:

mah caribou è un cesso totale: due pezzi decenti e il resto da liquame. per non dire che un disco perfetto non l'ha mai messo a segno (ci sono sempre dei riempitivi) anche perché costretto per contratto a sfornare 7 album in tre anni se ben ricordo. anche captain fantastic ha una produzione alla abba leccata e mielosa.

Ekphrasys (ha votato 9 questo disco) alle 15:21 del 21 aprile 2013 ha scritto:

Credo che Elton John sia l'unico artista Pop (o rock?!) ad avere inanellato 5 album uno più bello di quello che lo aveva preceduto...Da "Empty Sky" (ancora acerbo, ma con le struggenti "Skyline Pidgeon, Lady "What's Tomorrow" e "It's Me that You need"), "Elton John" del 1970 (che farà dire a John Lennon che LUI era la cosa migliore in Inghilterra dopo i Beatles), "Tumbleweed connection", "Madman across the water", "Honky Chateau", "Don't shoot me", "Goodbye Yellow Brick road"...Che per me è l'ultimo vero GRANDE disco di Elton...Ne farà ancora un paio validi, ma non su questi livelli...

Ora, la statistica non è il mio forte, ma credo non sia esistita una "Rock Star" (o pop star, che ce frega) che in 7 album non ne ha fatto uno da insufficienza... Penso, che so a "Hendirx" (ma Bold as love è debole), i doors (Se non fosse per Soft parade), Led Zepplin (se non fosse per Houses of the Holy) e potrei continuare...Nemmeno i Pink Floyd, i Crimson o i genesis....

E chi OSA accostarlo a Billy Joel è da coercizione ceciosa, legato, imbavagliato a sentirsi a loop i 5 detti album del maestro...

Utente non più registrat (ha votato 7 questo disco) alle 13:24 del 22 ottobre 2020 ha scritto:

Come suonerebbero i Beatles se avessero preso lezioni dalla Band? Come in questo disco! Ma ciò sarebbe riduttivo per descriverlo. Devo ammetterlo, 'sto frocione aveva una voce pazzesca e un talento da songwriter cristallino - il fatto poi che tutto ciò quasi raramente si è tramutato in qualità vera della proposta musicale è un altro discorso. Disco di tutto rispetto.