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R Recensione

8/10

Hüsker Dü

Candy Apple Grey

Ricordi gli Hüsker Dü? La storia del trio di Minneapolis che emancipò il norvegese negli States è nota come quella della piccola fiammiferaia di Andersen. Tutti i vecchi e giovani virgulti cresciuti cantando “… Never cared about me. Only wanted to be your friend, now I know that it's gotta end. Never cared a thing about me… And now, I will… I will never forget you…” conoscono l’importanza rabbiosamente naif di “Zen Arcade”, il romantico sussidiario per sanguinanti adolescenti che nella melma dell’edonismo reaganiano ribollivano di santissima frustrazione.

I compari Mould e Hart, in comunione col bassista Greg Norton dal 1978, furono la testa d’ariete che sfondò i portoni angusti dell’hardcore americano anni Ottanta, quando il vecchio punk iconoclasta scopriva urgenza sociale con il collo taurino del guerriero Henry Rollins e la velocità supersonica di un Greg Ginn da jukebox all’idrogeno. La cifra stilistica degli Hüsker Dü cominciava a delinearsi già nei fragori inediti dell’EP “Metal Circus”, germi di un futuro prossimo che raschiavano impazienti dal fondo nero al grido “eccoci, siamo i vasi di coccio nei vostri verdi giardini dell’American Way Of Life, siamo i drop-out che dormono tra i cartoni sporchi nelle periferie dei Wal-Mart e McDonald’s”. Una nuova speranza che alimentasse giorni migliori (“New Day Rising”) era dietro la porta, bisognava battere forte il pugno e crederci anche se la vita spesso somiglia a un fottuto scherzo.

Gli Hüsker Dü non predicavano il gratuito nichilismo da “grande truffa rock’n’roll” di Malcolm McLaren ma volevano colpire il cuore del problema negli emarginati senza voce: le sensibili corde dell’emotività “core” oltre il consueto e antagonista suono muscolare “hard”. Poi nel marzo 1986 arriva l’autoprodotto “Candy Apple Grey”, la band di culto firma per la major Warner dopo il glorioso periodo alla SST, che scandalo, che giuda capitalisti questi sfigati Mould, Hart e Norton col nasino fuori dal dogmatico recinto alternative, no ma allora vogliono proprio farci fessi, ed io che spernacchiavo mio zio con il suo patetico patentino rock ottenuto grazie al vinile di Brothers In Arms”. E invece i tre riformisti dell’hardcore USA erano riusciti ancora una volta a fregarci. Che diamine. Scrivi “Crystal” e l’urlo represso di Bob Mould ti scava dentro, immerso in vorticosi saliscendi noise, o sorprende con scarne gemme acustiche (l’accorata “Too Far Down”). Grant Hart, il Macca della situazione, è quello che spara cartucce di malinconico pop elettrico (il super-singolo “Don’t Want To Know If You Are Lonely”, l’introverso piano dell’intensa e dolceamara “No Promise Have I Made”, “Sorry Somehow”) e inocula nell'organismo distorti Byrds college-rock (“Dead Set On Destruction”, cosa saranno tra poco i R.E.M. di “Document”).

Non vi basta? Album di onesta transizione? Provate a dimenticare “I Don’t Know For Sure”, il solito Mould incazzato con l’universo e con se stesso che prova a razionalizzare acide melodie di chitarre grattugiate, dimenticate la struggente nudità dei sogni spezzati di “Hardly Getting Over It”, una ballata triste e ferita con piccoli arabeschi di tastiera a pesarti il piombo della sofferenza che porti nell’anima. Troppo puro, troppo vero, e chi se ne importa se oggi piove e nelle strade è sceso il buio: dimenticate le promesse portate via dal vento, abbassate il finestrino della vostra rugginosa Fiat e mentre attraversate i dossi di una solitaria extraurbana abbaiate al mondo “All This I’ve Done For You”, per sempre.

… Now I'm a little bit older, and I'm not a hell of a lot wiser… So I've gotta sit down and contemplate it…

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inter1964 8,5/10

C Commenti

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Utente non più registrato alle 17:11 del 24 dicembre 2010 ha scritto:

disco molto bello, il perfetto anello di congiunzione tra gli husker sst e quelli della maturità col capolavoro warehouse. ottima recensione. don't want to know if you are lonely, no promise have i made e hardly getting over it pezzi immortali.

benoitbrisefer (ha votato 8 questo disco) alle 12:00 del 27 dicembre 2010 ha scritto:

Se tutti i "tradimenti" musicali generassero queste perle....

FrancescoB (ha votato 7 questo disco) alle 14:32 del 27 dicembre 2010 ha scritto:

Bel disco, che a distanza di anni si ascolta ancora volentieri. Al di là dei mutamenti di stile, la capacità di scrivere pezzi indimenticabili è sempre rimasta la stessa.

nebraska82 (ha votato 8,5 questo disco) alle 10:00 del 17 settembre 2017 ha scritto:

Qui c'è già tutto l'indie-rock degli anni 90. Forse l'unico disco della band di Minneapolis in cui nella eterna rivalità tra Mould e Hart prevale quest'ultimo, le migliori canzoni sono le sue. R.I.P.

FrancescoB (ha votato 7 questo disco) alle 20:46 del 17 settembre 2017 ha scritto:

Oggi alzerei il voto: la discografia degli Husker Du è valida (anzi, straordinaria) in toto. Questo lavoro inizialmente mi sembrava meno brillante - al cospetto dei capolavori che l'hanno proceduto - ma con il tempo è cresciuto vertiginosamente. "Hardly Getting Over It" è fra le power ballad più intense che ricordi. Oggi sarei dalle parti dell'8.

zagor alle 10:25 del 18 settembre 2017 ha scritto:

splendida "hardly getting over it". Mould e Westerberg avevano il dono raro di scrivere queste ballate commoventi senza mai scadere nel patetico.

FrancescoB (ha votato 7 questo disco) alle 22:49 del 18 settembre 2017 ha scritto:

D'accordissimo. Due cantautori di caratura impareggiabile prestati al punk, forse i più bravi in assoluto (con Mascis) nell'incorporare la sensibilità autorale dentro le strutture del nuovo rock. E due fra gli autori di ballate più grandi di sempre: come giustamente dici, intensi e toccanti senza scadere nel patetico. Diciamo che entrambi sono una buona ragione per rimpiangere l'epoca d'oro del rock alternativo, un momento irripetibile per mille ragioni diverse.

woodjack alle 10:08 del 18 settembre 2017 ha scritto:

E Warehouse come lo trovate? non andando molto d'accordo con sonorità troppo furiose è il mio preferito, mi pare che l'ispirazione melodica sia rimasta intatta fino alla fine.

zagor alle 10:27 del 18 settembre 2017 ha scritto:

ottimo. c'è forse qualche filler ma in un doppio lp ci sta...brani come "these important years" e "she floated away" sono da manuale del songwriting. Avevano perso logicamente la furia supersonica degli esordi, ma mica potevano fare land speed record in eterno lol.