Architecture In Helsinki
Moment Bends
Quattro anni sono passati dallultima fatica in studio (Places Like This, 2007) degli australiani Architecture In Helsinki. Poco è rimasto del mio iniziale entusiasmo per quel disco, accolto allepoca con eccessiva eccitazione certamente dovuta allonda lunga di quel capolavoro di artigianato pop che rispondeva al nome di In Case We Die (2005).
Lex ottetto australiano ha ormai definitivamente stabilizzato la line-up in una più maneggevole formazione a cinque e la sbornia a stelle e strisce, che aveva portato i ragazzi a registrare il loro ultimo disco negli States, sembra ormai essersi assorbita. Per il nuovo lavoro i giovanotti tornano a casa: le tracce di Moment Bends sono registrate a Melbourne in quel home studio ribattezzato Buckingham Palace, un omaggio a Lindsey Buckingham dei Fleetwood Mac. E lo stesso Cameron Bird, singer degli AIH, a svelare un aneddoto: abbiamo appeso in studio unenorme foto di Lindsey, lui è una di quelle fonti di ispirazione che non smettono mai di lasciarti.
Attenzione, però, non è il caso di aspettarsi sonorità Aor o soft rock da questo disco: gli AIH questa volta attingono a piene mani dagli anni 80. Liniziale Desert Island sembra tratta dai titoli di testa della colonna sonora di Vacanze di Natale 1983: chi avrebbe mai potuto immaginare che larditezza armonica delle soundtrack nostrane del periodo - quelle che hanno sottolineato le gesta di Jerry Calà, Karina Huff e lindimenticato duo Nicheli/Brega - potesse varcare i confini dellemisfero sud? Eppure lapripista di Moment Bends non è lunica traccia a conservare i semi della tanto dileggiata italo-disco: il singolo Contact High racchiude in sé le forme tondeggianti della ritmica euro-dance, mentre il retrogusto malinconico dei sintetici accordi minori di Yr Go To farebbe la felicità di Gazebo o Den Harrow.
Il patchwork dallimmediatezza effervescente cui ci avevano abituato i ragazzi in passato è qui ricostruito - facile da pronosticare a questo punto - con il tocco artificioso dei synth: peccato venga a mancare lilluminazione dei giorni migliori. Il procedimento stilistico è a lungo andare monotono: tracce come Everythings Blue e Denial Style scorrono quindi senza particolari sussulti, That Beep si nutre di un loop funky che ricorda troppo da vicino una hit del McCartney solista anni 80; decisamente meglio lambientazione estatica di W.O.W., dove alla voce troviamo Kellie Sutherland, e lallestimento scenico molto freak diodizzato di Sleep Talkin.
Disco tutto sommato gradevole e adatto allo svampimento stagionale. Certo, dagli autori di In Case We Die ci si aspetta sempre qualcosa in più... Dai, ragazzi, non può essere finita così!!
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