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7/10

Branford Marsalis

Four MFs Playin' Tunes

Chiariamo subito un concetto: Branford Marsalis non è il fratello sfigato di Wynton, ma uno fra i sassofonisti (tenore e soprano) più importanti dell'ultimo trentennio.

Come il consanguineo, Branford si colloca nel filone neo-classico del jazz moderno, di cui è anzi uno fra i capiscuola, sotto il profilo estetico, iconografico e tecnico. Un neo-classico cresciuto imparando in fretta la lezione dei maggiori boppisti e post-boppisti degli anni '50, ma che ha saputo avvicinarsi anche a linguaggi più moderni e meno ortodossi, come quando ha abbozzato commistioni con l'hip-hop vicine a certe intuzioni di Steve Coleman.

"Four MFs Playin' Tunes" si colloca in ogni caso, di pieno diritto, nel contesto più tradizionalista e intimamente legato alle grandi intuizioni dei maestri del passato, rivisitate in chiave personale, ma certo non stravolte.

Come Wynton, anche Branford guarda fondamentalmente ai quartetti e quintetti dell'epoca post-bop, con sassofono (e spesso tromba) in prima fila. La ricerca armonica e melodica si pone sempre su standard particolarmente elevati, i nomi di riferimento sono ancora una volta John Coltrane, il raziocinio architettonico di Wayne Shorter, gli impasti incestuosi e difficili dei vari gruppi di Miles Davis, le sonorità più abrasive e hard-bop di Artk Blakey; in questo caso anche il virtuosismo old-fashioned di Sydney Bechet.

I pregi del neo-classicismo, che spesso sconfina in una forma di camerismo radicale, si svelano chiari e nitidi anche lungo gli intricati passaggi di "The Mighty Sword" o di "Maestra": pianoforte che saltella e gioisce fra costruzioni ritmiche intricate, il sassofono pulito e relativamente aggressivo, che altera le regolari costruzioni blues e para-blues schiaffando accordi di ideazione sempre più complessa su tempi serrati; le percussioni divorate da un virtuosismo eccelso. Le strutture dei brani (i soli, le esposizioni all'unisono, i brevi intermezzi del contrabbasso) sono abbastanza regolari e fortemente imparetante con gli schemi prediletti dai musicisti post-bop.

Ecco, i pregi sono un po' anche i limiti del lavoro (limiti reativi,beninteso): la formula di Branford non sempre aggiunge molto a quella degli ispiratori, e forse anzi ne esaspera il carattere pirotecnico, perdendo però per strada un po' del magico equilibrio tra forma e espressione che regna incontrastato nei capolavori pubblicati dai nomi suddetti.

Branford vuole celebrare e rinvigorire la tradizione della musica jazz anche in un'ottica di presa di coscienza culturale: una nuova nazione afroamericana moderata ma forte, aperta al dialogo ma protesa a protezione della propria anima, delle proprie radici. Lui e il suo fido quartetto hanno maturato la convinzione per cui è fondamentale che gli afromericani conservino intatta la consapevolezza della propria storia tribolata. Va tutto bene, solo che l'operazione risulta un filo artificiosa, in alcuni momenti: a volte sembra che il musicista abbia imparato la lezione talmente bene da non riuscire a infilarci una nota diversa e fuori controllo, un'idea sopra le righe.

Certamente, questa musca può lasciare a bocca aperta chi si cimenta con gli strumenti, perché alcuni passaggi sono obiettivamente eccezionali dal punto di vista esecutivo, ma la resa complessiva – a volte - soddisfa a metà: piacciono fino in fondo l'elegante "Maestra", dominata da un pianoforte (Joey Calderazzo) più timido e da una melodia del soprano carezzevole ed efficace; anche "Teo" coglie nel segno, segnata da scansioni che suonano più shorteriane. L'impasto qui è sui generis e combina dosi misurate e personalizzate dell'arte dei grandi vecchi. Anche la malinconica e pregna "As Summer Into Autumn Slips" regala un sorriso amarognolo e incasella pezzi di bravura uno dopo l'altro.

In conclusione: io prediligo i percorsi più coraggiosi e alternativi, oppure un formalismo piegato completamente alle esigenze di un cuore in fiamme (Ambrose Akinmusire), ma chi ama la musica suonata e scritta come si deve, chi ama la storia del jazz (e naturalmente mi metto in prima fila), amerà senza remore anche questo "Four Mfs Playin' Tunes".

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