Hypnotic Brass Ensemble
Hypnotic Brass Ensemble
Da trent’anni vivo in un piccolo paese di provincia. Seimila anime a ridosso di una grande fabbrica. Da qualche tempo la fabbrica è in disuso, ed è come se da allora siano in disuso anche le seimila anime. I figli degli operai (i figli di chi “qualcuno” non lo sarà mai, cantavano i C.S.I.) si sono trasferiti, e in paese sono rimasti gli anziani. Qualcuno lavora ancora, stessa fabbrica ma più distante, in città. Gli altri sono pensionati e casalinghe. Non ci sono giovani, non ci sono le famiglie di extracomunitari che solitamente popolano le grandi città con i loro bambini. Eppure c’è un senso di appartenenza alla famiglia radicato, profondo, inscindibile. C’è il riconoscimento di un sistema patriarcale forte, che stride energicamente con l’individualismo e la volontà di anonimato tipica della metropoli. Questo sistema di identificazione ti inquadra fin da piccolo, generando domande retoriche e al contempo inquietanti: un giorno un perfetto sconosciuto mi fermò all’uscita da scuola, mi squadrò da capo a piedi e mi domandò, severo: “Ma tu sei figlio a tuo padre?”.Capii dopo anni che non era sua intenzione dubitare delle qualità morali di mia madre, ma semplicemente capire a quale famiglia (tribù) appartenessi. Non gli importava chi io fossi, stava solo tentando di riconoscere mio padre attraverso me.
Eppure io alla leggenda del “figlio di” non ci ho mai creduto. La genetica non mi ha mai convinto. La natura potrà tramandare di padre in figlio delle fattezze fisiche, dei tratti caratteriali, ma nient’altro. Le capacità, il talento e le attitudini personali che non derivano dall’esperienza hanno un’origine sempre misteriosa, imperscrutabile. Ne è prova il fatto che per ogni esempio parzialmente positivo (Jeff Buckley), ne troviamo decine totalmente negativi (scegliete chi volete, da Eric Mingus a Christian De Sica). Altro che “buon sangue non mente”. Mente eccome, e spesso consente a certi “figli d’arte” di ottenere risultati immeritati: pensate ad Asia Argento, a Ricky Tognazzi, a George W. Bush … devo continuare? Insomma, a me un singolo di ignorant-rap intitolato “Bella di Padella” non l’avrebbe fatto incidere nessuno.
No no no, non vale. Il successo bisogna meritarselo. A scuola, sul campo, ad armi pari. O in strada. Come questi Hypnotic Brass Ensemble, brass band nata sui marciapiedi di Chicago, un piccolo miracolo di cui (solo?) l’America è ancora capace. Sono in otto, tutti fratelli: quattro alla tromba, due al trombone, uno all’ elicone (un basso tuba molto usato dalle marching-bands) e uno all’ eufonio (meglio noto come “bombardino”). Hanno suonato ovunque: nelle strade, davanti alle vetrine dei negozi, nei sottopassaggi della metropolitana, suscitando spesso l’interesse dei passanti con il loro splendido mix di jazz, funk e hip hop. La leggenda narra di come le loro esibizioni alle stazioni ferroviarie creassero problemi ai passeggeri, i quali spesso perdevano il treno perché rapiti dalla musica degli otto ragazzi. La musica degli Hypnotic Brass Ensemble è semplicemente questo, è il jazz che esce dai teatri cittadini e torna in strada, è la tradizione delle brass bands che ripudia il perfezionismo formale della Dirty Dozen Brass Band e sporca il suo background jazz con i suoni metropolitani, con i bassi funk ed i ritmi hip-hop.
Il disco è un fluire continuo di ritmiche sinuose e caldissime, che non concede spazio ad assoli o individualismi di alcun tipo, perché gli ottoni dei fratelli girano costantemente a pieno regime come se il tutto fosse registrato in presa diretta durante una delle loro celebri esibizioni agli angoli delle strade. “Alyo” è una delle cose più funk che vi possa capitare di ascoltare, come se l’anima nera dei Funkadelic decidesse di reinterpretare la svolta elettrica di Miles Davis, “War” ha un tema reiterato che farebbe muovere il culo anche ad un elefante, “Gibbous” è un duetto folle tra le note basse dei tromboni e del basso tuba e il ritmo forsennato della batteria. Già, la batteria. Perchè gli Hypnotic Brass Ensemble sono quello che gli americani chiamano una “Drum & Bugle Corp”, ad indicare che il contraltare sonoro di questo profluvio continuo di note soffiate è la batteria, qui suonata a turno da tre mostri come Malcom Catto degli Heliocentrics, Sola Akingbola (batterista di Jamiroquai) e il mitico Tony Allen.
“Ballicki Bone” è il pezzo più strutturato, nonché quello che più azzarda soluzioni di stampo “rock”, grazie ad accelerazioni ritmiche vertiginose sospinte dal basso di Flea dei Red Hot Chili Peppers. “Jupiter”, di contro, è il pezzo più marcatamente jazz, sebbene inteso in una forma dilatata, libera e ricca di sovrapposizioni tematiche. “Marcus Garvey” è – probabilmente – la giusta via di mezzo, il pezzo meglio bilanciato tra pulsioni ritmiche funk, incedere “marching” e la reiterazione di temi vagamente “latini”. E se sporadicamente il suono rientra nei ranghi (“Satin Sheets”), molto più spesso si nutre di Afrobeat (o di ritmo allo stato puro), come nella programmatica “Party Started” e in “Rabbit Hop”, brano curioso (proposto anche in versione remix con Mr Damon Albarn al moog) ed anche l’unico non composto da loro stessi ma dallo sperimentatore recentemente scomparso (e criminalmente ignorato) Moondog.
Anzi no, anche l’iniziale “Alyo” non è stata composta dagli otto fratellini ma, pensa un po’, dal loro amato papà Kelan Phil Cohran: fondatore dell’ “Association for the Advancement of Creative Musicians”, dell’ “Artistic Heritage Ensemble” (primo nucleo degli Heart, Wind & Fire), ma soprattutto membro della Arkestra, la divina orchestra jazz condotta da Sun Ra, nella quale Cohran suonava la tromba, alcune cetre antiche e uno strumento da lui stesso inventato e battezzato Frankiphone (o Arpa Spaziale).
Perché questi sono figli d’arte per davvero.
Sito Internet : http://hypnoticbrass.net/
MySpace : http://www.myspace.com/hypnoticbusiness
Video:
“War” - video ufficiale - http://www.youtube.com/watch?v=ggOVNYFlP7Q
“Ballicki Bone” – live alla stazione dei treni di New York - http://www.youtube.com/watch?v=KWJOZELBaB8
“Marcus Garvey” – live con Tony Allen - http://www.youtube.com/watch?v=9grN7G4Zulk
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