Live - Horrors (Roma, 3 Maggio 2007)
Non si offenda il tastierista dei Dandi Wind, ma finché non l’ho visto da vicino mi sembrava una ragazza! Quindi, scusate la mia ignoranza, nella mia testa avevo definito i canadesi come un duo al femminile. L’impavida e sexy cantante Dandilion, tra movenze ginniche, gesti epilettici, passi di danza moderna e grida da bambina isterica, si presenta come un ideale mix fra Siouxsie, Jane Fonda e Cindy Lauper. L’electro-punk/techno-pop proposto dalla coppia è acido, robotico, freddamente sensuale. Le percussioni sintetiche sono durissime e i pezzi nel complesso sono scarni e un po’ claustrofobici, anche se certamente sono anche ballabili e discretamente godibili. Da rivedere e riascoltare meglio.
Veniamo ai reali protagonisti della serata:
Il trucco pesante intorno agli occhi degli Horrors nasconde dei visi fanciulleschi, visi che tanto contrastano con l’immagine elegante/aggressiva (aggressiva in senso lato) del quintetto. O forse no, il contrasto può rappresentare proprio motivo di fascino per alcuni (anzi alcune) e quindi risultare appropriato, anzi necessario. Io non ci faccio caso più di tanto. Sono venuto per la musica. Voglio vedere questi “fenomeni” lanciati da NME all’opera, voglio vedere se la loro è una macchina da guerra oppure solo un triciclo per gli adepti del “nuovo” rock dell’ultima ora.
Faris svetta al centro del palco, alto ma stranamente non così magro, più che altro slanciato, esattamente come Von Grimm (anche conosciuto come Joshua Third), dalla corporatura non robusta ma normalissima. Tomethy Furse, Spider Webb e il batterista Coffin Joe invece sono più minuti e gracili. C’è chi ha detto che tutti ci saremmo dimenticati presto della scheggia costituita da Sheena Is A Parasite: neanche un minuto e mezzo di cieco furore garage con quel basso appiccicoso a ribollire nelle retrovie, quelle stilettate mortali e improvvise della Fender Jaguar di Von Grimm (che a un certo punto prende a dare colpi secchi e violenti alla parte alta della tastiera della seicorde) mentre le falangi di un Webb ormai posseduto dallo spirito di qualche organista visionario affondano impietose sui tasti, senza contare un Faris imbestialito che storpia ogni verso e ogni già folle declamazione.
Sarà poi Webb a intonare“Jack The Rippeeer” ululando contro il pubblico, nel ritornello della lancinante opener di Strange House, chinato sul Vox come un goblin bastardo sulla propria vittima. Gli Orrorifici catturano la nostra attenzione con pezzi tiratissimi, paurosamente selvaggi, molto più che nell’album di esordio. Le intro dei brani si affidano a coltri di effetti fuzz e ad assordanti distorsioni metalliche, come nella apparentemente tiepida She’s the New Thing. Faris è animale da palcoscenico, in tutti i sensi. Si aggrappa pericolosamente alla struttura sovrastante il palco e cerca degli appigli anche di lato, come se volesse raggiungere in qualche modo il soffitto. La sua espressione facciale è gelida e “sanguinaria” al contempo: è incredibile quanto questi ragazzi sappiano recitare bene il proprio ruolo! Tanto che il confine tra fiction e realtà viene a mancare. Lo si vede nei volti affannati ma carichi, nel sudore che scende copioso, negli arti tesi, negli accordi che escono fuori secchi, precisi, devastanti.
Il frontman della band, ormai fuori di sé, brandisce una sedia puntandone le gambe contro la folla, per poi gettarsi su di essa e continuare a cantare ed emettere latrati e grida schizofreniche. Al di là di questo note di colore, possiamo anche sottolineare il fatto che abbiamo potuto notare qualche minima sfumatura in più nella voce. Insomma Faris non è solo uno sboccato urlatore punk, ma comunque dentro di lui sopravvive (molto, molto nascosta, sia chiaro) anche l’anima del carismatico cantante dark dall’ugola di ghiaccio.
Non c’è scampo nei tre pezzi più impressionanti del repertorio dei cinque terribili inglesini: con Count In Fives il Circolo viene messo a ferro e fuoco, con quell’incedere simultaneo di organo e chitarra che conduce verso un baratro di sensazioni suicide. Gloves è suonata in apnea, le narici si gonfiano per catturare tutto l’ossigeno possibile e bruciano. Von Grimm suona lì davanti ma è da un’altra parte. Forse a casa sua, forse all’inferno. Ormai Faris è andato, lo abbiamo perso. È l’apice del concerto. Il Vox si arresta e riprende a scavare solchi profondissimi con le sue piccole, semplici frasi assassine. Le declamazioni e le urla finali sono catartiche, ma altresì distruttive.
Draw Japan è un alternarsi di inquietante, raggelante compostezza ed esplosioni rabbiose, di muscoli esausti che si rilassano e dolorose contrazioni.
Il quintetto non scherza: incazzato, quasi eroico, preciso nell’interpretare in maniera scomposta il proprio repertorio.
Ma cosa accade? Neanche quaranta minuti ed è tutto finito. Gli Horrors vanno a rintanarsi senza troppi indugi nel camerino.
Come Sheena Is A Parasite ci manda il cervello in poltiglia prima che ci rendiamo conto di che cosa sia, la stessa cosa vale per questo concerto! Cosa è successo? Chi ha suonato? Che pezzi hanno fatto? Non realizzo…
Quando ricomincio a connettere, mi rendo davvero conto di quanto il live sia stato, sì bello, ma vergognosamente breve! Non un “Buuuu”, non un lamento. Mi aspettavo che il malumore si espandesse velocemente tra gli astanti, invece nulla, sono tutti rimasti come ipnotizzati.
I musicisti si accingono a raggiungere l’esterno del locale ed ammetto che la curiosità di vedere questi “mostruosi” fanciulli è tanta. Loro, alquanto timidi, si dimostrano subito cordiali e disponibili. Sono questi quelli che poco prima spalancavano gli occhi come degli ossessi e facevano rombare e stridere gli strumenti? Ancora più incuriosite sono le tante ragazze (o ragazzine) che si accalcano verso le transenne che proteggono l’uscita dal camerino. Si scattano foto, si scalpita, si collezionano gli autografi. Se ne manca uno si rischia la crisi di pianto! Anche io volevo farmi una foto (non riuscirò nell’impresa), ma solo per portarla alla mia genitrice e vedere la sua faccia(eh eh eh…). Però qui siamo alla sindrome da boy-band. Non per fare lo snob, ma quante di quelle ragazzine conosceranno le raccolte Nuggets o i Fuzztones? Ok, ok, sono un rompiscatole.
Che poi uno parla bene di questi gruppi, fronteggiando anche i critici più duri, e guarda che figure ti fanno fare!
Comunque sia…shame on you!
p.s.: però che bella la magliettina di Excellent Choice, vi consiglio di cercarla su internet, almeno per dargli un’occhiata.
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