The Soft Moon
Zeros
Lesordio sulla lunga distanza nel 2010 e un Ep di pregevole fattura lanno successivo fruttano buona visibilità al pianeta oscuro di Luis Vasquez: The Soft Moon. Poi, nientemeno, la recente collaborazione con uno dei guru dellelectro-wave: John Foxx (Evidence un succulento 7 pollici in vinile trasparente), spinge definitivamente il nome della band del musicista californiano anche negli occhi e nelle orecchie dei super distratti.
The Soft Moon è essenzialmente la creatura di Luis Vasquez, polistrumentista e producer di base a San Francisco. Vasquez butta giù idee per il nuovo lavoro mentre si trova in tour affiancato da una vera e propria band, quando si tratta però di entrare in studio e mettere nero su bianco i propositi, le idee, le speranze e i capricci, Vasquez preferisce fare tutto da solo anche stavolta.
Zeros contiene dieci tracce musicate e prodotte dal nostro con laiuto dellengineer e remixer Monte Vallier. Rispetto al passato nessun cambio di rotta, la nuova consapevolezza acquisita in tour ci restituisce un sound leggermente più immediato e maggiormente ricercato (gli accorgimenti tecnici usati da Martin Hannett alla Factory Records fanno scuola a distanza di decenni), prova ne sono le parole del protagonista in una recente intervista per la webzine Stereogum : I have a little more understanding of what the audience likes. Certo è che rimaniamo lontani anni luce da un prodotto di facile consumo, anche solo per il fatto di trovarci tra le mani un disco sostanzialmente strumentale (eccezion fatta per qualche vocalizzo incomprensibile e abilmente trattato con effetti a pedale).
Zeros è un disco dai contorni ben definiti e acquista concretezza in virtù di un maggiore equilibrio rispetto al suo predecessore. La prima metà del disco è di una fluidità inappuntabile: liniziale It Ends scandita da un rullare minaccioso di percussioni, è di un residuo nero viscoso affine alla lezione minimal wave dei Dark Day di Robin Crutchfield. E lunica traccia dallandamento solenne, altrove il ritmo si fa incalzante e limplacabile drum-machine di Machines e della titletrack non può non portare alla mente i numi tutelari del battito metronomico: i Sisters Of Mercy. Vasquez aleggia con grande abilità tra linee di basso sulle quali grava lintero peso dellopera, chitarre che nutrono rispetto per la lezione impartita dallex Magazine e Siouxsie John McGeoch (vedasi a tal proposito Lost Years), palpitazioni tribal in odor di Virgin Prunes (Want), synth graffianti che scavano solchi indelebili (Crush) e leziosità kraut (Die Life).
Soft Moon continua a fare centro evocando senza nessun pudore lo spirito dei Joy Division e la materia di The Cure, Clan Of Xymox, Bauhaus; è il caso di Insides e di certe tastierine che segnano lunico richiamo alla fruibilità, ma ancor di più la splendida Remember The Future, con ogni buona probabilità il nostro pezzo preferito, fra tappeti motorik, synth di ispirazione free e volteggi delay. Il disco si conclude con sdnE tI, praticamente il brano di apertura in reverse.
Per chi non è alla ossessiva ricerca delloriginalità (negli ultimi tempi sempre più velleitaria e sempre più opinabile), Zeros potrebbe essere addirittura uno degli album dellanno, per tutti gli altri solo lennesimo disco derivativo appena passabile.
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