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R Recensione

7/10

Mai Mai Mai

Theta

L’Italia sperimentale continua a partorire nomi interessanti, volentieri alimentati dalla chioccia avvelenata di Boring Machines. Mai Mai Mai è Toni Cutrone, co-gestore del Dal Verme di Roma, per dove gran parte di questa scena sta passando, e fondatore della No=Fi Recodings. Mentre i Father Murphy, maestri cerimonieri, continuano a predicare il loro credo sempre più tormentato tra inni dark e noise, e gli Heroin In Tahiti declinano il morbo in chiave spaghetti western, Mai Mai Mai viaggia a metà, puntando molto su una coloritura eastern-Europe e sull’aura greco-antica.

Theta”, mixato da Jamie Stewart (Xiu Xiu), è una specie di mostro ambiguo nato tra Vatican Shadow e il field recording di una traversata mediterranea (“Theta”), un’Idra figlia deforme di industrial e ambient, uscita da peripezie epiche che sembra rivivere negli spostamenti d’acqua e nell’atmosfera misterica di “Upnos” o nei beat laceranti che sfregiano antichi canti sfocati come anfore in fondo al mare (“Prometheus”). Il fascino del disco sta proprio in questo tossico mash-up di elementi classici (nel senso, appunto, di classicisti: arcaismi sonori, ripescaggi filologici, anticaglie vocali) e sperimentazione di base dronica, mentre qua e là segnali radio e bleeps retrofuturisti creano un’ulteriore dimensione temporale alternativa (“Noeo”), in una vera e proprio fuga di riferimenti e suggestioni (qua anche il sermoneggiare psicotico di certi Xiu Xiu).

L’idea è quella di una specie di nostos nel passato e nei luoghi dell’infanzia, nel tentativo di ricostruire un’identità attraverso i frammenti della memoria: da cui il fondo arcano, all’apparenza riattingibile, e le continue interpolazioni, lo sfregio rumoristico. Bella prova.

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