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R Recensione

7/10

Mai Mai Mai

Nel Sud

Del ritorno a Itaca. L’esplorazione ritualistica e misterica di archetipi sociali e schemi culturali del bacino del Mediterraneo che Toni Cutrone – in arte Mai Mai Mai – ha coerentemente tracciato con la trilogia “Theta” (2013) – “Delta” (2014) – “Phi” (2016) arriva, con questo quarto “Nel Sud”, a lambire le rive dell’Italia meridionale, culla natale e spirituale della one man band crotonese d’adozione romana. È un disco importante, per almeno due aspetti: oltre a certificare la continuità evolutiva e quasi bergsoniana del suono di Cutrone, riesce a capitalizzare la crescente fascinazione pop per il lascito della scuola antropologica d’ispirazione demartiniana che, tra gli anni ’50 e ’60 dello scorso secolo, indagò scientificamente un amplissimo campione di forme culturali proprie del Sud Italia, restituendo su carta, nastro (le scrupolose ricerche sul campo dell’etnomusicologo lomaxiano Diego Carpitella) e celluloide (il primissimo Antonioni, Cecilia Mangini, Vittorio De Seta, Luigi Di Gianni) i risultati di quelle ricerche.

Si comprende ancora meglio la narrazione interna di “Nel Sud” se si considerano le circostanze che hanno portato alla sua composizione. Una prima versione del lavoro, commissionata a Cutrone dal Pesaro Film Festival nel 2016, nasce sostanzialmente come sonorizzazione del collage documentaristico realizzato da Simone Donadoni a partire dal materiale d’archivio dei cineasti sopra menzionati. Non solo, dunque, il filo concettuale inforna il contenuto e plasma le atmosfere del disco: ne è a sua volta richiamato, come in un cammino non verticistico a tappe. La traccia più evidente di questo rapporto dialettico rimane a livello dell’apparato visivo: il clip della lunga “Il Pianto” non solo è incentrato sull’ipnotico canto delle prefiche immortalato da Cecilia Mangini in Stendalì – Suonano ancora (1960), ma si fonde letteralmente con esso, alternando mesmerizzanti strati di rumore bianco a ripieghi dark ambient e scorticanti field recordings. Allo stesso modo, moti ondosi harsh, beat techno e arpeggi chitarristici processati puntellano la cruenta caccia al pesce spada (“Pisci Spata”) documentata da De Seta in Lu tempu di li pisci spata (1955): i tamburelli e le ghironde che accompagnano la tarantella in Tarantula (Gianfranco Mingozzi, 1962) vengono invece trasfigurati e disintegrati dai drone merzbowiani di “Tarantula”, raggiungendo l’apice nell’apocalittico minimalismo noise che, in “Magia Lucana”, dipinge con assoluto realismo la desolazione esistenziale delle terre al centro dell’indimenticabile corto di Di Gianni (1958).

Affascinante sintesi culturale e disco piuttosto riuscito, “Nel Sud” è un lavoro cui vale la pena dedicare il massimo dell’attenzione.

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