Bonnie Prince Billy
Lie Down in the Light
Così, senza preavviso. Neanche due righe di anticipazione sulla stampa specializzata, un “coming soon”, niente. Ti svegli una mattina, apri la tua casella di posta elettronica e leggi il messaggio di un amico: “Ti piace il nuovo Bonnie Prince Billy? Secondo me è molto bello. Ciao buona giornata” .
Il nuovo cosa? E io non ne sapevo nulla?
Allora ti ritrovi per strada, ancora in pigiama, con cento euro in mano (che con Mr Oldham non si sa mai …) e corri come un pazzo verso il tuo negozio di dischi fidato, quello che da sempre ti rifornisce di buona musica. Entri come se dovessi sfondare la porta, la gente sul marciapiede si ferma e ti guarda scuotendo la testa: “Guarda quel drogato, fa le rapine in pigiama”. Il negoziante sta sventolando un disco azzurro, tu glielo strappi di mano, butti la banconota verde oltre il bancone ed esci senza fermarti, senza salutare, e soprattutto senza prendere il (consistente) resto.
Sei già in strada, tutto sudato, e senti la voce del tuo amico negoziante come un eco lontana: “… la tappa furono vudici geddissima…”.
Arrivi a casa distrutto, l’unico maratoneta al mondo in pigiama, il disco è già nelle tue mani, nero lucente perchè “i dischi di Bonnie Prince Billy si comprano in vinile” (seconda regola dal Libro di Will Oldham, la prima recita “i dischi di Bonnie Prince Billy si comprano”), mentre armeggi con la puntina pensi alla frase del negoziante “… la tappa furono vudici geddissima…”, certo, lui, come te, adora la musica di Bonnie Prince Billy, ma che abbia cominciato a straparlare dall’emozione ti sembra un tantino eccessivo. Poi realizzi: “.. la traccia numero undici è bellissima”.
Allora parti proprio da lì, contravvenendo alla terza regola dal Libro di Will Oldham (“i dischi di Bonnie Prince Billy si ascoltano dall’inizio alla fine”), perchè del tuo negoziante di fidi ciecamente da anni. E fai bene: “Willow trees bend” è un pezzo meraviglioso, fatto di pochi accordi dilatati, una voce bellissima e tanti silenzi.
Il resto dell’album non è da meno, dentro c’è tutto Bonnie Prince Billy, Palace Brothers, Palace Songs, Palace Music, Bonny Billy e tutti gli altri nomi con i quali Will Oldham si è presentato lungo la sua carriera. Ci sono le melodie aperte e solari di Ease Down the Road (“Easy does it”, “Missing one”), i passaggi fatti di puro country nero sullo stile di I see a darkness (“So everyone”, con la bella voce di Ashley Webber, che impreziosisce anche il crescendo di “You won’t that picture”), ci sono momenti di pura americana (“What’s missing is”), c’è una bella cover di Shannon Stephens (“I’ll be glad”) gia leader dei Marzuki, la prima band di Sufjan Stevens.
Quando poi il vecchio Will decide di introdurre qualche piccolo elemento di novità le cose si fanno ancora più interessanti: “You remind me of something (glory goes)” è una ballata scurissima che riporta alla mente alcuni momenti di Johnny Cash, impreziosita da un violino che tratteggia splendidi contrappunti al solito duetto vocale. In “For Every Field There's a Mole” compare addirittura un clarinetto, che conferisce al pezzo un tono da Jazz club anni trenta. “Where is the puzzle”, infine, è una cavalcata acustica puro american darkness (ancora Johnny Cash). Provate a sentirla in macchina (contravvenendo a tutte le regole del Libro di Will Oldham) e premete il tasto repeat: se non ci fosse l’Oceano vi ritrovereste in America senza accorgervene.
A questo punto, gli amanti della discografia di questo immenso cantautore saranno già ampiamente soddisfatti (però magari la prossima volta, Will, avvisa: non so, una mail, un sms …), per tutti gli altri: prego avvicinatevi pure, potrete solo trarne piacere, e qualche piccola controindicazione. Tipo ritrovarvi per strada in pigiama o senza benzina in Portogallo, con l’Oceano negli occhi.
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