Bonnie Prince Billy
Beware!
Strappatevi dalla faccia quei sorrisetti compiaciuti, per cortesia. Tanto non potete capire.
Ennesimo disco di Will Oldham aka Bonnie “Prince” Billy aka Palace in tutte le salse. Se non vi sono mai piaciuti gli album precedenti (circostanza alquanto difficile …) state alla larga (“Beware!”). Detto questo, continuiamo per tutti gli altri (cioè quelli normali).
Le note della casa discografica ci tengono a sottolineare che siamo al cospetto del “più grande e ambizioso album di Bonnie 'Prince' Billy”. Il fatto è che noi ormai sappiamo che Will è uno la cui unica ambizione è suonare la sua musica. Sempre e comunque. Ed anche in questo “Beware!”, arricchita e nascosta da strumentazioni corpose e arrangiamenti di gran pregio, c’è semplicemente la musica di Will Oldham.
Per l’occasione, è persino ingrassato di qualche chilo. Ed effettivamente, un Bonnie “Prince” Billy così opulento e magniloquente non lo si era mai sentito: provate ad ascoltare i cori ultraterreni ed il banjo dell’apertura “Beware your only friend”, la grandeur elettrica di “My life’s work” (con tanto di sezione fiati) o quella quasi epica di “Heart’s Arm”, oppure ancora il country-western a base di lap-steel e violino di “You don’t love me”.
Le novità più interessanti riguardano il massiccio uso di cori gospel (“You are lost” è quasi una preghiera) e un curioso ritorno a sonorità country private della consueta caratteristica alt. Un’evoluzione stilistica ed esecutiva che finisce per assomigliare ad una involuzione in quello che è sempre stato il piatto forte della casa: il songwriting, le melodie, l’intensità dell’interpretazione vocale. A volte si ha proprio l'impressione di tornare indietro nel tempo: “I am goodbye”, tra chitarre wah-wah e flauti, pare arrivare direttamente dal periodo “Ease down the road”, mentre il campfire-country di “I don’t belong to anyone” sembra non finire mai.
Certo, Bonnie “Prince” Billy è sempre e comunque il principe: gli arrangiamenti elegantemente affastellati sulle percussioni notturne di “Afraid aint me” sono perfetti e affascinanti (e quel flauto dona un tono esotico del tutto inusuale nel suono “classic-folk” di Oldham); in “You can’t hurt me now” aggiunge percussioni e fiati alla sua materia preferita (cioè il country folk indolente e malinconico), ottenendo risultati impensabili per chiunque altro; e quando infine (“There is something I have to say”) rimane da solo - con voce, chitarra e silenzi polverosi - dimostra di poter dare lezioni a chiunque su come si debba scrivere una canzone puntando dritti alla testa ed al cuore (“How will you absorb this word goodbye?”).
Lasciali perdere, Will. Tanto non possono capire.
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