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R Recensione

7/10

Adebisi Shank

This Is The Second Album Of A Band Called Adebisi Shank

Come in tutti i classici che si rispettino, anche nel divertentissimo “Mirrored” dei Battles (che pure è di appena tre anni fa, non quaranta) vi è un’ampia scelta di pezzi chiave, fusi e strutturati in modo tale da non riuscire a districarsi troppo facilmente. Penso sempre a quel tuonare delle pelli, ai tornanti di chitarre e alle sventagliate elettroniche con un misto di soggezione artistica e puro entusiasmo uditivo. Il math rock che reinventa sé stesso: fenomenale. Fenomenale anche “Ddiamondd”: ve la ricordate? Due minuti e mezzo di infernale giostra jungle-noise, un’implacabile casa degli specchi, devastante e bambinesco uragano deformato dagli effetti e dalle distorsioni, (s)consigliato dai 4 ai 99 anni. Non si era mai sentito niente del genere. Fatto sta che, da allora, subisco uno stalking sistematico da parte di quel pezzo: ritmiche, inserimenti, vocine filtrate, conte improbabili mi affollano la mente nei momenti meno opportuni. Non che mi possa lamentare: ad altri rimane conficcato nel cranio, che ne so, l’attacco di “The Final Countdown”…

Un giro di parole infinito per dire che. Anche agli Adebisi ShankDdiamondd” dev’essere piaciuta, ai limiti del parossismo. Sino a decidere di prendere gli strumenti in mano e costruirci praticamente una carriera sopra. Eccolo, allora, lo spartiacque. Da una parte il math rock in via d’estinzione: ligio, inflessibile, accademico, aristocratico, così geometricamente, razionalmente imperturbato da non ammettere distrazione alcuna al di fuori della fossilizzazione tecnica nuda e cruda (se va bene). Il rovescio della medaglia è occupato, invece, da uno degli ossimori più potenti che si possano creare con l’uso spicciolo della retorica italiana: il cazzeggio matematico. Sì, insomma: il math spassoso, disalienante, giocattoloso, che non si prende sul serio, che imbrocca pezzi geniali ridendo sempre sotto i baffi, eccetera eccetera. Il trio irlandese, spuntato fuori per grazia d’Iddio da chissà quale garage, non ci pensa due volte ad incarnare il cotè del perfetto monarcomaca e spinge l’acceleratore nella seconda direzione.

All’epoca, già l’esordio “This Is The Album Of A Band Called Adebisi Shank”, compresso a meraviglia nei suoi ipercinetici ventitré minuti, ci aveva assai allietato. Oggi “This Is The Second Album Of A Band Called Adebisi Shank” (ci sono arrivati prima loro di Wavves, eh) rilancia in modo perentorio le loro ambizioni. Anzitutto sullo spinoso terreno della durata pro capite: non si rischiano ancora mattoni da dieci minuti l’uno, ma i ragazzi fanno un netto passo in avanti nella conquista di spazi decisamente più ampi per tentare evoluzioni altrimenti impossibili, se coatte nel formato hardcore standard. “Logdrum”, futuristico brano space con felpate movenze anni ’80, blocca il cronometro a 6:04, eppure non è uno strappo alla regola. La giraffa tridimensionale in copertina galoppa sul technicolor, sfondandolo con fanfare onomatopeiche (i tamburi di “International Dreambeat” volano di gran carriera), velocissimi lampi animati (la potenza straripante di “Masa”, metal smagnetizzato su loop di chitarra che assomigliano a clangori da sparatutto) ed irruenza cartoonistica (“Century City”, chitarre acide spalmate su bassi sincopati).

Il gusto per l’ascolto cresce, esponenzialmente, passo dopo passo. Anche la difficoltà dei brani più tecnici, così, passa in secondo piano rispetto alle scelte cromatiche operate dalla band (“Frunk” apre ottime finestre improvvisative) e solo a tratti il coraggio sconfina nel cattivo gusto, come in “Genki Shank”, esagerato montante che sintetizza il testosterone da stadio e l’intimacy giapponese in un ibrido reiterato ad libitum. Ma tutto, eccessi compresi, rientra nella logica di uno stimolante, spensierato gioco ad incastri, mentale e musicale, folle al punto da inchiodare la vaga armonia AOR di “Bones” in una gelatina synth-pop dall’inenarrabile sfacciataggine.

Ci si risente nel 2012. Con cosa? Beh, con “This Is The Third Album Of A Band Called Adebisi Shank”, naturalmente.

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Voto degli utenti: 6/10 in media su 2 voti.
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C Commenti

Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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Emiliano (ha votato 7 questo disco) alle 11:18 del 21 dicembre 2010 ha scritto:

Davvero un dischetto simpatico, cazzone e fresco.

In qualcosa mi ricordano i Boris.

tarantula (ha votato 5 questo disco) alle 11:12 del 28 dicembre 2010 ha scritto:

Atmosfera troppo scanzonata e allegrotta con sonorità ai limiti del videogioco che, in alcuni passaggi, infastidiscono. Molto belle "Masa" e "Europa". Il primo disco è sicuramente migliore.