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R Recensione

8/10

Bon Iver

Bon Iver

Che il secondo album, nella carriera di un artista, rappresenti la sfida più difficile è opinione abbastanza condivisa. Ovvio che tale difficoltà/responsabilità aumenti in rapporto alla qualità del debutto. E in questo senso (ma solo in questo) non avrei voluto trovarmi nei panni di JustinBon IverVernon: quante sono, infatti, le opere prime interamente create (e diffuse) in proprio che possono vantare la qualità stordente ed il successo di quel "For Emma, Forever Ago"? Senza volerne ricordare la storia, a quattro anni di distanza da quell’uscita e alla vigilia del nuovo lavoro, qualche considerazione è tuttavia d’obbligo.

Justin Vernon è passato dal capanno sui monti del Wisconsin ad uno studio di registrazione personale allestito secondo le sue peculiari necessità; le sue canzoni (quelle che una volta ascoltavano gli amici e di cui oggi fa cover Peter Gabriel) fanno da colonna sonora a serie TV americane di grande successo; Justin si esibisce nei più importanti festival “alternativi” del globo, è talmente considerato da potersi permettere di pubblicare anche (prescindibili) side-projects e, manco fosse un talismano (ché il dubbio potrebbe pure venire), è diventato uno degli uomini del settore più ricercati d’America, si tratti di sfruttarne l’arte (innumerevoli quanto bizzarre le collaborazioni, da St. Vincent ai Gayngs, da Kanye West a The National) o anche soltanto il nome (la sua opinione serve oggi, per dire, a promuovere un disco avant-jazz qual è l’ultimo di Colin Stetson). È chiaro che del Bon Iver del 2007 rimane ben poco. E dunque, posta l’oggettiva irripetibilità di un disco come "For Emma, Forever Ago", cosa potrà mai fare, ora che ha tutto, uno che con niente si è fatto sentire dal mondo intero?

A proposito del nuovo disco, qualche tempo fa, Vernon diceva che i testi sarebbero stati “un’estensione di For Emma. Come quando vai via da un posto e non necessariamente riesci subito a trovarne uno nuovo”. Il tema del viaggio, in effetti, è evidente già a partire dai titoli delle canzoni (nomi di città, usati tuttavia in modo simbolico). È un nomadismo, anche solo concettuale, che si contrappone alla sedentarietà associabile al primo disco, così come l’ufficializzazione di una formazione a tre (e l’apertura ad uno stuolo di strumenti e partecipazioni) può rappresentare il superamento di quell’isolazionismo cui il ragazzo deve, almeno in parte, la sua fortuna.

Bon Iver è un disco di canzoni il più delle volte complesse, sfuggenti nelle loro strutture (ad un primo ascolto quasi amorfe) e caratterizzate da arrangiamenti sfarzosi che non si preoccupano di nascondere, ora, una candida ma consapevole ambizione. La chitarra si fa volentieri elettrica e, insieme al basso e alla batteria dei fidati McCaughan e Carey, solca strati e strati di tastiere, fra incursioni di fiati e corni, cenni di pianoforte ed elettronica lieve in un clima sempre tremendamente agreste e romantico, ma adesso anche solare, frizzante, da sagra primaverile. Un po’ nella scia dell’ultimo Iron & Wine, Justin rielabora il suo linguaggio nel tentativo di dare nuova forma alla tradizione antica che permea la sua musica.

Rimangono gli elementi più tipici: la voce “trattata” a suon di vocoder e sovraincisioni multiple, le melodie perfette e perfettamente in bilico tra suggestioni folk e soul (un soul trasposto in spazi “altri”, non per niente vicinissimo, proprio per linee, a Tunde Adebimpe dei TV On The Radio), l’ispirazione in perenne stato di grazia che si traduce in una comunicatività unica. Per il resto, tutto suona nuovo: "Perth", che guarda al post-rock, nasce da dolci spigoli elettroacustici, cresce su un rullante militaresco per farsi marziale, epica e cinematografica in un finale portato dal meraviglioso sassofono di Colin Stetson (ah, ecco…); "Minnesota, WI" è un labirinto di arrangiamenti il cui ingresso - un fraseggio in minore che si liquefa in levare quasi reggae - fa da antipasto a una melodia eccelsa (e, squillino le trombe, piena di toni gravi!), ad ammiccamenti avant e ad inciampi ritmici ancora una volta sottolineati dal sax distorto di Stetson; "Calgary", primo singolo estratto, vive di tastiere, voce e crescendo per realizzarsi in un finale chitarristico di grande suggestione; "Towers" conduce una riduzione folk dentro briose arie da pop d’Albione. Non solo gli ascolti a tutto tondo, ma pure gli artisti con cui ha collaborato sembrano entrare nei solchi dell’album: "Holocene" omaggia la composta eleganza di The National, nascondendo la complessità strutturale (non bastano le battute dispari, c’è bisogno di aggiungerne un’ulteriore mezza per compiacere la melodia) dietro un’intensità che porta dritti all’estasi; "Beth/Rest", il brano meno facilmente “catalogabile”, è una sorta di r 'n' b bucolico da Pascoli del Cielo, impreziosito da una parte dalla pedal steel di Greg Leisz (già con Bill Frisell e Lucinda Williams) e dal piano, dall’altra dalla dichiarazione definitiva “I ain’t living in the dark no more”.

Forse meno incisiva la parte centrale del lavoro, là dove dal minimalismo delle rotonde strofe di "Michicant" e dagli eccessi di delay e contrasti vocali di "Hinnom, TX" traspare quella sensazione sfuggente di incompiutezza, o imperfezione, che è peraltro un tratto caratteristico della poetica di Vernon (evidenziato, ancora di recente, nel disco dei Volcano Choir). Ma si tratta, appunto, di sensazioni. Ché questo Bon Iver è un ritorno luminoso e potente, generoso nel soddisfare le più alte aspettative, ma attento nel concedere le proprie grazie solo un poco alla volta, come la più seria delle ragazze che si possano desiderare. Sarà anche vero che un nuovo posto non si trova necessariamente subito, ma se viaggiare è così bello va bene anche non trovarlo mai.

C Commenti

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farmerjohn alle 0:21 del 15 giugno 2011 ha scritto:

for emma fu una folgorazione, questo mi sembra mosso, sfocato e quindi comunque in movimento ma non mi è ancora arrivato, giudizio sospeso. ottima la recensione

Filippo Maradei (ha votato 9 questo disco) alle 0:50 del 15 giugno 2011 ha scritto:

Sicuramente la parte centrale è la più affascinante: il tris in successione di "Towers", con quel bellissimo stacco orchestral-folk a metà, "Michicant" e la sua calma ventilata, tra Balmorhea e qualche timido capolino di tromba e trombone sul finire, e la synth-etica vibrante e piena di "Hinnom, TX" costituisce davvero un blocco compatto e a suo modo speciale. Ma c'è anche "Beth/Rest", fusione dell'ultimo Stevens e dei Weather Report, "Perth" che racchiude tutto il bello di Bon Iver... insomma, per quanto mi riguarda ben più che una conferma di qualità, un vero e proprio capolavoro folk per tutti i cuori e tutti i viaggi. Grande rece, Paolo, mi è piaciuta in particolare la chiusa finale, sentitissima e a tratti emozionante.

REBBY (ha votato 8 questo disco) alle 9:15 del 15 giugno 2011 ha scritto:

"Grande rece, Paolo, mi è piaciuta in particolare la chiusa finale..."

Ma nella "chiusa finale" Filippo non è scritto "forse meno incisiva la parte centrale del lavoro..." mentre tu dici "sicuramente la parte centrale è la più affascinante..."? Solo per capire eh, che io il disco ancora non l'ho ascoltato...

sfos (ha votato 6 questo disco) alle 10:24 del 15 giugno 2011 ha scritto:

Per me è invece proprio la parte centrale a vagare senza una direzione precisa e preda della noia (mi riferisco al trittico Michicant-Hinnom-Wash, privo di idee veramente brillanti a livello di songwriting); il poker iniziale è discreto, anche se non riesce a colpirmi come dovrebbe (solo Holocene mi smuove, tra i momenti più acustici): mi sembra tutto così poco a fuoco (anche gli stessi arrangiamenti mi suonano vecchi: Perth esplode in uno scontato crescendo d'ascendente canadese, Minnesota fa anonimamente il verso ai TV On The Radio..); alla fine la parte che più mi ha colpito è quella finale: prima l'emozionante Calgary (bellissima la sospensione estatica dei primi minuti), poi l'intermezzo glitch di Lisbon e infine la splendida Beth/Rest, una commovente rilettura "acustica" del sophisti-pop. In generale diciamo che mi ha discretamente deluso, più che altro perchè dopo le collaborazioni con Gayngs e West mi sarei aspettato un prodotto più fresco e spumeggiante (magari più orientato verso le sonorita di Beth/Rest).

Filippo Maradei (ha votato 9 questo disco) alle 12:01 del 15 giugno 2011 ha scritto:

Beh no, Rebby, qualche riga più giù; intendevo quando tira le somme del disco: sulla parte centrale ci siamo già confrontati privatamente, io e Paolo, e siamo giunti alla (non) conclusione che si tratta di una mera opinione "stilistica"... gusti su gusti insomma.

paolo gazzola, autore, alle 13:14 del 15 giugno 2011 ha scritto:

Sì, confermo, confronto "civile" con Filippo già avuto . Però tengo a precisare che nulla, qui dentro, mi sembra meno che buono (e il voto lo dice) e che "meno incisivo" non vuol dire "meno valido". Per inciso: Towers era già fuori dalla lista, la linea vocale di Michicant la trovo a tratti sublime, Wash - che non ho citato - mi piace e, insomma, se un blando punto di domanda rimane, è per la sola Hinnom, TX).

Dirty Frank alle 16:53 del 15 giugno 2011 ha scritto:

Ascotandolo per la prima volta ho avuto un effetto di straniamento: mi è sembrato di essermi innamorato fin da subito del disco. Poi, il giorno dopo, l'ho trovato complesso, "capriccioso" nella sua struttura e sfuggente nelle melodie.

Ma ho capito che è proprio questo a rendere affascinante la seconda prova di Justin e Co.

Ci vorrà ancora del tempo per assimilarlo al meglio.

hiperwlt (ha votato 8 questo disco) alle 19:02 del 15 giugno 2011 ha scritto:

due soli ascolti, e fin qui l'impatto non è stato quello - ossia devastante - di "for emma, forever ago". pezzi come "calgary" (concordo con sfos) e "perth", comunque, mi sono sembrati di 'qualità superiore' - come gli scritti di Paolo su Bon Iver, del resto !. ripassero per commento/voto

rdegioann452 (ha votato 10 questo disco) alle 21:27 del 16 giugno 2011 ha scritto:

fuoriclasse

amo la sua musica. non c'è nulla da fare. c'è poco da aggiungere.

bonnell (ha votato 7 questo disco) alle 11:28 del 17 giugno 2011 ha scritto:

bel disco ma non sono un suo fan.

paolo gazzola, autore, alle 14:32 del 27 giugno 2011 ha scritto:

I video dell'artwork di Gregory Euclide:

http://www.youtube.com/watch?v=dJi9NB3l6Ik&feature=related

Filippo Maradei (ha votato 9 questo disco) alle 16:31 del 27 giugno 2011 ha scritto:

RE:

Bellissimi...

countryjoe (ha votato 9 questo disco) alle 21:41 del 29 giugno 2011 ha scritto:

Capolavoro

Bon Iver è la cosa piu' bella che ci è capitata dai tempi del debutto di Antony.

Un grande artista, un grande album

NathanAdler77 (ha votato 7 questo disco) alle 18:45 del 15 luglio 2011 ha scritto:

RE: "Bon Iver è la cosa piu' bella che ci è capitata dai tempi del debutto di Antony..."

Azz, per me invece la comparsa di Antony è più o meno paragonabile alla devastazione delle cavallette nelle Piaghe d'Egitto... ghghgh

Bravo l'ex montanaro Bon Iver\Vernon, a parte la voce da Chris Martin evirato e l'amicizia losca con Kanye West e il suo vocoder.

salvatore (ha votato 7 questo disco) alle 19:20 del 15 luglio 2011 ha scritto:

E bè, ognuno ha le sue cavvallette...

salvatore (ha votato 7 questo disco) alle 19:21 del 15 luglio 2011 ha scritto:

ops ci ho dato troppo dentro con le doppie...

4AS (ha votato 7 questo disco) alle 14:39 del 16 luglio 2011 ha scritto:

Mi piaciucchia. Di solito i falsetti mi irritano (se penso a quello di Jonathan Higgs, orripilante...) però dipende dal contesto in cui sono inseriti. Ad esempio in "Towers", la mia preferita, ci si incastra a meraviglia. Ci sono molti pezzi riusciti ("Minnesota, W", "Calgary" e persino "Beth/Rest", con tanto di arrangiamento stile phil collins-romanticone anni '80...). Buon disco.

Suicida (ha votato 8 questo disco) alle 12:07 del 13 settembre 2011 ha scritto:

Peccato per il falsetto intollerabile.

Sor90 (ha votato 9 questo disco) alle 18:18 del 14 ottobre 2011 ha scritto:

Chiudere gli occhi e vedere le Grandi Montagne Rocciose innevate, le fredde spiagge desolate... Un solo accordo è in grado di dipingere un intero scenario della selvaggia america. Punte di eccellenza l'apertura e la chiusura dell'album. Per quest'inverno, coperte, caffè d'orzo caldo, Bon Iver e Scott Matthews

Suicida (ha votato 8 questo disco) alle 15:45 del 21 ottobre 2011 ha scritto:

(Si, meglio qui Reb) Dunque intanto la voce non mi sembra il punto caratterizzante di Bon iver; non ha un timbro particolare o una qualche abilità vocale che lo distingue. E' una voce che puoi trovare in qualsiasi gruppo indie folk. In secondo luogo ci sono episodi come Minnesota in cui usa tonalità basse, per poi salire e sfociare nel falsetto. Li mi piace, ma un pezzo tutto in falsetto mi da fastidio come un pezzo tutto slappato o tutto assoli o tutto vibrato etc. Con questo non posso dire che mi fa schifo solo perchè non amo il falsetto.. Rimane un disco evocativo, emozionante e bellissimo lo stesso. Ed è lo stesso motivo per cui non dò un voto alto ad un disco come quello dei White stripes solo perchè mi piace come suona Jack White. Potrei fare miriadi di esempi di dischi con voti alti di cui non "tollero" alcune cose in quanto penso sia normalissimo che siano veramente pochi gli artisti di cui ci piace tutto. P. S. : Ti dirò sono pure propenso ad alzare l' 8!

REBBY (ha votato 8 questo disco) alle 18:28 del 21 ottobre 2011 ha scritto:

"ti dirò sono pure propenso ad alzare l'8 "

Addirittura. Vuoi confondere ancora di più un poverorebbyeheh. Insomma, mi pare di capire, sei così "stregato" dalla componente prettamente strumentale di quest'opera da riuscire a chiudere un orecchio sul fatto che per te il cantato sia per lo più ordinario e spesso fastidioso (quando tiene il falsetto per tutta la durata della canzone). Però se una cosa è intollerabile (tu dici questo del falsetto di Iver) non si può e non si deve sopportare. Perlomeno questo dicono tutti i dizionari di italiano. Quindi che facciamo? Usiamo un altro termine, meno drastico, oppure sei uno di quei tipi con la capatosta, ma tanto tosta, che preferiscono sbatterla contro un muro piuttosto di rischiare di essere considerati persone che hanno cambiato idea o peggio ancora diplomatiche eheh.

Buon weekend Nando.

REBBY (ha votato 8 questo disco) alle 18:28 del 21 ottobre 2011 ha scritto:

"ti dirò sono pure propenso ad alzare l'8 "

Addirittura. Vuoi confondere ancora di più un poverorebbyeheh. Insomma, mi pare di capire, sei così "stregato" dalla componente prettamente strumentale di quest'opera da riuscire a chiudere un orecchio sul fatto che per te il cantato sia per lo più ordinario e spesso fastidioso (quando tiene il falsetto per tutta la durata della canzone). Però se una cosa è intollerabile (tu dici questo del falsetto di Iver) non si può e non si deve sopportare. Perlomeno questo dicono tutti i dizionari di italiano. Quindi che facciamo? Usiamo un altro termine, meno drastico, oppure sei uno di quei tipi con la capatosta, ma tanto tosta, che preferiscono sbatterla contro un muro piuttosto di rischiare di essere considerati persone che hanno cambiato idea o peggio ancora diplomatiche eheh.

Buon weekend Nando.

Suicida (ha votato 8 questo disco) alle 19:31 del 21 ottobre 2011 ha scritto:

Nono cambiare lessico non è come omologarsi ad un discorso perchè si è sfociato nel ridicolo! Concordo, il termine è parossistico cambiamolo pure, lascio a te la scelta. xD

REBBY (ha votato 8 questo disco) alle 9:29 del 24 ottobre 2011 ha scritto:

"lascio a te la scelta"

Ok allora io dico così. E' passato del tempo dai primi ascolti di quest'opera complessa ed ambiziosa, per me non di immediato godimento nel suo complesso, ma che migliora ad ogni ascolto. Intendiamoci bene, ho subito percepito la qualità della composizione e la bontà delle trame strumentali, ma quelle vocali ("trattate a suon di vocoder e sovraincisioni multiple") mi lasciavan perplesso e talvolta persino infastidito. E' stato un innamoramento lento: canzone dopo canzone e piano piano, un brano alla volta, è arrivato a destinazione. Era tutto previsto dall'ottima rece di Paolo eheh

Wrinzo (ha votato 9 questo disco) alle 12:01 del 21 novembre 2011 ha scritto:

Ho ascoltato e riascoltato For Emma, innamorandomene perdutamente. Quella sensazione di stasi, di sedentarietà (proprio come la descrive il buon Paolo, a cui faccio i complimenti per la magnifica recensione), mi è entrata dentro, come un trapano,facendosi strada nella materia. Il mio corpo accusò per lungo tempo delle ferite, ferite d'amore.

La crescita di Bon Iver, in questi quattro anni è tangibile, l'album è evoluto e, nonostante le melodie senza spazio, nomadi e malinconiche, sa di "nuovo". Un delizia da ascoltare tutta d'un fiato ma nella pace, ricordandosi di come Dean Moriarty viveva i suoi giorni attraverso il mondo.

hiperwlt (ha votato 8 questo disco) alle 12:03 del primo dicembre 2011 ha scritto:

"and at once i knew i was not magnificent"

un'alternarsi di buio e luci, cadute e liberazioni: in piena lucidità, e tutto entro le stesse composizioni. punti forti sono, altresì, i momenti di calma apparente (perché a livello, direi, inconscio, l'equilibrio non c'è), quiete cosmica che prende il sopravvento su tutto (la parte centrale), forse come reazione ad una frantumazione identitaria in cerca di un po' riparo - ma che sembra, anche, non aver la volontà di ripararsi mai; e il disco è un "viaggio" (concettuale, come dice Paolo) dove la meta della redenzione la si sfiora, sì, ma non la si raggiunge (perché nella logica dell'artista Vernon). l'urgenza espressiva rimane la stessa dell'esordio, solo più calibrata, meglio pensata, incanalata in arrangiamenti ben più complessi (e mai artificiosi, come in apparenza sembra); comunque autoreferenziale (le composizioni: con le loro strutture precarie, perché dinamiche, in continua mutazione; ciò senza perdere, mai, il senso della melodia). e ciò non vuol dire che il risultato sia migliore rispetto a "for emma"; anche se i sentimenti e le intenzioni paiono più mature, con "bon iver" spesso si vagheggia, ancora, in un brodo emotivo vastissimo: in cui uno può sentire e vedere tutto (per me vale soprattutto con "wash"), entrando in profondità. per quest'anno, a dir poco fondamentale. ps: sul web non troverete una recensione migliore, e un recensore più competente in materia di Paolo!

egon72 (ha votato 7 questo disco) alle 18:04 del 12 dicembre 2011 ha scritto:

basta morsetti ai testicoli........

cantato a voce piena o da una bella voce femminile sarebbe stato un gran bel disco.....peccato davvero

gull alle 20:31 del 12 dicembre 2011 ha scritto:

RE: basta morsetti ai testicoli........

Ma perché dovrebbe rinunciare alla sua peculiarità, al suo stile? Secondo me queste canzoni sono perfette così come sono cantante dal loro autore.

egon72 (ha votato 7 questo disco) alle 21:20 del 12 dicembre 2011 ha scritto:

RE: RE: basta morsetti ai testicoli........

a me il falsetto non piace,pochi mi convincono,probabilmente lui lo usa per un motivo emotivo; rispetto il suo stile ma se un giorno dovesse cambiare idea a proposito ne sarei felice....prendi una canzone come "Holocene" cantata con una voce solida ed evocativa sarebbe stata una splendida ballata, a mio parere,rimane comunque una bella fragile canzone,qello che lui cercava.

4AS (ha votato 7 questo disco) alle 12:40 del 14 dicembre 2011 ha scritto:

RE: RE: RE: basta morsetti ai testicoli........

d'accordo con te. come ho già detto in precedenza, in alcuni pezzi può andar bene il falsetto, in altri una voce più decisa (anche baritonale) avrebbe dato maggiore profondità all'album. così rimale solo un buon lavoro.

4AS (ha votato 7 questo disco) alle 12:41 del 14 dicembre 2011 ha scritto:

*rimane

egon72 (ha votato 7 questo disco) alle 18:58 del 15 dicembre 2011 ha scritto:

NathanAdler77 (ha votato 7 questo disco) alle 15:32 del 16 dicembre 2011 ha scritto:

Togliere il falsetto a Vernon sarebbe come immaginarsi i Bee Gees privi di Barry Gibb...La mia preferita è "Beth-Rest", un fantastico residuo bellico anni Ottanta che umanizza Phil Collins, Michael Bolton e Venditti. ghghgh

egon72 (ha votato 7 questo disco) alle 20:45 del 16 dicembre 2011 ha scritto:

RE:

però nei lavori precedenti a Bon Iver cantava in modo differente,alternava voce piena e falsetto rendendo il tutto più equilibrato e gradevole,come fanno i Loch Lomond,The Wilderness of Manitoba o i Fleet Foxes.....vedere un ragazzone grande,grosso e barbuto cantare in quel modo lo trovo alquanto "weird"

fabfabfab (ha votato 7 questo disco) alle 13:56 del 17 dicembre 2011 ha scritto:

Il disco alla fine della fiera mi ha stancato abbastanza in fretta... però il tipo che ha scritto sta rece è un grande!

salvatore (ha votato 7 questo disco) alle 14:05 del 17 dicembre 2011 ha scritto:

Mmmhhh anche a me non ha fatto impazzire. Poi, a dire il vero, non l'ho nemmeno ascoltato abbastanza. Quei tre/quattro ascolti che gli ho dedicato non mi hanno dato la spinta per proseguire. A dirla tutta, anche for emma non mi aveva conquistato... Chissà...

Recensione di alto livello!

hotstone (ha votato 7 questo disco) alle 17:38 del 26 giugno 2013 ha scritto:

non avevo mai ascoltato questo disco ... arrivo con 2 anni di ritardo

però mi piace molto e le cose che piacciono non hanno tempo....

FrancescoB (ha votato 8 questo disco) alle 18:21 del 26 giugno 2013 ha scritto:

For Emma è più diretto, scarno, parla da cuore a cuore senza barriere. Questo è più rarefatto e sovrarrangiato, ma non sfigura affatto. Fra i capolavori partoriti nel 2011, Vernon poeta vero.

classicsor (ha votato 8 questo disco) alle 16:36 del 24 settembre 2013 ha scritto:

concordo compleatmente.

classicsor (ha votato 8 questo disco) alle 16:33 del 24 settembre 2013 ha scritto:

Certo, non iti prende come il disco precedente, quello è un disco molto intimo a livello di testi, quasi non volesse rivelare i suoi segreti gelosamente nascosti. Quì c'è più attività rispetto a 'For Emma, Forever Ego' che preferisco a questo.

Comunque bello e grande creatvità di un grande artista come Bon Iver, gli do l'8 .

Jacopo Santoro (ha votato 8 questo disco) alle 13:08 del primo luglio 2014 ha scritto:

Dopo 3 anni, Justin Vernon torna a firmarsi Bon Iver e scrive un pezzo per un film, in una raccolta di canzoni di vari artisti. Il brano si configura come un misto tra il Bon Iver degli ultimi tempi (del disco omonimo, per intendersi) e tra il respiro elettronico dei Volcano Choir. Bello, comunque.

Qui l'ascolto in streaming: http://www.npr.org/blogs/allsongs/2014/06/30/326213324/song-premiere-bon-iver-writes-a-tune-for-zach-braff?utm_source=facebook.com&utm_medium=social&utm_campaign=allsongs&utm_term=music&utm_content=20140630