R Recensione

8/10

Bonnie Prince Billy

Ask Forgiveness EP

Ormai il cantautore del Kentucky ci ha abituato a tutto: cascate di capolavori folk (“Master and everyone”, “Ease down the road”, “Then the letting go”), torrenti lo-fi prima che fosse moda (la discografia a nome Palace), collaborazioni sperimentali (Matt Sweeney, Tortoise, David Pajo), perle di struggente oscurità (“I see a darkness”), impetuosi duetti con le sue adepte (Pink Nasty, Scout Niblett, Dawn McCarthy) e molto altro. Con questo “Ask ForgivenessWill Oldham domanda perdono, per cosa non so, e ci consegna otto rivisitazioni di altri artisti. Non è la prima volta che l’autore affronta delle cover.

Dal vivo è sua abitudine presentare qualche standard dell’America rurale, brani tratti da numi tutelari (Dylan, Springsteen, Cash, PJ Harvey, Cohen) ma anche ripescaggi improbabili, da Mariah Carey ai Cranberries, da Madonna ai Led Zeppelin, da Bob Marley ai Beach Boys. L’anno scorso aveva già visto la pubblicazione di “The Brave and the Bold”, disco di cover non eccelse elaborate con le già citate tartarughe post-rockeggianti di Chicago.

In questo EP siamo su altri sentieri e anche su altri livelli di qualità. Abbandonati i barocchismi condivisi con i colleghi Tortoise e i brividi islandesi dell’ultimo LP, il Bonnie torna ad incisioni dai tratti essenziali pur senza la crudezza rupestre degli anni Palace. Il repertorio come di consueto spazia dovunque: abbiamo il Dylan mancato Phil Ochs, Don Frankie (Sinatra), R. Kelly (pure lui?), un metallone (true? boh!) di nome Danzig, la stella del nord Bjork, i Mekons e Mickey Newbury. Chi conosce il genere ha già capito cosa aspettarsi: poche pennate sulla chitarra acustica completate da cenni di organetto, violino, campanelli cristallini, echi femminili. Agli altri vogliamo solamente dire che la voce di Will Oldham è la più espressiva, emozionante, intensa e sincera di tutto il cantautorato americano degli ultimi 10/15 anni.

E se vi interessa non solo la voce ma anche l’autore, allora provate a pescare a caso dal mucchio di dischi citati all’inizio e scoprirete che qui stiamo parlando del più grande erede del folk sghembo, capace di spaziare dalla ballata al post-rock, mantenendo intatta la sua posizione su quel labile confine tra intimismo e classicismo, tra orecchiabilità e ricerca, tra poesia e divulgazione della tradizione. Oldham sa parlare a tutti, e solo lui riesce a farlo in quel modo. Quale, scopritelo voi, e iniziate concedendovi l’ascolto della sua “I See a Darkness” riletta da Johnny Cash su “American Recordings III”, brano in cui l’autore ha l’onore di duettare con uno dei suoi maestri.

Se Bob Dylan e Nick Drake erano e continuano ad essere imprescindibili, alla loro schiatta da molto tempo si è aggiunto Bonnie “Prince” Billy, e queste interpretazioni, più l’unico brano autografo “I’m loving the street”, ne sono l’ennesima conferma. Non rimane che inchinarsi al principe e rabbrividire per la voce e la scrittura che, tra meraviglie e scivoloni, sta salvando la semplicità e la purezza della canzone. Non esagero dicendo che abbiamo davanti l’anima limpida e plumbea di una certa America: prendete e ascoltatene tutti.

 

V Voti

Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 6 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
gloria 9/10
REBBY 5/10
george 9/10

C Commenti

Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

fabfabfab (ha votato 10 questo disco) alle 14:11 del 7 giugno 2008 ha scritto:

ask forgiveness

La storia è questa: Johnny Cash, verso la fine della sua breve carriera (circa 40 anni), pubblicò alcuni dischi di cover di brani altrui, intitolati “Man in Black I, II, III, IV”. La grandiosità dell’opera derivava dalla scelta dei pezzi (me ne vengono in mente tre: “Hurt” dei Nine Inch Nails, “Personal Jesus” dei Depeche Mode e “Rusty Cage” dei Soundgarden) oltre che dalla sua voce e dal modo di rifare tutto “alla Johnny Cash”. Tra i pezzi interpretati dall’Uomo in Nero ce n’era uno assai bello dal titolo “I see a darkness”. “I see a darkness” è un pezzo di Bonnie Prince Billy rifatto da Johnny Cash, e non il contrario, come hanno scritto quegli ermafroditi di Ondarock (ma dove lo avranno preso il nome Ondarock? Da un pezzo di scarto dei Litfiba?).

Ora, otto anni dopo, Bonnie Prince Billy pubblica il suo album di cover, anche qui scelte tra gli autori più disparati (c’è anche un pezzo di R. Kelly, bellissimo). Breve, uscito in sordina e senza troppe pretese, però la cover di “I’ve seen it All”(originalmente del duo Bjork/Thom Yorke) mette i brividi.

Mr. Oldham è il nuovo Uomo in Nero. Prossimo obiettivo: Elvis Presley? Dio?

george (ha votato 9 questo disco) alle 22:29 del 3 aprile 2009 ha scritto:

9

...ma solo perchè è un ep