Loch Lomond
Little Me Will Start A Storm
Il Lomond è un immenso specchio d'acqua: è il più grande lago dell'intera Gran Bretagna, situato a sud della Scozia, ad aver ispirato questo sestetto americano di Portland, che ne ruba il nome e non solo; lo stesso concept-songs pare stregato alla radice dalla bellezza bucolica che i suoi scorci scozzesi offrono ai più. Ma proprio laddove il fiato si mozza, ecco che a dar voce a un romantico sentimento si fanno primi tra gli avventurieri i nostri Loch Lomond dall'Oregon. Quarto album dopo una lunga pausa di quasi quattro anni, "Little Me Will Start a Storm" si concede a noi con fare sbarazzino, quasi di sfida, diffondendo nell'aria una fanciullesca vivacità rustica. Una verve compositiva capeggiata e guidata dal leader scout Ritchie Young, voce prima e chitarra del gruppo, che ben si adatta all'incedere marziale da campeggio di "Blue Lead Fences", singolo dorato dell'album, così come agli intrecci di banjo e al bipolarismo vocale bianco-nero di "Water In Astoria", in apertura a un crescendo sinfonico destrutturato per violini, percussioni e scacciapensieri.
Un folk sanguigno e ferino, ma beffardo anche, che nasconde in sè più di una soluzione continuativa, che passa di slancio dall'animalesco al misticismo corale di "Egg Song", melodia delicatissima presa in prestito dai Fleet Foxes più ammalianti, dallo spiritualismo alla medieval ballad di "Blood Bank", perfetta simbiosi orchestrale tra Grizzly Bear al sollucchero e i Beirut delle suggestioni di paese, e dai menestrelli alle placide e tenui digressioni strumentali di "Water Bells", quasi una "Elegy" Balmorheaniana 2.0. La forma più naturale e valida dei Loch Lomond è però altra ancora, ed è la stessa che trova la pace dei sensi negli squarci lirici di "Earth Has Moved Again", innalzati dagli acuti iniziali di Young e dilatati in spazi sconfinati da una batteria al rilento e da un pianoforte allungato all'infinito, e nel dolce barocco folk-pop di "Elephants & Little Girls", che parte morbida sui primi versi del glockenspiel per acquisire poi sempre più sostanza e ritmo nel botta-risposta tonale di Young e del coro, supportato dal tappeto nuovamente marziale delle percussioni e da sviolinate danzanti di accompagnamento. In ultimo richiamo, "I Love Me" segue contemporaneamente le linee chamber-pop più intime degli Anathallo insieme ai violini vesperi e malinconici dei Clogs di "Lantern". A maggior raccoglimento, minor complessità d'arrangiamento.
Dell'ultimo lavoro dei Loch Lomond rimangono solo i titoli di coda, che portano verticalmente a una mia piccola sdolcinata considerazione: il folk è forse l'unico genere a non aver bisogno di rinnovarsi, così com'è può contenere il mondo in sè.
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