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R Recensione

9/10

Red Hot Chili Peppers

Mother's Milk

Nel 1988 Hillel Slovak, chitarrista nonché membro fondatore dei Red Hot Chili Peppers, muore per overdose di eroina. Il batterista Jack Irons, non riuscendo a sopportare il dolore per la perdita dell'amico, decide di lasciare il gruppo. I due componenti rimasti, Anthony Kiedis e Flea, dopo un breve periodo di pausa trovano, in seguito ad una lunga ricerca, i sostituti che fanno al caso loro: alle pelli Chad Smith, alla chitarra un diciottenne sbarbatello destinato a diventare la personalità più importante dei Red Hot a livello compositivo, John Frusciante. La formazione classica del gruppo si trova così per la prima volta riunita.

Il disco che ne segue è Mother's Milk, uscito nel 1989, il primo album dei Peppers ad avere ottenuto un apprezzabile successo di vendite. Ultimo lavoro in studio pubblicato con la EMI, al suo interno è molto più variegato rispetto al suo predecessore, The Uplift Mofo Party Plan, spaziando dal funk rock classico della band a sonorità più vicine al metal generico, passando attraverso il punk. Il disco, in quel senso, è l'album più “duro” del gruppo, grazie anche all'abile lavoro del produttore Michael Beinhorn.

Il rap metal dell'intro Good Time Boys si rifà molto, nella struttura, all'opening del disco precedente, Fight Like a Brave, ma l'impatto risulta di gran lunga migliore.

I brani più fedeli alla tradizione funk dei Red Hot sono Subway to Venus, in cui Flea suona anche la tromba, e la potente e martellante Stone Cold Bush.

Vi sono poi due perle quasi harcore punk: Nobody Weird Like Me, con ritmiche estenuanti ed un Kiedis urlante e la breve e frenetica Punk Rock Classic, un pugno nello stomaco, nel cui ritornello il gruppo implora MTV di passare i propri video, richiesta che in effetti verrà esaudita, al prezzo del graduale imborghesimento del loro sound. Vi è anche sul finale una citazione, forse ironica, di Sweet Child O'Mine.

Magic Johnson è incommentabile: coro da cheerleader dedicato ai Lakers, interrotto da uno spiazzante riff di Frusciante, forse è geniale, forse è soltanto una cretinata.

La strumentale Pretty Little Ditty rappresenta, per il gruppo, il secondo approccio alla melodia (il primo fu Behind the Sun, nel disco precedente); Taste the Pain e Sexy Mexican Maid preludono a quello che due anni dopo sarà Blood Sugar Sex Magik.

Vi sono poi due cover: Higher Ground, che trasporta la musica di Stevie Wonder nel mondo funky dei peperoncini, e Fire, registrata con Slovak e Irons e già comparsa l'anno precedente nell'Abbey Road EP (quello nella cui copertina i quattro parodizzano i Fab Four attraversando le strisce pedonali indossando nient'altro che un calzino sulle parti basse), che non differisce molto, a parte nella velocità, dall'originale di Jimi Hendrix.

Il capolavoro del disco, tuttavia, si chiama Knock Me Down. Brano anomalo per i Peppers dell'epoca, è il primo episodio della loro discografia in cui il canto melodico (in questo caso di Kiedis e Frusciante all'unisono) si sovrappone ad una base musicale “hard”. È l'unica canzone dell'album dedicata esplicitamente alla morte di Slovak, riferendosi in particolare alla dipendenza dall'eroina che affliggeva sia il compianto chitarrista che il cantante, con quel ritornello tanto semplice quanto intenso e dal fortissimo impatto emotivo (If you see me getting mighty / If you see me getting high / Knock me down / I'm not bigger than life). La canzone segnò inoltre una novità nel metodo di composizione dei Red Hot Chili Peppers: fu il primo caso in cui un pezzo nacque dalla collaborazione fra Kiedis e Frusciante. Fino ad allora ogni brano veniva infatti costruito su una linea di basso improvvisata da Flea.

Il compito di chiudere l'opera è affidato ad un altro capolavoro: Johnny, Kick a Hole in the Sky. Coinvolgente e trascinante cavalcata in crescendo, colpisce soprattutto per lo stravagante ritornello, ripetuto morbosamente per un elevato numero di volte, in cui il rap di Kiedis si alterna ad un coro gospel.

Come già anticipato, Mother's Milk fu il primo disco di successo dei Red Hot, l'album che costruì loro, almeno negli States, una discreta fama, tanto che poco dopo la sua uscita daranno il proprio contributo alla colonna sonora del film Pretty Woman, col brano Show Me Your Soul. Negli altri continenti, tuttavia, passò inosservato proprio come i precedenti. Sarà infatti il lavoro successivo a fare esplodere la popolarità dei quattro a livello mondiale.

Mother's Milk conclude, perciò, la prima fase della carriera dei Red Hot Chili Peppers, della quale è anche il lavoro migliore, aprendo contemporaneamente la strada al masterwork definitivo Blood Sugar Sex Magik, dalla cui ombra è stato tuttavia eccessivamente ed ingiustamente oscurato.

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Voto degli utenti: 7,8/10 in media su 10 voti.
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PehTer 9/10
zagor 8/10
Dr.Paul 7,5/10
Muten 6,5/10
ZkDog 9,5/10

C Commenti

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zagor (ha votato 8 questo disco) alle 18:26 del 8 gennaio 2015 ha scritto:

In passato preferivo certamente "Mother's Milk" al suo più celebrato successore....oggi credo di no, qui ci sono diversi brani al fulmicotone ( "Stone cold bush", "taste the pain", Knock me down"), ma non c'è quella varietà stilistica e quel respiro più ampio, che unito al contesto di uscita, il magico 1991, ha reso "Blood Sugar Sex Magik" il loro disco più celebrato. Credo giustamente. Nobody weird like me!

Franz Bungaro (ha votato 7,5 questo disco) alle 8:46 del 9 gennaio 2015 ha scritto:

L'album che, nel periodo del ginnasio, mi fece scoprire Stevie Wonder (anche se l'originale di Higher Ground è un'altra storia)...ci sono legato solo per quello...per il resto lo considero un buon album, ma due gradini sotto BSSM. Tanta energia e frenesia, forte spirito emulativo, ancora poca lucidità.

PehTer, autore, (ha votato 9 questo disco) alle 15:15 del 9 gennaio 2015 ha scritto:

Noto ora di essere stato molto ambiguo nell'ultima frase, chiarisco che anche per me il loro capolavoro resta BSSM (gli ho addirittura affibbiato un 10) e non intendevo sminuirlo in alcun modo (prima che qualcuno interpreti male )