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R Recensione

7/10

Squadra Omega

Antiterra

L’importanza di chiamarsi sempre diversamente. Se, di fronte all’imponenza strutturale e materica del vecchio “Altri Occhi Ci Guardano” (2015), ancora non vi eravate convinti delle crescenti ambizioni coltivate in seno all’organico semovente della Squadra Omega, ecco arrivare i cinque mastodontici movimenti (per settantatré minuti complessivi) del decimo full lengthAntiterra”, enfatico manifesto di una radicale svolta elettronica che – specialmente dopo le buone ma non indispensabili improvvisazioni acustiche di “Archivio Acustico Vol. 1” (2018) – si imponeva all’orizzonte con una certa urgenza. Simbolo della transizione ad una forma pienamente sintetica, peraltro unico davvero rilevante, è il ritorno in formazione di Marco Giotto aka VonTesla (in passato accreditato, come Omega Invisible, nell’importante s/t del 2010), che affianca a droni e modulari OmegaG8 (il cugino Andrea, già With Love) e OmegaMatt (l’ex Mojomatics Matt Bordin): nell’esecuzione fisica e nell’editing studio delle free sessions di “Antiterra” il suo contributo si rivela più importante di quanto si possa pensare.

Lunghe al limite del torrenziale sì, le composizioni su carta bianca di “Antiterra”, ma mai prolisse né, tantomeno, invadenti. Anzi, se esiste un qualificativo che nel merito specifico può essere speso con cognizione di causa, questo è funzionale. Valga per tutti la stratificazione sonora che serpeggia nel montare acquatico di “Part III”, nella cui costante marea rimangono intrappolati un’infinità di strumenti o, per meglio dire, echi e memorie di un’infinità di strumenti, riverberi da un’altra dimensione: dopo dodici minuti di assoluta verticalità segue una defogliazione tortile che, da singoli bordoni isolati, divampa in un decollo spaziale di grande teatralità, un’assordante messa cosmica. Non è il solo momento che si segnala per la sua spiccata musicalità: piuttosto notevole è già il pastiche elettroacustico fennesziano di “Part I”, coerentemente sviluppato in una deriva kosmische che accentua le profondità di spazio e suono a discapito della ricorsività interna delle cellule ritmico-melodiche, mentre “Part IV” procede per tonfi e risucchi lungo la traiettoria di una frastornante techno poliritmica dalle percepibili coloriture etniche (una specie di contraltare galattico al concettualismo terreno e terrigno di un Mai Mai Mai).

Il viaggio termina col fiato un po’ corto (anche se certe sovrastrutture che fanno capolino in coda a “Part V” sembrerebbero pensate per la libreria di Edizioni Mondo), ma è di un’intensità a tratti travolgente. Disponibile anche su cassetta con cover su carta acetata trasparente, in edizione limitata a 100 copie.

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