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R Recensione

7/10

Squadra Omega

Materia Oscura

La materia oscura non si vede, ma c’è. Non solo: qualunque cosa essa sia, è l’elemento percentualmente più diffuso di tutto l’universo, una sorta di collante galattico a noi ancora ignoto. Una metafora cosmica pertinente, al solito, per descrivere il percorso che ha portato la Squadra Omega – da nucleo di amici in libera uscita dalle allora band madri – ad essere un laboratorio creativo tra i più fecondi della psichedelia tricolore, una luminosissima supernova ben lontana dal tramonto definitivo. Non è infatti l’apparente vuoto di inerzia ed inattività ad attutire ed intervallare il copioso zampillare della produzione in studio (tre dischi nel 2015, già due nel 2017), ma un’urgenza interna, l’esigenza di rimodulare, riplasmare (a proposito di materia…) confini e prospettive del proprio canale comunicativo. È uno studio assorto, profondo, dalle caratteristiche originali, che incorpora tendenze ed attitudini del passato per tradurle in linguaggi post-moderni, più immediatamente recepibili dalla vorace contemporaneità: un’anamnesi metamusicale che sintetizza, in un’unica forma artistica, ricercatezza filologica e ricerca sul campo.

Nello specifico, l’agile “Materia Oscura” (400 copie in vinile per Grandangolo, una serie affiliata di Soave Records, a sua volta sussidiaria di Cinedelic) è la colta traduzione, in morfologia suite, delle suggestioni espressive library che – come il fantasma di un parente prima disconosciuto e poi mitizzato – con frequenza sempre maggiore fanno capolino in molte delle musiche “libere” dello Stivale. Library, inutile rimarcarlo, è però un termine del tutto frusto, utilizzato e riutilizzato sino allo sfinimento in centinaia di contesti antitetici fra loro: un brulicare di input sensoriali, un generico “modo di fare” (sartoriale, immaginifico, variopinto) che non si saprebbe come meglio catalogare. La Squadra Omega punta direttamente al cuore progressivo della faccenda, introducendo per l’occasione un abbozzo di composizione – è la prima volta in assoluto, se non erriamo – all’interno della dimensione improvvisativa. Il riferimento è alla head chitarristica della centrale “Mondo-Brana”, un’incantata frase canterburiana che si moltiplica in più direzioni e si ramifica su più strumenti, solidificandosi in un incendiario peana coltraniano, prima di scomparire tra i flutti allucinogeni di un inarrestabile gorgo ritmico (improvvise, incalzanti fascicolazioni afrobeat). È ancora il groove, d’altro canto, l’elemento intorno al quale vengono a comporsi i tasselli di “Massa Mancante”, un pulsare kraut scintillante ed impalpabile che si fa, quasi dal nulla, prodigiosa ascesi cosmic-funk: il brano che il Valerio Mattioli del 2046 non potrà fare a meno di citare nel suo Superonda. La conclusiva, torrenziale “Le Oscillazioni Dell’Universo Giovane” è, invece, il quadro astratto su cui sgocciolano disordinatamente le vividissime tempere del precedente dittico: un’acida free form con vista su Aşgabat (gli orientalismi disseminati qui e lì quasi richiamano alla mente proprio i leggendari Firjuza) che degenera in una pastorale per sintetizzatori e corde acustiche variamente strimpellate, sfregate, pizzicate.

La Squadra Omega continua ad imparare, e noi con loro. Difficile, francamente, anche solo pensare di chiedere di meglio.

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