La Piramide di Sangue
Tebe
Perché perdere ulteriore tempo ad aspettare i Maya? Gesù Cristo nasceva, in realtà, cinque anni prima del tanto sacralizzato year zero. Ciò significa che il ventuno dicembre duemiladodici è scivolato via, in completa indifferenza, almeno un lustro fa. Lincertezza nelle incertezze. Meglio riderci su, esorcizzarla. Immaginare allopera i sette musicisti i cui strumenti si intrecciano, a disegnare sullo sfondo i contorni incerti de La Piramide Di Sangue, fa squillare nella testa il campanello sinestetico dellassonanza. Si ripresentano un altro misticismo, unaltra introspezione psichedelica. LAlchimista Jodorowsky della Montagna Sacra, dopo aver frastornato lo spettatore con micidiali frizioni a base di riti iniziatici ed aspirazioni trascendenti allimmortalità, demolisce con naturalezza inaspettata la quarta parete e rivela la sua essenza profondamente dissacrante: its only a movie, weve been joking since the very first frame its only a movie, you see? Chi si è spaccato la testa su misteri, connessioni spirituali, intricate matasse cerebrali si rilassi: The Holy Mountain semplicemente non esiste. La Piramide Di Sangue semplicemente non esiste. Tebe, distrutta e ricostruita più volte in un paradossale eterno ritorno (di sangue), semplicemente non esiste.
Il primo tributo da pagare, per accedere alle allucinazioni kraut del settetto torinese capitanato da Stefano Isaia (cantante dei Movie Star Junkies, qui clarinetto in salmodia perpetua), è, inevitabilmente, di Sangue. Come se la Squadra Omega fosse stata catturata dalle spire dellincenso indiano, e linestricabile flusso metallico del disarticolato free jazz venisse vomitato in crudezza wah, La Piramide Di Sangue deturpa sottili andature a spirale con poderosi bassi, break ritmici, ascensioni floreali. Non è un disco per vecchi. Tu Getti Sale Sulle Mie Ferite esce fuori da un guscio di rumorismo tribale, abbozzo di jam trogloditica per Nuggets del Terzo Millennio da cui emanano vapori anfetaminici, bordoni stroboscopici, reiterazioni kosmische intessute su sotterranee improvvisazioni melodiche. Io Sono La Tigre dilata la funkedelia su ritmiche balcaniche, con i contrappunti parlanti di Isaia a scansionare le tempistiche di un kolo mai domo. Sandalo sintestardisce su ununica, accentata head jazzata, dalla quale esplode in mille rivoli una chitarra quasi Nineties (mai credere fino in fondo ai propri sensi), contrapponendosi alla mutevolezza cangiante dellacido klezmer solipsistico di In Bici Sulla Strada Della Perdizione e ai Die Anarchistische Abendunterhaltung zen ma con spine puntute in superficie della mini suite Complotti A Tebe.
LItalia ha ancora bisogno, disperato, di gruppi come questo. O va davvero a finire che alla psichedelia, ed allammanto esoterico delle sue profanazioni materiali, ci si possa ciecamente credere, quasi fosse opera dei Maya.
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