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R Recensione

6,5/10

La Piramide di Sangue

Tebe

Perché perdere ulteriore tempo ad aspettare i Maya? Gesù Cristo nasceva, in realtà, cinque anni prima del tanto sacralizzato “year zero”. Ciò significa che il ventuno dicembre duemiladodici è scivolato via, in completa indifferenza, almeno un lustro fa. L’incertezza nelle incertezze. Meglio riderci su, esorcizzarla. Immaginare all’opera i sette musicisti i cui strumenti si intrecciano, a disegnare sullo sfondo i contorni incerti de La Piramide Di Sangue, fa squillare nella testa il campanello sinestetico dell’assonanza. Si ripresentano un altro misticismo, un’altra introspezione psichedelica. L’Alchimista Jodorowsky della Montagna Sacra, dopo aver frastornato lo spettatore con micidiali frizioni a base di riti iniziatici ed aspirazioni trascendenti all’immortalità, demolisce con naturalezza inaspettata la quarta parete e rivela la sua essenza profondamente dissacrante: it’s only a movie, we’ve been joking since the very first frame… it’s only a movie, you see? Chi si è spaccato la testa su misteri, connessioni spirituali, intricate matasse cerebrali si rilassi: The Holy Mountain semplicemente non esiste. La Piramide Di Sangue semplicemente non esiste. Tebe, distrutta e ricostruita più volte in un paradossale eterno ritorno (di sangue), semplicemente non esiste.

Il primo tributo da pagare, per accedere alle allucinazioni kraut del settetto torinese capitanato da Stefano Isaia (cantante dei Movie Star Junkies, qui clarinetto in salmodia perpetua), è, inevitabilmente, di… “Sangue”. Come se la Squadra Omega fosse stata catturata dalle spire dell’incenso indiano, e l’inestricabile flusso metallico del disarticolato free jazz venisse vomitato in crudezza wah, La Piramide Di Sangue deturpa sottili andature a spirale con poderosi bassi, break ritmici, ascensioni floreali. Non è un disco per vecchi. “Tu Getti Sale Sulle Mie Ferite” esce fuori da un guscio di rumorismo tribale, abbozzo di jam trogloditica per Nuggets del Terzo Millennio da cui emanano vapori anfetaminici, bordoni stroboscopici, reiterazioni kosmische intessute su sotterranee improvvisazioni melodiche. “Io Sono La Tigre” dilata la funkedelia su ritmiche balcaniche, con i contrappunti parlanti di Isaia a scansionare le tempistiche di un kolo mai domo. “Sandalo” s’intestardisce su un’unica, accentata “head” jazzata, dalla quale esplode in mille rivoli una chitarra quasi Nineties (mai credere fino in fondo ai propri sensi), contrapponendosi alla mutevolezza cangiante dell’acido klezmer solipsistico di “In Bici Sulla Strada Della Perdizione” e ai Die Anarchistische Abendunterhaltung zen – ma con spine puntute in superficie – della mini suite “Complotti A Tebe”.

L’Italia ha ancora bisogno, disperato, di gruppi come questo. O va davvero a finire che alla psichedelia, ed all’ammanto esoterico delle sue profanazioni materiali, ci si possa ciecamente credere, quasi fosse opera dei Maya.

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Voto degli utenti: 8/10 in media su 1 voto.
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Ivor the engine driver (ha votato 8 questo disco) alle 10:13 del 24 dicembre 2012 ha scritto:

disco psichedelico dell'anno pour moi Marco, quando ho tempo pubblico la mia rece dove sai tu