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R Recensione

7/10

The Electric Family

Terra Circus

The Electric Family non è un gruppo, è una tribù di musicisti provenienti da più di tre decadi di musica cosmica tedesca, da Amon Dùùl ad Embryo, Thirsty Moon e Grobshnitt. Come nella migliore musica psichedelica, loro creano immagini e visioni  nelle quali puoi davvero perderti”. Così il giornalista di Rolling Stone David Fricke, quindici anni fa, presentava nelle note di copertina il terzo lavoro del gruppo capitanato da Tom The Perc” Redecker, “Ice cream Phoenix”, titolo ispirato ad un verso di “Crown of creation” dei Jefferson Airplane ed una visionaria versione di “Careful with that axe Eugene” in scaletta. Ecco, le coordinate sono tutte dichiarate per presentare il nuovo cd della “tribù”, “Terra Circus”, il lavoro probabilmente più vicino allo spirito del vero kraut rock che potrete ascoltare fra quanto pubblicato nel 2017. Allestita dopo quasi tre lustri una nuova versione della “famiglia elettrica” con i tre membri originari Harry Payuta (voce, basso e sitar)  Rolf Kirschbaum (chitarra)  e Hanno Jansen (batteria) , con l’inserimento del tastierista Anders Becker e del percussionista Steff Ulrich, il leader Tom Redecker nell’estate del 2016 era pronto ad intraprendere un tour di supporto alle leggende del kraut Agitation Free. Sfumata l’occasione, la band ha deciso di trasferire in studio l’energia e la voglia di tornare a suonare assieme, registrando in due giorni, senza overdubs e nel modo più spontaneo e live, le sette tracce che compongono il lavoro. 

Energia subito palpabile nelle ipnotiche spire dell’iniziale “Movin”, batteria metrononica e chitarre e sintetizzatori a costruire sette minuti di autentica tensione sonora, mantenuta nella seguente “Lucretia my reflection”, una rendition dei Sisters of Mercy a colpi di affilatissimo sitar e con un travolgente finale elettrico, affidata al vocione baritonale di “The Perc”. Una breve pausa con il divertissment “When dizziness comes around”, rock’n roll futurista alla  Alan Vega dal drive irresistibile dettato dalle chitarre e dai synths analogici, e subito ci si rituffa nella storia del rock tedesco con il classico dei CanMary Mary so contrary”, (da “Monster movie”)  ballata acustica che la voce e le chitarre di Kirschbaum caricano di un pathos amplificato nella parte finale dall’organo a canne. Le 12 corde di “Landmark vision” evocano inizialmente i Byrds e le loro visioni di musica country cosmica, ma il clima si carica subito delle note psichedeliche dell’organo ed una acidissima elettrica conduce il pezzo verso l’epilogo popolato da percussioni etniche. Il finale non poteva che essere affidato ad una sorta di jam session ed infatti, dopo l’interludio virtuosistico per  sitar di “Santuario”, ecco “The dreamboat”, composizione in tre parti costruita sulla ritmica inesorabilmente motorik e sul fluire denso delle tastiere, che diventa autentico showcase per tutti i musicisti presenti in studio.

Immediato e naif, diretto e senza fronzoli, “Terra Circus” è un atto di devozione ed amore per il vero rock, da preservare con cura quale solido antidoto agli attuali tempi liquidi.

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