R Recensione

6,5/10

The Perc meets The Hidden Gentleman

The Fruits Of Sin And Labor

A vederli in copertina, le lunghe chiome avvolte in un bozzolo gigante di ragnatela, si pensa subito a qualche oscura band dell’era Nuggets, e ci si prepara a farsi martoriare da chitarre sferraglianti e distorte e riffs proto punk. Invece i germanici The Perc meets The Hidden Gentleman (ovvero Tom Redecker ed Emilio Winschetti) in questo “The Fruit Of Sin And Labor”, edito nel 1990 dall’etichetta indipendente di Amburgo Strange Way Records e ristampato ora per la prima volta in cd da Sireena, secondo di sette album in discografia dal 1989 al 2002, si presentano campioni di eclettismo, capaci di spiazzare l’ascoltatore con balzi imprevedibili nell’arco di quaranta minuti di musica. Tutto molto immediato ed essenziale, con pochi strumenti e l’ausilio di una drum machine, la voce baritonale di The Perc, ma alla fine il risultato possiede una sorta di fascino magnetico che cattura.

Scorrere la scaletta del disco è come imbarcarsi in una corsa in ottovolante fra i generi musicali che alimentano la cultura dei due componenti. “Bronx Vanilla” è una ballatona psichedelica condotta principalmente in clima acustico che piacerebbe oggi consegnare a Mark Lanegan ma, subito dopo, qualche ragnatela di synth introduce “Feed Your Heart To Beat”, inaspettato funk danzereccio con tanto di cori e cassa dritta, che mette insieme Prince ed i Tom Tom Club. A seguire, “The Comics Suite”, racconto di un pomeriggio divertente durante il quale Pete incontra Margo e scopre… molte cose: parte come canzone intimista condotta al pianoforte dal vocione di The Perc, per poi trasformarsi in una ritmica cavalcata affollata da organi psichedelici. Infine “The Widow On Strings”, archi iterativi alla Michael Nyman in apertura, ad incorniciare un refrain ironicamente hard. Fin qui per la parte in studio, perché il “secondo lato” del disco contiene altre sei tracce live che confermano la propensione del duo per un’estetica senza barriere. La ripresa di “Bronx Vanilla” è in chiave Neil Young elettrico, con assoli e distorsioni diffusi a larghe mani, “Respect And Devotion” dominata da un synth floydiano e la successiva “Nightride”, acida e carica di echi alla Wall Of Voodoo, rappresentano il versante wave elettronico e sono le tracce più convincenti del disco, “Rock The Widow”è una lunga jam psycho rock che riprende e colloca al posto giusto la melodia dedicata alla vedova già comparsa poche tracce prima.

Ci sono anche un paio di pezzi che, fuori dal contesto dell’esibizione live, mantengono scarso significato, come la declamazione di “Hungry” o la furia finale di “I Want Your Scalp”, poco più di frammenti a testimoniare un esibizione del settembre 1989 a Bielefeld. Impossibile, alla fine, inquadrarli in una casella di genere, ma “The Fruit Of Sin And Labor”, con la sue stramberie e la sua naiveté, fa nascere una curiosità retroattiva verso i successivi lavori della band, per scoprire quante altre ne avranno inventate. Buona ricerca.

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