Devo
Something For Everybody
Saltiamo a piè pari le presentazioni. Anzi, ancora meglio: dimentichiamoci di chi sono i Devo, e di quanto il loro contributo sia stato fondamentale nella storia della musica. E' passata troppa acqua sotto i ponti, ed è chiaro che adesso dobbiamo fare i conti con una realtà assolutamente diversa.
20 anni. Questo il tempo che separa Something For Everybody dal loro ultimo album di inediti (Smooth Noodle Maps, del 1990). E quest'ultimo non si può nemmeno definire un "album in studio" in senso stretto: si tratta di una compilation dei migliori brani composti in questo periodo di silenzio, scelti direttamente dai fan. Un'operazione che di certo desta forte sospetto in chiunque abbia un minimo di buonsenso. Quanta qualità può esserci in una iniziativa di questo tipo? Quanta ispirazione può essere rimasta nei Devo nell'anno 2010? Diffidenze lecite, ma mai chiudere le porte senza toccare con mano.
Rispondendo alle domande di cui sopra: qualità, poca cosa in confronto a ciò che conosciamo di loro; ispirazione, in quantitativi molto modesti. Sparita anche quell'irriverenza folle che rendeva unici i Devo (oggi cantano Don't Shoot, I'm A Man, nel '78 dicevano di non esserlo). Cosa rimane allora? Fondamentalmente, una sola cosa: Something For Everybody è ancora in grado di liberare una discreta energia, unico elemento che riesce a restare a galla in un mare di complessi di inferiorità nei confronti del passato.
Il contesto di base in cui si esprime quest'energia è la stessa new wave di quegli anni, ma oggi si osserva un chiaro tentativo di muoversi verso la dance: non è solo una presenza diffusa di synth cadenzati a dirlo, ma l'intero album che sposa la formula di brani brevi costruiti su ritmi studiati con precisione chirurgica. Gli ingredienti sono dosati con gran cura: alcune infiltrazioni elettroniche qua e là, a volte in maniera spregiudicata (What We Do è una hit dance-pop davvero sfacciata), presenza martellante di chitarre elettriche in classica tenuta punk-funk. Tutto troppo pulito, senza alcuna sbavatura. Quello che manca è l'anima, e la tracklist risulta piuttosto piatta, con nessun brano che spicca sugli altri. Quando si sforzano di rispolverare sè stessi vengono fuori brani come Fresh, e il fan è soddisfatto.
Nel complesso, l'impressione di un'operazione commerciale molto furba è confermata. Nonostante questo, il materiale riesce a non sfigurare in maniera eccessiva se rapportato al livello medio dei giorni nostri. E' questa la brutta notizia: basta un po' di mestiere perchè il pubblico sia accontentato.
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