Depeche Mode
Music For The Masses
La sfavillante carriera dei Depeche Mode può essere idealmente suddivisa in tre fasi. La prima è quella del synth-pop, di una band giovane e brillante che sa conquistare facilmente il pubblico a suon di hit da cantare e ballare. Diciamo che sono i loro veri anni '80, dominati da singoli di successo globale: dal primissimo Dreaming Of Me, passando per veri e propri inni come Just Can't Get Enough e Everything Counts, fino a Master And Servant, forse l'ultimo loro successo strettamente ricondicibile al pop elettronico di quel decennio. L'ultima fase, invece, è quella in cui i Depeche sposano un'immagine più rock, tendenza che si riflette anche in un nuovo modo di far musica. Potremmo far coincidere l'avvento di quest'era con quel viscerale "reach out and touch faith" che vede la luce quando gli '80 volgono al termine, e poi farla proseguire tra alti e bassi fino ai giorni nostri, fino a brani come John The Revelator e Wrong.
Non vogliamo qui aprire la contesa su quale sia il volto migliore dei Depeche Mode. Anche perchè la tesi che si vuole quivi esporre intende posizionare l'apice artistico della band proprio nella fase centrale, in un breve arco temporale che darà la nascita ai loro due dischi più importanti: Black Celebration (1986) e Music For The Masses (1987). Sono i loro lavori più impegnati e originali, pezzi unici di una collezione pregiata, in cui lo stile diventa tanto personale da non essere riconducibile ad alcuna corrente o moda. Rappresentano il lato meno omologato e più sfuggente della discografia, nonchè i risultati più alti in termini di creatività e inventiva.
E qui sarà impossibile impedire che si accendano i dibattiti e si scaldino gli animi, visto che si ha la coraggiosa intenzione di conferire la simbolica palma di "miglior album dei Depeche Mode" proprio a Music For The Masses. Fermo restando la pacifica inutilità critica di classifiche e top ten in campo artistico, questi gesti rimangono comunque gustosi e stimolanti, e chi tra voi non ci si è mai cimentato dia inizio alla lapidazione.
Evitando per motivi di spazio di esporre i punti a favore degli altri album contendenti l'ambito primato, ci si concentrerà qui sulle argomentazioni a favore del disco in questione. Music For The Masses può essere considerato l'album più peculiare dei Depeche Mode, quello che più degli altri esalta l'unicità artistica di questo gruppo. In un incastro armonico di svariate componenti, il loro sesto album in studio attenua la spiccata tendenza dark del suo predecessore, mentre sono percepibili le prime espressioni di quelle sonorità rock che si affermeranno nel successivo Violator (1990). Ma è anche l'album in cui esplode il carattere epico della loro musica: quella sacralità devota che ha sempre permeato testi e atmosfere, sia prima che dopo, diventa qui l'esplicito tema conduttore del disco. D'altronde, in quale altro album (e non stiamo limitando la questione ai soli DM) è possibile ascoltare brani come Little 15, struggente e intensa ode religiosa verso la purezza dell'Amore, o Sacred, la capostipite assoluta delle loro "canzoni di fede e devozione"?
Ma a conti fatti, cosa fa di un album un capolavoro se non le canzoni? E qui di pezzi storici ce ne sono tanti, a cominciare dalla Never Let Me Down Again posta in apertura, non solo uno dei loro brani più amati (chiunque abbia assistito a un loro concerto non potrà che confermare), ma (azzardiamo?) una delle canzoni più belle dell'elettronica pop, nel decennio del suo massimo splendore. Per di più accompagnata dall'affascinante videoclip in bianco e nero diretto da Anton Corbijn, che coi Depeche stringe un forte sodalizio artistico lungo oltre 20 anni. E per fortuna stavolta le belle notizie non rimangono isolate, perchè se su dieci tracce sono stati estratti quattro grandi singoli un motivo ci sarà: la conquista delle masse passerà per altri due brani scolpiti negli annali, Strangelove e Behind The Wheel, riuscitissime architetture melodiche distese su ritmi trascinanti, con un'efficacia complessiva mai raggiunta fino a quel momento. Mai: da People Are People a Question Of Time, da Photographic a Stripped, nessun altro singolo finora pubblicato raggiunge la perfetta combinazione di ogni elemento come le tre hit sopra citate, almeno a parere di chi vi sta parlando.
E poi, ci sono i tesori nascosti, riservati solo a quelli (moltissimi) che decideranno di acquistare l'album. To Have And To Hold ad esempio, una imponente marcia metropolitana che dai vicoli più oscuri chiede redenzione dal peccato, "mentre da qualche parte a qualcuno importa solo avere e possedere". O quei brani che diventano amori personali, privati, come I Want You Now, dichiarazione di passione senza tempo, scandita dai sospiri ansimanti di corpi che sanno cosa vogliono. Persino un pezzo come Pimpf, che sembra quasi buttato lì per caso, acquista un fascino unico, chiudendo il disco con toni che sanno di immortalità.
Per molti il meglio verrà dopo. Per molti altri è già passato. Se ne è discusso all'infinito, e si continuerà a farlo. Music For The Masses è però una di quelle gemme dal taglio irripetibile, che riescono solo una volta. Inimitabile, proprio nel senso che nessuno mai ne avvicinerà lo stile, e imprescindibile, perchè assolutamente necessario per toccare con mano cosa ha reso i Depeche Mode uno dei monumenti più importanti degli ultimi trent'anni in musica. Quei megafoni hanno dominato l'etere per lunghissimo tempo, e se ne può ancora sentire l'eco.
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